Uno dei punti di forza che ha “lanciato” il superbonus
110% nell’olimpo delle detrazioni fiscali
più richieste, oltre all’aliquota particolarmente conveniente, è
rappresentato dalle possibilità di fruizione alternativa del
beneficio: lo sconto in fattura e la cessione del credito.
Superbonus 110%: cosa prevede l’art. 121 del Decreto
Rilancio
L’art. 121 del Decreto Rilancio prevede,
infatti, che i beneficiari del bonus 110% possono optare, in luogo
dell’utilizzo diretto della detrazione spettante,
alternativamente:
- per un contributo, sotto forma di sconto in
fattura, fino a un importo massimo pari al corrispettivo
stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli
interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito
d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà
di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli
istituti di credito e gli altri intermediari finanziari; - per la cessione del credito d’imposta di pari
ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti,
compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari
finanziari.
Opzioni che hanno reso molto appetibili queste detrazioni
fiscali, sia per i contribuenti che per gli acquirenti del
credito.
Superbonus 110% e cessione del credito: nuovo intervento
dell’Agenzia delle Entrate
Sul queste opzioni alternative è arrivato un nuovo intervento da
parte dell’Agenzia delle Entrate che con risposta n.
369 del 24 maggio 2021 ha chiarito alcuni importanti
concetti sugli adempimenti fiscali e le eventuali formalità
necessarie (ossia il trattamento IVA e l’eventuale applicazione di
imposta di registro).
Intanto, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che le modalità
attuative per l’esercizio delle opzioni, da effettuarsi in via
telematica, sono state definite con i provvedimenti 8 agosto 2020,
prot. n. 283847, 12 ottobre 2020, prot. n. 326047, 22 febbraio
2021, prot. n. 51374 e 30 marzo 2021, prot. n. 83933 (tutti
scaricabili tra i provvedimenti attuativi presenti nello
Speciale Superbonus
110%).
Ciò premesso, per quanto attiene il trattamento ai fini
dell’IVA, la cessione dei crediti in denaro può dar luogo ad
operazioni di natura finanziaria, rientranti nel campo di
applicazione dell’IVA tra le operazioni esenti di cui
all’articolo10, primo comma, n. 1) del DPR n. 633 del 1972 o ad
operazioni di natura non finanziaria, escluse dal campo applicativo
dell’IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a) del
predetto decreto.
In linea generale, ogniqualvolta l’operazione di cessione del
credito è con finalità di finanziamento, l’operazione rientra tra
quelle esenti da IVA ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 1,
sopra citato (cfr. risoluzione n. 139/E del 17 novembre 2004 e n.
32 dell’11 marzo 2011).
Ciò posto, ferma restando la verifica della regolamentazione
privatistica dei rapporti tra le parti non oggetto di esame da
parte di questa amministrazione, nel caso in esame si è del parere
che la cessione dei crediti d’imposta di cui all’art. 14 del DL
63/2013 (c.d. “Ecobonus”), all’art. 16 del DL 63/2013
(c.d.”Sismabonus”), se effettuata tra le parti dietro corrispettivo
abbia finalità e natura finanziaria, rientrando, agli effetti
dell’IVA, tra le operazioni esenti, ai sensi dell’art. 10, primo
comma, n.1) del d.P.R. n. 633 del 1972.
In relazione alla cessione del credito, il cessionario ha
comunque la facoltà di fatturare, anche a richiesta della
controparte, l’operazione in esenzione ai sensi dell’art.10, primo
comma, n. 1) del DPR n. 633 del 1972, indicando nella stessa
l’ammontare del corrispettivo pattuito nell’accordo contrattuale
per la cessione. Nel caso in esame per corrispettivo deve
intendersi l’ammontare della commissione pattuita tra le parti per
la cessione del credito (intesa come compenso per l’anticipo
dell’importo del credito, o come specificato dall’istante “provento
pari alla differenza positiva da acquisto crediti”).
Da ciò deriva che, ai fini dell’imposta di registro, occorre
tener conto del principio di alternatività IVA-Registro di cui
all’articolo 40 del dPR 26 aprile 1986, n. 131 (TUR), a mente del
quale “per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di
servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si
applica in misura fissa” e di quanto previsto dall’articolo 5,
comma 2 del TUR, in base al quale “le scritture private non
autenticate sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le
disposizioni in esse contemplate sono relative a operazioni
soggette all’imposta sul valore aggiunto”.
A tal proposito, in via generale, rientrando le operazioni
esenti ex art 10, primo comma, n. 1), del DPR n. 633 del 1972, nel
campo di applicazione dell’IVA, un atto di cessione di crediti
avente natura finanziaria, risulta soggetto a registrazione in caso
d’uso se redatto per scrittura privata non autenticata, ed in
termine fisso se redatto tramite atto pubblico o scrittura privata
autenticata.
In caso di registrazione l’imposta è dovuta in misura fissa.
Tuttavia, il caso di specie, avendo ad oggetto la cessione di un
credito di imposta, è riconducibile alla disciplina recata per gli
atti per i quali non sussiste l’obbligo di chiedere la
registrazione, dall’articolo 5 della Tabella allegata al TUR,
relativa ad “atti e documenti formati per l’applicazione,
riduzione, liquidazione, riscossione, rateazione e rimborso delle
imposte e tasse da chiunque dovute” .
In definitiva, l’atto di cessione del credito di imposta
formalizzato tramite scrittura privata non è soggetto all’obbligo
di registrazione, ai sensi dell’articolo 5 della Tabella, allegata
al TUR.
Source: lavoripubblici.it
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