Si muove tutto col sole nel quartier generale di Rimadesio, incastonato tra le vette alpine del Monte Rosa e di altre prealpi lombarde che Davide Malberti, ceo dell’azienda e appassionato scalatore, conosce bene.
Più di cinquemila pannelli fotovoltaici catturano i suoi raggi trasformandoli in energia che accende uffici, showroom e strutture produttive su tre ettari di verde. Una passione per la natura trasformata in rispetto, responsabilità verso l’ambiente già nei primi anni Duemila, tempi in cui l’attenzione al problema era ancora blanda (e Greta Thunberg solo un’idea per i suoi genitori). «Siamo stati dei pionieri senza rendercene conto. Abbiamo capito a conti fatti che eravamo i primi in Italia nel nostro settore ad avere un impianto così potente», spiega Davide Malberti, che con il fratello Luigi guida la società fondata dal padre Francesco nel 1956. «E primi addirittura in Europa quando decidemmo di comprare delle grandi batterie per immagazzinare l’energia solare. Arrivavano dalla Corea, fu un’odissea portarle in Italia: due anni per smaltire tutti gli impedimenti burocratici». Il Paese non era ancora pronto, ma loro sì. L’idea arriva spontanea, naturale, nel momento in cui scelgono di aumentare la produzione spostando la sede da Desio a Giussano, sempre in Brianza. La lavorazione del vetro – materiale riciclabile al 100 per cento ed elemento simbolo per Rimadesio – richiede «moltissima energia. Ci volle coraggio: all’epoca un chilowatt prodotto dal fotovoltaico costava tra i 7 e gli 8mila euro. Oggi siamo scesi a 900, ma ne è valsa la pena», continua Malberti, orgoglioso di sapere che quando le nuvole oscurano la luce che viene dal cielo, entrano subito in azione le pile–magazzino.
Manca poco per l’autosufficienza energetica, ma la visione sostenibile dell’azienda non si ferma qui. Primi pure ad usare vernici ecologiche all’acqua (idrosolubili) e un impianto di imballi realizzati al 90 per cento con materiale riciclato (e riciclabili a loro volta al 100 per cento). Una politica severissima che impongono anche ai fornitori «a cui diamo filo da torcere: se riceviamo un carico con un eccesso di materiale per il packaging, scorporiamo la parte in più e la rispediamo al mittente. La faccenda così tende a non ripetersi», chiosa con un sorriso l’ad. Self Plan, la nuova nata di Giussano, una soluzione giorno modulabile che ha il suo punto di forza nella grande libertà compositiva, è fatta con alluminio completamente riciclato ed è facilmente scomponibile (i pezzi sono solo avvitati) così, a fine vita, basta un cacciavite per separare le parti da spedire al riciclo. Una visione d’insieme che non distingue tra produzione e vita investendo tutto l’ecosistema dell’azienda: c’è un bonus per chi viene al lavoro con auto elettrica o e-bike (da ricaricare gratuitamente nelle colonnine di rifornimento del complesso), turni studiati per sfruttare al meglio l’apporto del sole e un ulteriore bonus welfare di stampo olivettiano per tutti, apprendisti inclusi, che permette di scegliere tra asili nido, prestazioni sanitarie, corsi e palestre. Le spedizioni verso gli showroom sparsi per il mondo tra New York (che inaugurerà a breve), Tokyo, Mubai e Londra seguono la stessa ottica di recupero e contenimento degli imballi. «Nessun sacrificio, per carità, neanche a livello creativo: con Giuseppe Bavuso, il nostro designer, si parte dalla ricerca dei materiali per arrivare all’idea. È più bello progettare e produrre in questo modo, dà una grande soddisfazione». A casa Malberti-Rimadesio funziona così.
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