Frena la mobilità a noleggio e in sharing, crollano il breve termine e l’auto condivisa, resiste invece il lungo termine. E’ questo lo scenario che emerge dalla presentazione della 20esima edizione del Rapporto ANIASA, l’Associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità.
“La pandemia ha momentaneamente rallentato l’avanzata della mobilità a noleggio e in sharing nel nostro Paese. La crisi economica, l’ampio ricorso al telelavoro e il blocco dei flussi turistici hanno dimezzato i noleggi a breve termine e gli spostamenti delle auto condivise. Il noleggio a lungo termine ha retto l’urto, principalmente prolungando i contratti in essere e riducendo in modo significativo le nuove immatricolazioni – ha precisato il presidente Massimiliano Archiapatti – . La flotta dei veicoli a nolo resta salda sopra quota 1 milione e nei prossimi mesi, si stima, tornerà a crescere. I veicoli nuovi e quelli usati Euro6, ibridi o elettrici provenienti dal noleggio possono contribuire a ridurre il ‘green divide’ nel nostro Paese, accelerando la sostituzione degli 11 milioni di veicoli con oltre 15 anni di anzianità”.
In particolare, la crisi della domanda indotta dalla pandemia ha colpito duramente il noleggio veicoli. Dopo sette anni di continui record nelle immatricolazioni e nel fatturato, che lo hanno portato a rappresentare il 25% del mercato automotive, il 2020 ha segnato una brusca frenata. Si è passati dalle 520.000 immatricolazioni del 2019 (auto e veicoli commerciali) alle 355.000 dell’anno scorso, con un calo verticale del 32%. Ad essere penalizzato maggiormente il settore del breve termine che ha registrato un calo del fatturato del 52% mentre il numero di noleggi è diminuito del 60% rispetto al 2019. Gli operatori del rent-a-car stimano un ritorno ai livelli pre-pandemia solo nel 2023.
Anche il car sharing ha subito un duro contraccolpo. A causa della forte riduzione della mobilità cittadina e del ricorso al telelavoro, l’auto condivisa ha visto dimezzarsi i noleggi (da 13 a 6 milioni), con una conseguente riduzione della flotta veicoli a disposizione del 27%. Gli operatori stanno rimodulando la struttura dell’offerta, rispondendo in modo efficace alle esigenze di maggiore sicurezza avvertite dalla clientela.
Il noleggio a lungo termine, forte della parziale maggiore stabilità del proprio business basato su contratti pluriennali, non ha subito nell’immediato significativi contraccolpi sul versante dei ricavi (fatturato: +2% nel 2020), registrando una generale tendenza alle proroghe dei contratti in essere che ha provocato però una significativa riduzione di immatricolazioni del 25%.
Nel primo trimestre dell’anno in corso, l’andamento dei tre settori si è confermato in linea con il 2020: il breve termine con oltre il -60% dei noleggi (vs 2019), -67% delle immatricolazioni e una flotta ferma a 73mila veicoli; il giro d’affari del lungo termine è cresciuto rispetto al pre-pandemia, con una flotta aumentata del 7% e immatricolazioni solo in leggero calo (-1%); il car sharing ha registrato un -50% dei noleggi rispetto al 2019.
Un’ulteriore tegola si è recentemente abbattuta sul settore, in particolare sul noleggio a breve termine: la crisi dei chip auto. Un fenomeno che ha ridotto il flusso di nuove vetture inserite in flotta per l’estate.
“La pandemia ha confermato la centralità dell’auto nel sistema di mobilità e trasporti nazionale -ha poi aggiunto Archiapatti – Eppure le quattro ruote sono rimaste fuori dagli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per supportare l’attesa transizione ecologica è ora di abbandonare l’approccio ideologico alla mobilità e mettere in campo misure efficaci per accelerare concretamente il rinnovo del nostro parco circolante nazionale (38 milioni di veicoli), il secondo più anziano del Continente. Per questo abbiamo avanzato al Governo la nostra proposta di estendere l’ecobonus all’acquisto di vetture usate Euro6, ibride ed elettriche a seguito di rottamazione di veicoli Euro 0, 1, 2, 3 e 4. Una misura che produrrebbe immediati benefici sulla domanda di mobilità, grazie a veicoli accessibili a prezzi più contenuti rispetto al nuovo, sull’ambiente e, non ultimo, sulla sicurezza delle nostre strade”. Tra le cose da sanare, infine “la forte disparità di trattamento fiscale sui costi di mobilità che le aziende italiane vivono ogni giorno sulla propria pelle rispetto ai competitor europei”.
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