Una Legge di Bilancio che può contare su quasi 23 miliardi di budget di cui solo otto saranno destinati al taglio delle tasse. Tra i progetti da realizzare troviamo la revisione dell’Irpef, per cercare di ridurre la distanza in termini di aliquote fiscali tra il secondo e il terzo scaglione. Ma non solo, c’era anche chi ipotizzava un’eliminazione definitiva dell’Irap, ipotesi poi rivista, a causa delle poche risorse, e tutta la questione del cuneo fiscale legato al mondo del lavoro. Aspetto, quest’ultimo, da non sottovalutare, dato che l’Italia risulta essere il terzo paese a livello Ocse con le tasse più alte su imprese e lavoratori. Nelle 36 giurisdizioni analizzate il cuneo ha un’incidenza media del 36%, contro un 48% italiano. Significa che nel nostro Paese un lavoratore standard single e senza figli a carico è sottoposto a un peso fiscale del 48%. La percentuale è composta per il 16,8% di imposte personali sul reddito e per 31,2% di contributi previdenziali che ricadono in parte sul lavoratore (7,2%) e in parte sul datore di lavoro (24,0%).
Questa percentuale ci fa dunque collocare al terzo posto a livello Ocse, peggio di noi solo Belgio e Germania. Ed è per questo che ieri Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, ha auspicato un abbassamento concreto del cuneo fiscale in Italia. Non è ancora chiaro che misure verranno prese al riguardo e di che entità. Quello che però sembra essere certo è che con un budget fiscale di soli otto miliardi di euro non si potranno fare miracoli o dare vita a grandi rivoluzioni di sistema.
All’interno del Documento programmatico di bilancio, discusso oggi nel Consiglio dei ministri ci sono però anche altri nodi importanti. Uno di questi riguarda il rifinanziamento del Reddito di cittadinanza (Rdc), decisione che ha creato non poche tensioni all’interno della maggioranza. Sembrerebbe che si sia trovato un accordo che contempli una seria revisione del meccanismo del Rdc con controlli più severi e conseguenze maggiori dopo un secondo rifiuto di proposte lavorative. La platea dei riceventi sarebbe però stata ampliata con conseguente aumento di budget (un miliardo) messo a disposizione per finanziare il tutto.
Altro nodo da sciogliere sono le pensioni. Quota 100 ha la sua naturale scadenza a fine anno (31 dicembre) e l’esecutivo sta cercando di capire come gestire la questione senza troppi traumi. Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, durante la cabina di regia a Palazzo Chigi avrebbe proposto di distinguere gli statali dai privati, concedendo ai primi, in maniera transitoria, l’accesso a “Quota 102” (64 anni e 38 di contributi), come scivolo verso la fine di Quota 100.
La questione pensioni è però ancora aperta, tanto che durante il Cdm non sono mancate le tensioni. Daniele Franco, ministro dell’Economia, avrebbe infatti proposto l’introduzione, in maniera transitoria, di “Quota 102” per il 2022 e per poi passare a “Quota 104” nel 2023, scatenando la Lega, che tramite i suoi ministri, ha espresso una “riserva politica”. Poco favorevole anche Domenico Proietti, Segretario Confederale della Uil, che ha dichiarato come “Quota 102” è ben lontana da quello che hanno chiesto i sindacata e non risponde “nel modo più assoluto all’esigenza di introdurre una flessibilità più diffusa di accesso alla pensione intorno a 62 anni”. Al centro della discussione c’è poi anche tutta la questione dei bonus casa. E dunque, sembrerebbe ora mai certa la proroga del Superbonus per altri tre anni ai condomini e Lacp.
Stessa sorte per le altre agevolazioni come il credito di imposta al 50 e al 65% per ristruttura e rinnovare energeticamente la casa. Per il bonus facciate il governo Draghi starebbe invece pensando ad uno stop. Iniziativa non gradita però dal Partito democratico: “A fianco della proroga del Superbonus, riteniamo assolutamente necessario dare un orizzonte più lungo anche al bonus facciate che e’ risultato molto utilizzato nei territori del Centro-Sud e nelle aree interne”, dichiara il capogruppo Pd in commissione Bilancio alla Camera Ubaldo Pagano. “E’ importante che questa sia anche l’occasione per imprimere un’accelerazione alla transizione ecologica, con interventi concreti sulla riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi e l’assunzione di impegni coerenti con gli obiettivi climatici”, aggiunge Chiara Braga, responsabile Pd per Transizione ecologica, sostenibilità e infrastrutture. Le risorse potrebbero alimentare un fondo per calmierare il rincaro delle bollette di luce e gas anche nel 2022″. E il fondo è infatti stato previsto nella Legge di Bilancio. Si parla dunque di uno stanziamento di circa un miliardo per tagliare le bollette elettriche, che subiranno una nuova impenna a inizio 2022, visto che le misure messe in campo a settembre terminando il 31 dicembre 2021. La misura è però stata subito criticata in merito al suo stanziamento da Marco Vignola, responsabile del settore energia dell’Unione nazionale consumatori, che ha spiegato come “se con l’intervento di oltre tre miliardi euro si è avuto un rialzo record delle bollette, +29,8% per la luce e +14,4% per il gas, con una stangata corrispondente pari a 355 euro su base annua, 184 euro in più per la luce e 171 euro per il gas, ci domandiamo cosa succederà con una somma pari a un terzo, peraltro, presupponiamo, valida non solo per il prossimo 1° trimestre 2022 ma per tutto l’anno”.
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