Avanti con prudenza, guardando al prossimo anno ma anche a quelli che verranno dopo. É questa la linea esposta da Daniele Franco, ascoltato dalle commissioni parlamentari Bilancio sulla Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza). Il garbatissimo avvertimento del ministro dell’Economia riguarda la situazione dei conti pubblici in generale, perché «il deficit deve scendere, l’avanzo primario deve tornare e bisogna ridurre il debito che libera risorse». Ma si concentra poi in particolare su due misure entrambe sollecitate dalla maggioranza di governo, ovvero la proroga del superbonus 110 per cento e un qualche intervento per attenuare l’effetto del massiccio invio di cartelle arretrate.
Proprio ieri Camera e Senato hanno approvato la risoluzione sulla Nadef. Sul tema degli incentivi per efficienza energetica e sicurezza anti-sismica la richiesta è quella di un prolungamento generale almeno a tutto il 2023, mentre in base alle norme in vigore il sostegno si esaurisce per la gran parte degli immobili il prossimo anno. In realtà molti parlamentari vorrebbero un’estensione più duratura, se non proprio l’inserimento in via stabile della misura nell’ordinamento. Da qui il distinguo di Franco, che si impegna a valutare la proroga nell’ambito della legge di Bilancio ma ricorda le potenziali criticità dell’attuale assetto. «Le costruzioni sono un settore che va sostenuto – spiega – tenendo però presente che bisogna evitare il rischio di una bolla e avendo anche a mente l’onere per la finanza pubblica» ha spiegato. E ancora: «Se ciascun italiano fa domanda, per 30 milioni di unità immobiliari l’effetto sui conti e sul debito è stratosferico».
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Aggiustamenti possibili
Ecco quindi che il governo sta ragionando ad una proroga che potrebbe però comprendere anche qualche aggiustamento o calibratura del panorama degli incentivi, in cui oltre al superbonus propriamente detto rientrano altri strumenti, da quello relativo alle facciate dei palazzi alle “vecchie” detrazioni per risparmio energetico e ristrutturazioni. Agevolazioni sempre sostanziose ma con un beneficio più contenuto, mentre la percentuale del 110 garantisce l’intero costo dell’intervento, eventualmente anche senza aspettare i tempi della rateazione in ambito Irpef. In prospettiva ci potrebbe essere allora un qualche riallineamento. C’è molta cautela nell’esecutivo anche sul possibile allargamento del superbonus ad altri immobili come quelli non accatastati.
Altro tema quello delle cartelle. A inizio settembre si è conclusa la moratoria generalizzata scattata all’inizio della pandemia; il Parlamento aveva già chiesto da tempo un nuovo intervento. «Valutiamo se una ulteriore spalmatura degli oneri possa essere considerata» è la prudente risposta del ministro, a cui segue anche in questo caso una spiegazione: «Bisogna gradualmente tornare verso una situazione di normalità in cui tutte le famiglie e le imprese possano pagare le cartelle emesse dall’Agenzia delle Entrate».
Sembra invece destinato all’archiviazione definitiva il cashback, il premio in denaro con il quale fino al 30 giugno sono stati incentivati i pagamenti elettronici. Il titolare del Mef ne ha riconosciuto l’utilità in una prima fase per stimolare il ricorso a mezzi diversi dal contante, ma dichiarandone sostanzialmente esaurita la funzione: «Non la vedrei come una misura strutturale». Per il 2022 resta un ingente finanziamento che con tutta probabilità sarà dirottato su altre priorità.
Nella legge di Bilancio dovranno essere affrontati anche il tema delle pensioni (non se ne parla esplicitamente nella Nadef ma i sindacati continuano a premere per nuove forme di flessibilità) e quello dell’anticipo di alcune misure di riduzione della pressione fiscale, in coerenza con i principi della legge delega appena approvata dal governo. Un intervento «molto forte» sul cuneo fiscale è stato chiesto anche dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Per Franco nell’arco del triennio ci sono margini per intervenire sugli ammortizzatori sociali e «avviare un processo di alleggerimento del carico fiscale». Ma la distanza tra deficit tendenziale e programmatico, che il prossimo apre uno spazio di circa 22 miliardi secondo il ministro «non va chiamato tesoretto». Anche perché «il margine sembra tantissimo ma, una volta che si riempie con tutte le politiche in atto da vari anni, il margine si riduce notevolmente». Insomma il Tesoro sembra mettere le mani avanti in vista di una sessione di bilancio che si preannuncia complicata.
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