La guerra ai motori: gaffe, note e contronote
di Pierluigi Bonora
Stop alla produzione dei motori endotermici dal 2035: l’Italia, secondo quanto espresso dal Cite (Comitato interministeriale per la Transizione ecologica) si allinea alle indicazioni della Ue e, fatto salvo l’elettrico, apre anche a idrogeno e biocarburanti (combustibili di origine biologica, in genere da coltivazioni agricole o da sostanze di scarto di agricoltura e agroindustria). Per le alimentazioni con i biocarburanti, però, servono sempre i motori endotermici, ovviamente riaddattati per l’occasione. E lo stesso vale per l’idrogeno, se utilizzato in un sistema del carburante.Come si vede, c’è molta confusione anche nelle stanze dei bottoni e annunci come quello dell’altra sera, non fanno altro che mettere nuovi dubbi a chi intende cambiare l’auto per il timore di incappare in divieti e nuovi balzelli. Interrogativi che riguardano anche chi guarda a una vettura elettrica per l’autonomia reale, la carenza di colonnine ei costi sempre troppo cari senza i bonus.
Del Cite fanno parte i ministri di Transizione ecologica (Roberto Cingolani), Infrastrutture e Mobilità sostenibile Enrico Giovannini), e Sviluppo economico (Giancarlo Giorgetti). Tutti concordi nella posizione presa che, tra l’altro, ha provocato reazioni preoccupate e negative da parte del settore, ma anche di Confindustria e sindacati? Fa pensare il contrario la nota arrivata il giorno dopo la decisione del Cite contro le affermazioni del viceministro allo sviluppo economico, Gilberto Pichetto, promotore tra l’altro del Tavolo Automotive.
Nel ribadire trattarsi di «un passaggio necessario per garantire una Ue a impatto condizionato zero», Pichetto osserva tuttavia che «quando si prendono decisioni a livello globale bisogna farlo non solo da un punto di vista globale ideologico, ma tenendo ben presenti gli interessi reali del Paese» . «Le grandi scelte e gli – ha aggiunto – devono innanzitutto essere condivisi da tutto il mondo oppure l’Europa, su questo fronte, perde da subito la competizione con Paesi come Cina, Russia e India». Pichetto sottolinea poi che « non si può pregiudicare la sopravvivenza di un lavoro a tante persone e crea un importante responsabile diretto e indiretto, pertanto non si può ignorare la sostenibilità economica e trasformazione sociale ambientale,altrimenti il peso sarà pagato solo da famiglie e imprese». Segue l’auspicio «che la richiesta di rendere strutturali le risorse su incentivi ed ecobonus, per supportare le vendite e aiutare il cammino verso l’elettrico, vada a buon fine».
Sembra proprio una presa di distanza – ragionata – da parte del Mise. Difficile, infatti, pensare che Pichetto, prima di diffondere il commento, non si sia consultato con il suo ministro, Giorgetti. La verità potrebbe venire presto a galla . E tutti gli indizi porterebbero a un braccio di ferro con il ministro alle Infrastrutture e Mobilità sostenibile, Giovannini, il quale non ha comunque perso tempo a ribadire, in una intervista, che «l a decisione del Comitato interministeriale per la Transizione ecologica è stata presa all’unanimità da tutti i ministeri », aggrappandosi poi a una dichiarazione del presidente di Stellantis, John Elkann, secondo cui, «il vero rischio è quello di perdere il mercato della nuova mobilità ecologica». Già, e gli altri innumerevoli rischi?
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