Quasi sessanta miliardi di euro per proiettare l’Italia nella nuova sostenibilità energetica. Per la precisione, 59,46 miliardi da allocare fino al 2026. La cifra più corposa del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il 31,05% del programma, verte sulla “rivoluzione verde” e sulla transizione ecologica. Il percorso del ministro dedicato, Roberto Cingolani, è in salita. A oggi solo un terzo dei bandi è stato pubblicato, ma il punto più controverso sarà quello delle riforme, su cui gli enti locali hanno già alzato la voce, chiedendo più velocità di esecuzione. Il 2022 sarà il banco di prova per il Recovery plan. I porti e il riciclo Non sarà semplice mettere a terra il Pnrr “verde”. Al 21 dicembre scorso sono nove i bandi già attivati. Già scaduto è quello relativo all’efficientamento energetico dei porti italiani, il progetto “Green ports”, che vale 270 milioni di euro. Ancora in corso vi sono le iniziative sul tessile verde, sul riciclo dei rifiuti plastici, su quelli in carta e cartone, sui rifiuti di prodotti elettronici, sulla raccolta differenziata, sul trattamento dei rifiuti di pelletteria e tessile e, infine, sulle cosiddette “isole verdi”, spazi urbani per migliorare l’ambiente cittadino. Ma in totale, da qui al 2026, dovrebbero essere messe in campo 26 azioni programmatiche, che rappresentano il nucleo del Pnrr ecologico. Di questa, la fetta più ampia dovrà riguardare il biennio 2023-2024. Il nodo dei bonus Sotto il profilo dei progetti, la fetta maggiore di risorse è destinata a ecobonus e sismabonus fino al 110% per l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici. Da sola, questa voce vale 13,95 miliardi di euro. Al secondo posto, con 3,61 miliardi di euro, il rafforzamento delle smart grid, le reti di distribuzione dell’energia elettrica. Terzo posto, 2,2 miliardi di euro, per la promozione delle energie rinnovabili per le comunità energetiche e l’auto-consumo. Le incognite, tuttavia, sono dietro l’angolo. A cominciare dai costi vivi della transizione energetica. L’Europa non è autosufficiente, e questo fattore potrebbe rallentare la svolta. Come fa notare dalla banca francese Société Générale, «i processi di efficientamento energetico nell’area euro potrebbero subìre ritardi anche in virtù dell’attuale crisi energetica». Non aiuta, infatti, la situazione congiunturale, con i prezzi di energia elettrica e gas naturale che continuano a essere più elevati della norma. Critiche, e preoccupazione, sono arrivate dalle associazioni ambientaliste, come Legambiente, ma soprattutto dalle amministrazioni pubbliche. L’esempio più concreto riguarda le comunità locali, il braccio operativo dell’attuazione del Pnrr. E su questo versante, come rimarca Marco Bussone, presidente dell’Unione nazionale comunità ed enti montani (Uncem), i ritardi sono «notevoli» ed «evidenti». Mancano all’appello le riforme strutturali, che vanno su tre direttrici: gas “verdi”, comparto idrico e inquinamento atmosferico. I bandi per dovranno essere completati entro metà 2022, ed entro la fine del 2023 enti locali e Comuni dovranno aver individuato le imprese che realizzeranno gli interventi. Il 60% di essi è nel Mezzogiorno, che nel corretto utilizzo dei fondi europei di sviluppo è spesso rimasto indietro al resto dell’Eurozona. In agenda 13 riforme strutturali, la spinta agli impianti rinnovabili Il cuore pulsante del piano ecologico che porterà l’Italia a una maggiore sostenibilità si snoda su tredici riforme strutturali. Il piano resta molto inclinato. Fondamentale, nel 2022, sarà iniziare ora il percorso per arrivare, a fine 2024, a regime. Il passaggio più di lungo periodo riguarda la strategia nazionale per l’economia circolare, a cui si unisce il programma nazionale per la gestione dei rifiuti. Delicata sarà l’adozione su base locale, come già sottolineato dall’Unione nazionale comunità ed enti montani (Uncem). Il coordinamento centrale inizierà nel corso di quest’anno, ma il monitoraggio dell’Unione europea non permette ritardi. Numerose le semplificazioni. Dalle autorizzazioni per gli impianti rinnovabili on-shore e off-shore agli ostacoli normativi sulla diffusione dell’idrogeno, il Pnrr può essere in grado di velocizzare il Paese. A patto che le tempistiche, da oggi al 2024, siano rispettate. Punto su cui i Comuni stanno manifestando dubbi e preoccupazione da mesi. I fondi stranieri pronti a investire, ma temono ostacoli burocratici Unire pubblico e privato. Il Recovery Plan punta, come spiegato anche dal presidente del Consiglio Mario Draghi, ad affiancare le risorse pubbliche con gli investimenti privati. Fondi e banche, italiane e internazionali, hanno già manifestato ampio interesse al pacchetto italiano. Ed è sulle fonti rinnovabili che c’è la fetta più grande da sfruttare. L’occasione è unica. E a dirlo è la società di consulenza strategica Ernst & Young, secondo cui il Pnrr rappresenta «un’opportunità senza precedenti». Ne deriva, ha spiegato EY, che il 48% dei manager intervistati si è detto pronto a investire in Italia, anche se preoccupa la burocrazia. Anche in virtù dell’esplosione del mercato Esg (Environment, social, governance), gli investimenti verdi. Secondo la banca statunitense Morgan Stanley, l’Italia sta per vivere una rivoluzione ecologica, che renderà il Paese più moderno e attraente per gli investitori internazionali. L’auspicio è che non ci siano intoppi sulla strada.
Video: Entra in vigore il nuovo codice della strada (Mediaset)
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