La normativa sul 110% è la dimostrazione più eloquente di quanto il potere politico e legislativo sia scollegato dalla realtà di tutti i giorni. L’idea era quella di dare uno stimolo a un settore da tempo in sofferenza, quello dell’edilizia, con una misura che nel contempo migliorasse l’impatto estetico e quello energetico del parco immobiliare. Senza dimenticare un contributo alla lotta all’evasione. Sembrerebbe un’idea geniale, in effetti. Ma la sua messa a terra sta rivelando risvolti un po’ meno idilliaci.
Il settore dell’edilizia e quelli connessi (progettazione, banche, assicurazioni) ha sicuramente ricevuto una scossa positiva, ma finora solo a livello ideale. I lavori coperti dal Superbonus già cantierati sono infatti poche centinaia a causa delle incredibili complessità burocratiche e interpretative, che hanno finito per scoraggiare molti proprietari. Anche i tempi di risposta delle amministrazioni pubbliche, spesso dilatati a causa del Covid, ma qualche volta a causa del disordine (o addirittura della mancanza) degli archivi immobiliari, hanno fatto la loro parte. In compenso stanno aumentando fino al 30/40% i prezzi medi delle forniture legate all’edilizia.
È la legge della domanda e dell’offerta che, quando viene alterata con un intervento legislativo di questa portata, non manca di produrre i suoi effetti, anche se indesiderati. Ma c’è di più: perché un imprenditore edile dovrebbe applicare i prezzi medi applicati fino a ieri quando i prezzi massimi consentiti per beneficiare del credito d’imposta sono più alti? Tanto vale portarsi avanti, anche perché, è il ragionamento che avranno fatto in molti, è impossibile essere sicuri di non avere contestazioni e quindi essere assoggettati a sanzioni ex post. Oltretutto i professionisti e le imprese veramente attrezzati per gestire operazioni così complesse sono pochi e quindi molto ricercati e quindi possono spuntare i prezzi che vogliono. Tanto, alla fine, non è nemmeno il proprietario a pagare, ma sarà soprattutto il gettito tributario a risentirne. In altri termini, paga Pantalone.
Chissà se chi ha progettato l’operazione Superbonus si è reso conto dei meccanismi che andava a innescare. Probabilmente no, visto anche l’arco temporale ridotto all’interno della quale l’operazione è stata circoscritta. Con tempi molto più dilatati, infatti, anche questi problemi si sarebbero automaticamente diluiti.
È vero che la legge di Bilancio 2021 ha previsto una proroga di sei mesi (al 30 giugno 2022) con possibilità di arrivare al 31 dicembre 2022 se il 60% dei lavori verrà completato al 30 giugno 2022. Ma la misura deve comunque essere confermata da parte della Commissione europea (e cosa succede se non lo sarà?).
All’interno delle schede tecniche del Pnrr che girano da qualche giorno è inserita una proroga al 2023, ma quasi tutte le associazioni chiedono che si vada anche al 2024 o 2025 per dare un orizzonte temporale adeguato a imprese e condomini. Non concedere una congrua proroga significa, di fatto, ripudiare tutta l’operazione e rendere inutile l’enorme lavoro di preparazione fatto finora. Vedremo.
Marino Longoni
© Riproduzione riservata
Source: italiaoggi.it
Link all’articolo Originale tutti i diritti appartengono alla fonte.