È ora di affrontare la dura verità in merito al Superbonus edilizio del 110 per cento promosso dal Governo Conte nel 2020 e poi confermato, con riluttanza, dal Governo Draghi, che ha fissato un termine improrogabile al 2023 per i condominii e al 2022 per le unità monofamiliari. Il presidente del Consiglio ha parlato di distorsioni create dal Superbonus, che per il 2021 costerà allo Stato circa 11 miliardi di euro (anche se quest’onere sarà spalmato in cinque anni). E ovviamente non è finita qui. Soltanto per 2022 lo Stato dovrà sobbarcarsi un’altra spesa di più di 14 miliardi, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di Bilancio.
Per il presidente del Consiglio, Draghi, questa misura ha creato distorsioni. “La prima distorsione – ha detto – è un aumento straordinario dei prezzi delle componenti che servono a fare le ristrutturazioni”. In parole povere: se paga Pantalone (ovvero lo Stato), che motivo c’è per le imprese ma anche per i committenti di risparmiare sui costi? Nonostante i paletti messi dal governo – con la necessità di un attestato da parte di un tecnico sulla congruità della spesa effettuata nelle varie fasi di avanzamento lavori – i costi sono esplosi.
Certo, si dirà, l’aumento dei prezzi delle materie prime ci sarebbe stato lo stesso, ed è un portato della pandemia e della successiva repentina ripresa economica che ha creato un collo di bottiglia nella catena di distribuzione dei materiali. Ma una parte cospicua dei rincari è dovuta al funzionamento stesso del Superbonus.
L’altra distorsione – ha ricordato sempre Draghi – è dovuta all’esplosione delle frodi: il rimborso del 110% sui lavori edilizi ha attirato orde di truffatori che, senza effettuare alcun lavoro, hanno messo in piedi operazioni finte per un totale di 4 miliardi.
Tuttavia le distorsioni del Superbonus sono più numerose e più profonde di quanto non appaia. Finora hanno approfittato di questo vero e proprio regalo dello Stato 69.390 (dato Enea al 30/11/2021) unità immobiliari, di cui solo 10.339 condominii: questi numeri però rappresentano meno dell’1 per cento del totale degli edifici con più di quattro abitazioni. Come si vede, una goccia nel mare. Per tutti gli altri condominii, ormai, c’è poco da fare, i mesi rimasti non saranno nella maggior parte dei casi sufficienti ad approfittare di questa occasione. E dire che invece ce ne sarebbe assai bisogno: il parco abitativo italiano è uno dei peggiori d’Europa sotto il profilo del risparmio energetico e della protezione antisismica.
Il Superbonus ha svolto indubbiamente una funzione: ha rilanciato l’edilizia in un momento buio, ha ridato fiato a molte imprese facendole uscire dal torpore pandemico ma anche pre-pandemico, ha dato un’occasione a banche e ad altri intermediari di guadagnare con l’acquisizione del credito d’imposta. Ma per gli italiani che pagano le tasse – e non sono tutti, come si sa bene – è diventato soltanto un costo, perché lo Stato i soldi li dovrà mettere e li prenderà appunto da chi le imposte già le paga.
Molti discutono sugli indubbi benefici indiretti dell’agevolazione: rilancio dell’economia in generale oltre che di un settore specifico, maggiori assunzioni e alla fine anche maggiori tasse. Ma nessuno ha portato la prova che il 110% si autofinanzia. Perché non è così e non può essere così.
Ad approfittare di questo vero e proprio regalo sono stati quei proprietari di monofamiliari che, non dovendo prendere decisioni insieme ad altri condomini, hanno potuto accelerare l’iter del Superbonus. Ma i proprietari di nonofamiliari non sono certo gli abitanti di fatiscenti palazzi di edilizia popolare, sono persone (più o meno) benestanti, tanto che Draghi non avrebbe voluto prorogare questa misura nel 2022.
Ad approfittare dell’occasione ci sono stati anche quei condominii che sono stati in grado di montare rapidamente l’operazione, magari perché convinti da qualche condomino ingegnere o architetto che è stato in grado di mostrarne i benefici. La maggior parte dei condominii hanno perso tempo non avendo compreso che qui la rapidità d’esecuzione era fondamentale. Altri si sono persi in interminabili discussioni, rilanciate di assemblea in assemblea, sul fatto che il Superbonus fosse o non fosse una cosa possibile o buona. I dubbi interpretativi di una norma contorta, nata sulla falsariga dei già esistenti Sismabonus ed Ecobonus, non hanno aiutato: ci sono più di 1.000 interpelli a cui è stata data una risposta. Inoltre, è stato detto che le risposte date dal fisco a questi dubbi non possono essere portate in un eventuale giudizio nascente da un contenzioso.
La maggior parte delle persone ha avuto – diciamolo chiaramente – paura del fisco. E se dopo i lavori, a babbo morto, i solerti agenti dell’Agenzia delle Entrate, si mettessero a spulciare tutto il dossier anche a distanza di anni alla ricerca di qualche elemento che possa far crollare il muro del credito fiscale, cosa succederebbe? Ha giocato, insomma, l’eterna sfiducia che gli italiani nutrono nei confronti dello Stato e del fisco in particolare. E, diciamo la verità, non hanno tutti i torti.
Ora, il punto è che se si va a esaminare con cura il dossier di ogni edificio qualcosa che non è perfetto si trova sempre. Qualche scheletro nell’armadio ce l’hanno tutti, anche inconsapevolmente: non sono pochi quelli che, a distanza anche di 50 o 70 anni, scoprono che il costruttore non ha proprio fatto quel che aveva detto di fare nel progetto: qualche muro spostato, qualche balcone più largo e così via. Questioni secondarie e sempre trascurate finora perché senza conseguenze e derivanti dal caos edilizio del passato. Ma qui la conseguenza potrebbe essere tangibile provocando anche l’annullamento del credito fiscale. Portando questi fatti in primo piano col Superbonus, molti hanno temuto la “vendetta” del fisco.
Evidentemente, in una nuova versione del Superbonus più sostenibile per le casse dello Stato (magari un 80% della spesa come ha proposto alla Commissione Finanze Alessandro Bertarelli, membro del Consiglio provinciale geometri di Roma) ma strutturale e permanente, occorrerà rassicurare espressamente gli italiani specificando che se si fanno lavori di consolidamento antisismico o di efficientamento energetico degli edifici (il cosiddetto cappotto termico), eventuali discrepanze riscontrate nell’edificio rispetto al progetto originario non faranno mai perdere i benefici ottenuti.
In un mondo più giusto, lo Stato potrebbe inoltre pensare di utilizzare un futuro Superbonus incentivando i palazzi di edilizia popolare ed economica, prima e più di tutti gli altri. Magari aprendo anche dei centri di supporto (presso i Caf?) per aiutare queste fasce di popolazione.
Source: huffingtonpost.it
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