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Tensioni tra i partiti, rinviato ancora il Cdm. Pressing su Draghi per il Superbonus – La Nuova Venezia

Alla fine è l’intervento di ‘Super Mario’ in prima persona, con una telefonata alla presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen a sciogliere l’impasse sul Pnrr, dopo ore di trattative tra Roma e Bruxelles. Per palazzo Chigi è stata una giornata convulsa, con il Cdm – inizialmente previsto per ieri – convocato alle 10 e mai iniziato, slittato in via ‘informale’ senza alcuna comunicazione successiva per ore fino alla convocazione per le 21.30.

Diversi i nodi sul tavolo, e di diversa natura. Da un lato, l’interlocuzione con l’Ue, avviata già ieri, con i segni a matita rossa sui capitoli riguardanti le riforme su fisco, concorrenza, giustizia. Dall’altro la discussione politica italiana, con il malumore delle forze di maggioranza su fisco, liberalizzazioni e soprattutto superbonus. E’ sulla agevolazione fiscale al 110% per gli interventi di riqualificazione energetica o sismica che emerge il malcontento della maggioranza, già piccata per aver appreso venerdì dai media dei contenuti del piano prima di ricevere la bozza. Il nodo è il mancato stanziamento di risorse per la proroga al 2023, presente nel testo ma senza un capitolo di spesa ad hoc.

Il M5s incalza, il Pd pure, mentre la ministra FI Maria Stella Gelmini telefonata al collega al Mef Daniele Franco per avere spiegazioni: per il superbonus fino al 2022 sono stanziati 18 milioni e ne servirebbero altri dieci per l’anno successivo. Viene trovato un compromesso, ci sarà un impegno in tal senso del premier nel suo intervento in Parlamento, si assicura, mentre le coperture verranno verificate nel corso dell’anno, viene spiegato, e trovate più avanti nel corso dell’anno, probabilmente con la prossima legge di bilancio.

Non mollano i ministri pentastellati: “Chiederemo garanzie nero su bianco affinché nei prossimi provvedimenti economici venga prorogato al 2023”. Risolto il nodo, con il Cdm che però ancora non si riunisce, emerge con chiarezza che c’è un altro problema ed è altrove, precisamente a Bruxelles. Nel mirino ci sono alcune parti relative alle riforme illustrate nel piano italiano su fisco, concorrenza, giustizia, ritenute “inadeguate”. Il carteggio tra gli uffici è fitto, tra il Mef, Chigi e gli altri tecnici competenti si modificano schede e tabelle. L’Europa chiede maggiore chiarezza sui modi, sulle azioni e soprattutto sui tempi: vale per il fisco dove si chiede di dettagliare l’entrata in vigore della riforma Irpef e in cosa consisterà la riforma delle aliquote, vale per la giustizia dove si chiede un cronoprogramma con la percentuale di abbattimento dei tempi dei processi, vale per la concorrenza dove si chiede di specificare nel dettaglio gli interventi di semplificazione.

Alla fine è l’intervento in prima persona di Mario Draghi, con la telefonata alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a risolvere la discussione. Il premier, viene spiegato, ha fornito in prima persona rassicurazioni sull’impegno del paese a dare puntuale attuazione agli obiettivi del Piano in particolare per quanto riguarda le riforme strutturali, uno dei maggiori crucci dell’Europa che teme le lungaggini italiane. Nel frattempo, l’opposizione tuona: Draghi è atteso lunedì alle 16 alla Camera e il pomeriggio seguente al Senato per informare il Parlamento sul piano italiano. “Mancano meno di 48 ore dalle sedute parlamentari e il Recovery Plan non è stato ancora nemmeno pubblicato – dice la leader FdI Giorgia Meloni – In Italia, ormai, la democrazia è sospesa anche grazie all’ampia maggioranza che sostiene il Governo, che su un tema così importante ha deciso di rinunciare ad esercitare il suo ruolo. Fratelli d’Italia chiede ufficialmente il rinvio del dibattito parlamentare ai Presidenti delle Camere: tutto ciò è letteralmente inaudito e mi auguro che gli altri partiti facciano sentire la loro voce. Anche l’indecenza ha un limite”.

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