Gian Pietro Zerbini
Un deciso cambio di passo sul versante della ricostruzione post terremoto nei territori duramente provati dai devastanti eventi sismici che hanno provocato morti e distrutto edifici, nel 2016, lasciando profonde ferite anche sociali nelle quattro regioni dell’Italia centrale. Da quando Giovanni Legnini, il 14 febbraio 2020, è stato nominato commissario straordinario di governo per la ricostruzione post sisma 2016, è stata data una robusta accelerata al processo di ristrutturazione e ricostruzione degli oltre 80mila edifici privati distrutti. Legnini è stato ospitea Ferrara la scorsa settimana e Remtech e tra l’altro si possono anche segnalare analogie tra il sisma del Centro Italia nel 2016 e quello dell’Emilia nel 2012 .
LA SEMPLIFICAZIONE
«È stata fatta un’opera straordinaria di semplificazione delle regole e delle procedure, sfruttando ogni spazio offerto dalle nuove norme introdotte dal governo durante la pandemia, e sono stati messi in campo poteri straordinari con le ordinanze in deroga alla normativa generale per la ricostruzione dei centri più colpiti», spiega Giovanni Legnini, che ha partecipato a Ferrara al convegno nell’ambito di “Remtech”.
Il tutto grazie a un sistema di governance innovativo ed efficace, basato su una cabina di coordinamento guidata dal commissario, dove siedono i presidenti di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo e i rappresentanti dei sindaci del cratere, che, nonostante i differenti colori politici, hanno sempre assunto decisioni all’unanimità. E grazie al costante lavoro di ascolto e di confronto con i tecnici, i sindaci, le associazioni e i comitati dei cittadini.
DUE PRIORITÀ
«Tenendo sempre in mente – aggiunge il commissario – due principi fondamentali: la sicurezza, perché si ricostruisce in zone sismiche pericolose, e la legalità, perché quando sono in gioco miliardi pubblici, la malavita è sempre pronta a fare la sua parte».
Per la prima volta, in una ricostruzione di vasta scala, si sta facendo una ricognizione della reale pericolosità delle faglie che attraversano i centri dove occorre ricostruire, e dei dissesti idrogeologici che insistono in quelle aree. Sempre per la prima volta, si sta sperimentando un sistema di rilevamento elettronico delle presenze di uomini e mezzi nei cantieri della ricostruzione, anche a tutela della regolarità del lavoro.
I risultati si vedono. Rispetto ai 18 mesi di media di qualche tempo fa, ora per avere il contributo dallo Stato per la ricostruzione della casa ci vogliono solamente 70 giorni. Semplificazioni, ma anche chiarezza degli obiettivi e determinazione nel centrarli. Un esempio su tutti: dopo 12 proroghe, a novembre dell’anno scorso si è chiuso il termine per presentare la richiesta di contributo per i danni lievi e d’improvviso sono arrivate quasi 5mila domande. Ma sono stati definiti strumenti e procedure semplificate anche per l’utilizzo del superbonus 110% in aggiunta al contributo pubblico per la ricostruzione, se questo non arriva a coprire tutto il costo dell’intervento. Anche questo ha spinto i cittadini ad accelerare la presentazione dei progetti.
Nell’ultimo anno il numero delle domande è quasi raddoppiato rispetto al totale dei quattro anni precedenti, passando da 12mila a 21mila. Quelle approvate sono cresciute anche più velocemente, da 4. 300 di fine 2019 alle quasi 11mila di oggi.
CANTIERI APERTI
«Nel cratere 2016, al momento, si contano oltre 5mila cantieri aperti, anche se negli ultimi mesi – ammette il commissario – si sta verificando un rallentamento. Pesano le difficili condizioni del mercato, che ha visto crescere enormemente il prezzo delle materie prime, a cominciare dall’energia, e quello di alcuni prodotti essenziali per l’edilizia, come cemento, ferro e legno, per fronteggiare le quali è stato appena deciso un aumento del 6% del contributo, in attesa di una revisione più approfondita dei costi riconosciuti. E si sconta anche la scarsa disponibilità d’imprese per fare i lavori, dovuta alla forte concorrenza del superbonus 110%, ormai decollato in tutto il Paese, e il numero ristretto dei tecnici impegnati a fare i progetti», aggiunge il commissario.
I tecnici effettivamente attivi nella ricostruzione sono pochi, mentre gli edifici da ricostruire o riparare sono ancora tantissimi.
La novità positiva, oggi, è che oltre ai fondi per la ricostruzione privata (6 miliardi che si esauriranno presto) e pubblica (anche questi insufficienti, come dimostra la ricognizione in corso del danno) ci sono anche 1,8 miliardi di euro che arrivano dal Pnrr, destinati allo sviluppo economico delle aree colpite dal sisma del 2016 e del 2009 in Abruzzo. A gestire i fondi, normalmente amministrati dai ministeri, sarà sempre la cabina di coordinamento sisma, allargata ai rappresentanti del cratere aquilano.
«L’Italia Centrale ha problemi che vengono da lontano, che si sono molto aggravati con il terremoto e ulteriormente appesantiti con la pandemia. In questi anni abbiamo vissuto un’emergenza continua. Ora abbiamo la possibilità di accompagnare la ricostruzione materiale delle case e degli immobili produttivi con misure per favorire la crescita e dare una prospettiva di sviluppo a questi territori», conclude Legnini.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Link all’articolo Originale tutti i diritti appartengono alla fonte.