Intervista all’architetto Bruna Gozzi, presidente ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Cremona e provincia.
In città vediamo tanti cantieri in corso. Cominciano a vedersi gli effetti dell’introduzione del Superbonus?
In parte sì, ma ricordiamo che la detrazione fiscale del 110% introdotta col Super bonus non è l’unico bonus in edilizia, ce ne sono altri come per esempio il bonus facciate e il Sisma bonus.
L’agevolazione del 110% ha dato sicuramente una spinta all’edilizia, ha sollecitato il desiderio di molti di provvedere alla propria casa, un bene primario e a cui tutti teniamo e che purtroppo è anche gravato da molte tasse e costi.
D’altro canto l’applicazione di questo bonus presenta diverse difficoltà.
La legge è sempre “in itinere”, nel senso che è soggetta a continue modifiche e integrazioni e perciò si fa fatica ad avere un quadro preciso degli adempimenti necessari. C’è una complessità documentale che determina difficoltà sia per il tecnico che per il committente e che scoraggia molti professionisti dal farsene carico. Le responsabilità sono tantissime: accedendo a un bonus fiscale si va a decurtare l’Irpef, con tutto quanto ne può conseguire nel caso qualcosa non fosse stato correttamente certificato, prima ancora che eseguito. Il primo a pagare in questo caso è il committente, seguito a ruota dai professionisti. Di qui l’aumento del rischio e la massima cautela di molti di noi che, vista la complessità, preferiscono non occuparsene. Tra l’altro si pongono anche questioni quali la remunerazione di pratiche del tutto nuove, come alcune asseverazioni che non c’erano prima.
In breve, il Superbonus 110% è una opportunità, ma con molti margini di incertezze.
Non a caso servono raggruppamenti di figure specializzate per eseguire tutte le pratiche.
Sì, e trovo che sia un bene che professionisti con differenti competenze interagiscano tra loro. L’architetto, il tributarista, il termotecnico solo per citarne alcuni, sono figure necessarie per istruire la pratica.
A quali tipologie di edifici si adatta meglio l’Ecobonus?
Sicuramente in prima battuta ai condomini, che sono la parte preponderante di un’edilizia di una certa epoca, dove i concetti costruttivi erano molto diversi da oggi. Si utilizzavano tecniche costruttive che all’epoca erano moderne ma forse non tenevano conto di problemi che oggi appaiono primari, come l’efficienza energetica dell’edificio.
Ma l’Ecobonus sta prendendo piede, pur se in misura limtata direi, anche per le piccole proprietà con poche unità immobiliari. Gli immobili più interessati appartengono più o meno della stessa epoca, parliamo degli anni Sessanta – Settanta in particolare.
Per quanto riguarda edifici più antichi, storici, che appartengono al tessuto urbano cremonese, il discorso è diverso. Abbiamo molti esempi in città di case risalenti anche al Cinque e Seicento e non necessariamente sono palazzi di grande pregio, ma comunque esempi di epoche passate. In tutti questi casi, il muro a mattoni pieni che ne costituisce la struttura ha buone caratteristiche di isolamento, anche dovute a grandi spessori, che dal mio punto di vista sconsigliano la posa in opera del cappotto. Si possono efficientare intervenendo su altri elementi come i serramenti e/o gli impianti, per esempio.
E qui si apre un altro capitolo, quello delle limitazioni negli interventi che riguardano gli edifici antichi.
La Soprintendenza fa un lavoro indispensabile. Certamente mette vincoli e paletti. Purtroppo un’edilizia smaliziata, soprattutto in passato, ha portato a molte perdite nel patrimonio cittadino. Salvaguardare un edificio significa renderlo utilizzabile: le case sono fatte per essere vissute, non per diventare pezzi da museo, devono mantenere sempre una loro funzione, e sarebbe opportuno che la Soprintendenza operasse sempre in questa direzione.
Grovare unequilibrio tra conservazione e funzionalità non è sempre semplice, è necessario che conciliare le esigenze di chi possiede l’edificio e l’interesse pubblico a conservarne l’impronta storica.
Come Ordine professionale che linea avete intrapreso con la Soprintendenza?
Intanto abbiamo creato una serie di relazioni tra l’Ordine e le altre istituzioni pubbliche, un lavoro che verrà continuato, e tra queste c’è la Soprintendenza.
Abbiamo instaurato un buon rapporto, finanziando anche delle borse di studio per giovani architetti che hanno accesso ad uno stage presso la Soprintendenza, avviando qualcosa che non c’era, ma sicuramente si può fare di più: il dialogo aiuta sempre per risolvere le problematiche che insorgono.
Trovo che bisognerebbe migliorare il dialogo coi funzionari e prestare particolare attenzione a chi gestisce edifici con caratteristiche storiche. Per mantenere edifici antichi occorrono opere, e relativi costi, sicuramente impegnative che dovrebbero essere accompagnate da sconti fiscali (lo sconto sull’Imu c’è ma è poca cosa) che sicuramente aiuterebbero i proprietari a svolgere i lavori nel miglior modo possibile.
Cosa ci dice dei vincoli posti dalla Soprintendenza a cantiere avviato, in particolare su alcune facciate Liberty?
Diciamo subito che il cappotto su una facciata Liberty non è adatto. Non solo per la perdita delle decorazioni, ma proprio per la funzione che il cappotto dovrebbe avere. Per essere efficace deve avere una continuità su tutte le facciate, se ci sono interruzioni, per esempio, dovute alle caratteristiche estetiche, perde il suo scopo.
Quanto all’introduzione di vincoli, va detto che il vincolo scatta nel momento in cui qualcuno lo richiede e può essere la Soprintendenza stessa a farlo. A Cremona abbiamo un patrimonio importante e solo pochi funzionari che se ne occupano, e i tempi per esperire una pratica spesso sono lunghi.
Il vincolo non è un male in sè, il problema sono i tempi che poi si allungano nella richiesta di permessi, bisognerebbe trovare una soluzione. Ma d’altra parte la Soprintendenza è sottodimensionata e questo non va bene né per quanto riguarda le tutele né la funzionalità”.
Giuliana Biagi
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