Il premier Mario Draghi porterà oggi in Consiglio dei ministri il suo Piano nazionale di ripresa e resilienza, illustrato dal ministro dell’Economia Daniele Franco. L’appuntamento era fissato per le 10, ma poi è slittato e non c’è ancora un nuovo orario di convocazione. Secondo quanto riferito da fonti qualificate del Governo, e così come confermato da Bruxelles, lo slittamento del Cdm è dovuto a un «complesso lavoro di definizione del testo», che si svolge in una «interlocuzione continua a livello tecnico» con gli uffici della Commissione Europea.
Il nodo del Superbonus al 110%
A dividere la maggioranza è soprattutto la mancata proroga al 2023 del Superbonus al 110% per le ristrutturazioni edilizie. Nella bozza del piano, infatti, la proroga non c’è, ma per il M5s è «indispensabile». I pentastellati chiedono al premier di dare «segnali inequivocabili» su questo fronte già lunedì prossimo, quando il piano verrà ufficialmente presentato in parlamento. Lo stesso Giuseppe Conte ha scritto su Facebook che la proroga dell’incentivo è «essenziale».
Preme anche Forza Italia: la ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, ha sentito il ministro Franco, il quale avrebbe garantito che le risorse per prorogare la misura verranno indicate nella prossima legge di bilancio. Un compromesso che potrebbe sbloccare l’impasse e su cui la delegazione di governo del M5s, composta dai ministri Stefano Patuanelli, Luigi Di Maio, Federico D’Incà e Fabiana Dadone «chiederà garanzie nero su bianco». In parallelo il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, ha dichiarato che «il piano del Governo migliora quello di Conte che ci ha fatto fare una figuraccia a Bruxelles. Grazie a noi è migliorato». «Aspettiamo il testo definitivo – ha proseguito – ma credo ci siano correttivi da apportare sulla politica industriale e la rigenerazione urbana».
Pd in pressing su Superbonus e occupazione donne e giovani
Il Partito Democratico, oltre al pressing per la proroga sul Superbonus, punta anche all’introduzione nel piano di una serie di condizioni per l’occupazione di donne e giovani, per vincolare l’erogazione dei fondi al raggiungimento di determinati target. Tutte le forze politiche si dicono invece soddisfatte per le risorse destinate ai Comuni (circa 40 miliardi), i 4,5 miliardi per gli asili e gli aiuti alle famiglie, i fondi per l’ammodernamento dei treni e per l’innovazione tecnologica.
Regia politica a Palazzo Chigi
Il piano si compone di oltre 300 pagine e punta a cogliere l’opportunità «imperdibile» di innescare una crescita economica «duratura e sostenibile» con i 191,5 miliardi di euro del Next Generation EU. Gli obiettivi sono ambiziosi, con una spinta stimata alla crescita del Pil del 3,6% nel 2026. E il premier Draghi ha deciso di tenere la regia politica a Palazzo Chigi, tramite un comitato ristretto che dovrebbe coinvolgere i ministri competenti. Coordinamento e attuazione saranno invece delegati al ministero dell’Economia, anche ricorrendo a task force locali.
La bozza del Recovery Plan
Lo scontro su pensioni e Superbonus
Ma l’ultimo miglio che Draghi deve percorrere prima dell’invio del piano a Bruxelles (la scadenza è il 30 aprile) è forse il più difficile. Perché i partiti hanno le armi affilate e la bozza ha provocato nuove fibrillazioni nella maggioranza. Oltre alla composizione della cabina di regia, come detto sopra la criticità principale riguarda la mancata proroga al 2023 del Superbonus al 110% per le ristrutturazioni, cara al M5s e a Forza Italia, ma chiesta anche da Confindustria. Il M5s ha addirittura fatto trapelare che potrebbe non votare il piano in parlamento qualora il Superbonus non venisse prorogato, definendo la misura «indispensabile e imprescindibile» per la transizione ecologica. Poi c’è la fine di Quota 100: la decisione non piace alla Lega, ma il partito di Matteo Salvini non sembra intenzionato a fare le barricate. Per ora, nella bozza del piano si legge: «La fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti». Infine, un altro nodo complicato da sciogliere è rappresentato dalla nascita della rete unica a banda larga per le telecomunicazioni.
La ripartizione delle risorse
Il piano dispone che il 40% delle risorse venga impiegato al Sud, il 38% in progetti “verdi” e il 25% in progetti digitali. Comprende sei missioni e quattro riforme strutturali: pubblica amministrazione, giustizia, libera concorrenza e semplificazioni, soprattutto per quanto riguarda gli appalti. Dopo l’invio del piano in Europa, il governo si appresta a varare una serie di decreti legge. Il primo servirà a rendere più rapido l’iter burocratico di autorizzazione dei singoli progetti, il secondo per le assunzioni nella pubblica amministrazione e il terzo per definire la governance del piano, ancora in alto mare. Chi ci sarà infatti nel comitato ristretto voluto da Draghi? Solo i ministri (per lo più tecnici) responsabili delle sei missioni? Ai partiti potrebbe non bastare e c’è chi vorrebbe coinvolgere anche i capi delegazione. Per l’attuazione del piano, invece, che i cittadini potranno monitorare attraverso un apposito sito web, la parte del leone spetterà al ministero dell’Economia, che dovrà coordinare i soggetti locali e dialogare con la Commissione europea.
Resoconti periodici in parlamento
Le Camere, alle quali Draghi illustrerà il piano lunedì e martedì, saranno coinvolte con resoconti periodici. La maggior parte degli interventi è ormai delineata e difficilmente cambierà. Ci sono – tra le numerose misure – 6,7 miliardi per le energie rinnovabili, internet veloce a 8 milioni di famiglie e 9 mila scuole, 25 miliardi per la rete ferroviaria veloce, 228 mila nuovi posti negli asili. Sparisce invece, ma resta finanziato e dunque per ora in vigore, il Cashback di Stato.
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Source: open.online
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