Riunioni di condominio a raffica, sopralluoghi, corsa al preventivo e all’approvazione dei lavori. E’ quanto hanno vissuto negli ultimi mesi gli abitanti di case e palazzi per poter sfruttare i bonus fiscali del 110% e del 90% sui lavori di riqualificazione degli immobili, il cosiddetto Bonus facciate approvato con la legge di Bilancio 2021 e prorogato al 31 dicembre di quest’anno. Ma più che una grande opportunità per gli inquilini, la legge che consente la cessione del credito d’imposta direttamente alle aziende che operano nel settore lo è per chi i lavori li esegue. Nulla di male sia chiaro, l’economia si muove e gli stabili vengono ammodernati, tuttavia si sta assistendo a episodi non proprio… edificanti.
Analizzando una decina di preventivi redatti per uno stesso immobile troviamo infatti grandi differenze di costo al metro quadro per l’esecuzione delle stesse opere, con cifre che oscillano anche del triplo. E siccome in questa pratica tutto deve essere regolare e tracciabile, chi redige i preventivi ha poco margine di manovra e sovente occulta alcuni costi all’interno delle varie voci, mostrando di essere molto competitivo su alcuni interventi rispetto alla media del mercato, ma rivelandosi poi molto più costoso in altri. Oppure pone nelle condizioni di acquisto del credito d’imposta o dello sconto in fattura un valore inferiore rispetto a quanto proposto in totale per poter coprire i costi della pratica. Un esempio: l’azienda “A” propone l’acquisizione del 90% del credito ma all’80% della cifra totale. Per il cliente, ovvero il condomino, il risparmio (o lo sconto fiscale in dieci anni) non sarà più del 90% ma del 72%, dunque dovrà comunque anticipare almeno il 28% della cifra. L’impresa “B” costa il 25% in più ma è disposta ad acquistare il 90% del totale. Al netto della bravura degli operai e dei tecnici, quale conviene al condomino? Per gli amministratori degli stabili e per i candidati direttori dei lavori lo sforzo di spiegare agli ignari clienti l’intera procedura è tutt’altro che semplice. Ovviamente in questo meccanismo tecnico-fiscale neppure le banche che assicurano il flusso di liquidità rischiano, potendo in molti casi rifarsi completamente sul proprietario dell’immobile. In futuri contenziosi che si dovessero verificare (inevitabili) su lavori contestati o non eseguiti a regola d’arte peserà lo stato di fatto e laddove non sia stato il proprietario a pagare l’impresa scegliendo la detrazione in dieci anni, c’è anche il rischio di dover ripagare due volte il costo dei lavori.
Le regole tecniche per poter fruire delle detrazioni sono chiare e prevedono tra le altre cose l’asseverazione urbanistica, ovvero che le facciate esterne oggetto degli interventi siano effettivamente come previsto nei progetti di costruzione. Fatti salvi gli interventi per la messa a norma di balconi e terrazzi, una casa di 40-60 anni d’età difficilmente potrà passare l’esame, e seppure una percentuale di scostamento sia ammessa, c’è il rischio per i proprietari di vedersi chiedere indietro il bonus dallo Stato per i successivi 8-10 anni a seguito di verifiche previste dlla legge.
“Non riesco a star dietro alle richieste” confessa Marco, geometra milanese libero professionista, “si è scatenata una corsa a far partire i cantieri un po’ ovunque, ma mentre in alcuni casi si tratta di lavori che sarebbe stato necessario eseguire da anni, in altri è evidente il tentativo di approfittare della situazione cercando di trovare la giusta combinazione di modifiche e ammodernamenti per rientrare a tutti i costi nelle facilitazioni fiscali. Nell’area milanese, per esempio, oggi trovare chi affitta i ponteggi alle imprese è quasi impossibile o ha raggiunto costi esagerati”.
Non tutti gli edifici sono idonei per applicare gli interventi che consentono di recuperare almeno le due classi energetiche previste tra le condizioni, specialmente le facciate in mattoni a vista o ricoperte di piastrelline, o ancora chi ha grandi finestre, balconi e terrazzi. Il cosiddetto cappotto termico ha senso laddove la dispersione termica è importante e la superficie da coprire continua, e dove giocoforza venga associato a infissi di nuovo tipo con notevole capacità di isolamento. Ma questo in taluni tipi di case può addirittura generare problemi successivi come la formazione di muffe all’interno degli appartamenti a causa della mancanza di traspirazione. E laddove le finestre sono arretrate rispetto la superficie esterna dello stabile, l’aumento di spessore causato dal cappotto (da 6 a 10 cm) porta anche a una diminuzione della luminosità interna, quindi alla necessità di accendere la luce in anticipo, arrivando quasi a vanificare il risparmio energetico. Quindi nel tempo ciò che non si risparmierà in riscaldamento lo si spenderà in elettricità, antimuffa e rate dei lavori. Spiega il geometra: “Si tratta di un provvedimento la cui opportunità va attentamente valutata caso per caso sotto la guida di professionisti che possano analizzare nei dettagli gli interventi possibili, ma ancor più importante stabilire quelli più opportuni e utili, frenando la fretta di proprietari, amministratori (che legalmente guadagnano sui lavori), e società che si offrono per gestire le pratiche, qualcuna anche con pratiche commerciali molto aggressive”. C’è infine il rebus delle parti degli edifici che non sono facciate principali su strada e di quelle non riconosciute per l’applicazione del bonus 90% o 110%, dove però ancora applicabile quello dell’Ecobonus 60% o del Bonus casa al 50% secondo i casi, che però hanno regole tecniche e fiscali differenti (il termine per il 60% è fissato al 30 giugno 2022). Non è raro quindi il caso che uno stesso stabile sia oggetto di più pratiche contemporanee e anche di interventi da parte di più operatori, con tutti i rischi di compatibilità e coordinamento che possono verificarsi. “Insomma una legge utile ma scritta in fretta e male e senza conoscere realmente la situazione” conclude il professionista “che doveva ricomprendere i casi in essere e che invece rischia di generare grattacapi e mal di testa a inquilini, amministratori e addetti ai lavori.” Intanto il governo Draghi pensa a come modificare il provvedimento, e già si parla di proroghe con percentuali inferiori (75%) e limiti temporali al 2023.
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