Nuovo rinvio di un mese per le cartelle esattoriali, pagamenti Irap per chi ha avuto un esonero che non spettava lo scorso anno che slittano a settembre. E un nuovo pacchetto di aiuti che tra fondo perduto e costi fissi potrà contare su circa 38 dei 40 miliardi di scostamento approvati dal Parlamento la scorsa settimana. Archiviata la proposta di Recovery Plan da inviare in Europa, il governo torna a concentrarsi sui danni all’economia dell’emergenza Covid e conta di chiudere entro la prossima settimana il nuovo decreto per le imprese. Nonostante le riaperture, infatti, le difficoltà della crisi non sono ancora superate: per prima cosa si eviterà di fare arrivare già da lunedì milioni di cartelle ai contribuenti rimaste ferme dall’inizio della pandemia per un altro mese, fino alla fine di maggio, per poi riprendere le attività della Riscossione in modo graduale, evitando di pesare su chi ancora stenta a ripartire.
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Il compromesso
L’intesa raggiunta dai partiti al Mef – che attende solo il via libera definitivo di Palazzo Chigi – prolungherebbe la sospensione delle nuove cartelle, ma anche delle azioni esecutive e dei pignoramenti, fino al 31 maggio. La Lega avrebbe spinto fino all’ultimo per fare di più: «ci sono 30 milioni di cartelle esattoriali che rischiano di partire da domani, sarebbe un massacro», dice Salvini. Ma il compromesso raggiunto in maggioranza prevedrebbe che dal prossimo mese si proceda con gli invii in modo diluito e con particolare attenzione alle attività che hanno avuto perdite consistenti (si ipotizza sopra il 30% soglia per ottenere anche gli indennizzi). L’intenzione sarebbe quella di introdurre la norma – che il Mef potrebbe anticipare, come già accaduto, via comunicato stampa – con il prossimo decreto legge ma se non si dovesse riuscire a chiudere l’intero pacchetto non è escluso che si possa passare da un provvedimento ad hoc.
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Ristori, il meccanismo
In materia fiscale, peraltro, via XX settembre ha già assicurato che arriverà un’altra proroga, quella per saldare l’Irap non versata «per effetto dell’errata applicazione delle previsioni di esonero» del decreto Rilancio (una misura che interesserà chi ha superato i limiti per gli aiuti di Stato previsti dal Temporary Framework Ue, in genere imprese medio-grandi). Va ancora limato, invece, il nuovo meccanismo per i ristori che dovrebbe prevedere un doppio binario: calcolo delle perdite – e quindi dei contributi – basato sul fatturato, come accaduto finora, e indennizzi che arriveranno in automatico e in tempi rapidissimi. Oppure prendendo in considerazione anche i costi fissi come emergono dai dati di bilancio, procedura che darebbe una fotografia più fedele dell’effettivo calo degli utili ma che richiederebbe di ripartire daccapo con un nuovo procedimento di calcolo, e una nuova domanda, che inevitabilmente avrebbe tempi più lunghi.
Sul tavolo 22 miliardi
La scelta, però, potrebbe spettare all’impresa. Sul tavolo ci saranno 22 miliardi (i fondi necessari a coprire due mesi di chiusure anti-Covid). Il resto delle risorse andranno a coprire una serie di altre misure per le imprese – dalla proroga dei sostegni alla liquidità al credito di imposta sugli affitti, ai fondi per l’esonero della Tari durante i mesi di chiusura – e per nuovi aiuti alle famiglie – da due o tre nuove mensilità di Reddito di emergenza a garanzie e incentivi sui mutui per l’acquisto della prima casa per gli under 35. In tutto sul piatto ci saranno circa 38 miliardi visto che il Fondo extra Recovery assorbe nel 2021 circa 1,7 miliardi, come emerge dalle bozze del decreto che distribuisce i finanziamenti approvato dal Consiglio dei ministri insieme alla versione finale del Recovery. Tra le voci del Fondone anche il Superbonus: con il decreto non solo si completano le coperture (4,7 miliardi che sommati ai fondi del Recovery portano la cifra a 18.51 miliardi), ma si fanno delle prime modifiche per condomini e case popolari, in attesa della proroga generalizzata al 2023. In particolari i condomini potranno beneficiare della detrazione al 110% per le spese sostenute in tutto il 2022 senza bisogno di essere arrivati già al 60% dei lavori a giugno (mentre per le case popolari c’è la proroga a tutto il 2023, legata all’avanzamento dei lavori).
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Source: ilmessaggero.it
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