Il presidente della Cassa edile: il blocco degli incentivi sarà un danno per tutti
LUCCA. Giù le mani dagli incentivi fiscali nel campo dell’edilizia.
Per Stefano Varia, costruttore e presidente della Cassa edile di Lucca ridurli (o addirittura eliminarli), sarebbe uno sbaglio. Enorme. Perché se c’è qualcosa che ha dato slancio all’edilizia – anche se soltanto nel campo delle ristrutturazioni – sono proprio gli incentivi. Due su tutti: il superbonus 110 per cento e il bonus facciate. E soprattutto quest’ultimo – sottolinea Varia – sembra avere i mesi contati con nessuna proroga da parte del governo. «Sarebbe un errore gravissimo interrompere il circuito vizioso che si è creato – sottolinea il presidente della Cassa edile – perché prima di questa nuova fase di ripartenza.
Dal 2019 in poi l’edilizia è riuscita a recuperare da un minimo del 15 a un massimo del 20 per cento, uscendo da un periodo da “profondo rosso”. E stando ai numeri snocciolati da Varia (riportati nell’infografica in questa pagina, ndr), dal 2019 a oggi le imprese edili in provincia di Lucca sono aumentate del 15 per cento, passando dalle 715 di tre anni fa alle 810 di adesso. E lo stesso vale per gli operai del settore: nel 2019 se ne contavano 2.700, oggi sono 3.250. Tutto merito – spiega il numero uno di Cassa edile – delle forti richieste di ristrutturazione. E anche, sul fronte delle opere pubbliche, dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) Da una parte i bonus da riconfermare, dall’altra le maestranze. Sì perché – spiega Varia – da qui ai prossimi anni la vera sfida sarà trovare manodopera qualificata. «Quella stessa che, negli anni passati, ha pensato di non avere un futuro – racconta – e di conseguenza gli operai hanno preferito cambiare lavoro per non sprofondare in un baratro che, all’epoca, sembrava senza soluzione». Tutto è cominciato nel 2008, ma gli anni più bui sono stati quelli compresi tra il 2012 e il 2014. Ed è stato quello il periodo in cui tanti operai hanno cambiato strada con tutte le difficoltà di oggi. «La difficoltà vera che la maggior parte delle aziende edili incontra è quella di trovare personale qualificato. I giovani difficilmente si avvicinano all’edilizia – aggiunge Varia – . Il 62 per cento delle imprese, infatti, ha in media poco più di un addetto; il 34 per cento conta da un minimo di due a un massimo di nove operai, mentre il 3,7 per cento ha dai dieci a 49 addetti. Solo lo 0,3 per cento possiede oltre cinquanta dipendenti. Il grosso problema, in futuro, potrebbe essere proprio questo: il lavoro c’è, ma manca personale qualificato. D’altra parte, le aziende vengono da anni di crisi profonda che ad alcune ha consentito di sopravvivere. Ma altre le ha del tutto cancellate dal mercato. È spesso è proprio la burocrazia a impedire all’artigiano di fare impresa. Con tutte le conseguenze che abbiamo elencato. Ci sono tanti cantieri, ma sono poche le imprese capaci di rispondere alla domanda. Ma questo non significa eliminare gli incentivi fiscali. Anzi, devono essere potenziati». E la pensa così anche Michela Fucile, presidente di Confartigianato imprese Lucca. «La ripresa dell’economia – sottolinea – potrebbe venire rallentata dal depotenziamento delle agevolazioni edilizie che hanno un ruolo essenziale per il rilancio complessivo del settore e per la transizione ecologica ed energetica del Paese. È indubbio che tutto il settore edile, che veniva da anni di profonda crisi, abbia avuto una forte crescita grazie ai vari bonus, in particolare il 110 per cento».
«Girare per le nostre città e non vedere più edifici fatiscenti è anche una fonte di attrazione turistica aggiuntiva di non poca importanza a nostro modo di vedere – conclude Fucile – . Pure il settore del mercato immobiliare residenziale è cresciuto grazie a questi bonus, evidenziato da un deciso aumento delle richieste di mutui alle famiglie che acquistano casa. Noi auspichiamo che il governo torni sui suoi passi inserendo nella legge di bilancio 2022 la proroga di tutti i bonus edilizi in scadenza a fine anno. La proroga dei bonus edilizi non può essere un’alternativa, ridurne l’aliquota o addirittura abolirli potrebbe vanificare gli sforzi e gli investimenti di contribuenti e operatori del settore fatti finora. Occorre una strategia».
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