Il 2021 è stata un’annata incredibile per il restauro. I parametri dell’impatto e le ricadute sul settore saranno certamente oggetto di approfondimento, ma che il 2021 abbia tracciato un segno epocale nella disciplina del restauro conservativo è innegabile. Ecco perché
Per la prima volta da tempo immemore il restauro delle superfici delle facciate di case, palazzi e chiese, dislocati nei centri storici delle città o in piccoli centri, è entrato nel capitolo di bilancio nazionale. È entrato nel lessico della politica e dell’economia, sotto la declinazione di Bonus Facciate. A una prima analisi possiamo affermare che l’impatto sia dovuto alla possibilità di cessione del credito d’imposta, in misura del 90% per il 2021 (60% per il 2022), dei lavori di recupero e restauro delle facciate. Un provvedimento trasversale su base nazionale, che ha interessato i beni oggetto di tutela ai sensi del Dlgs 42 del 2004.
LA QUESTIONE DEL BONUS FACCIATE
Il tutto è iniziato in sordina: già dagli ultimi mesi del 2020 il Bonus Facciate faceva capolino tra gli strumenti economici di ripresa di un Paese provato dalla pandemia. All’inizio non era palese, la normativa è andata via via chiarendosi alla luce dei molti quesiti, interpellanze e conseguenti specifiche dei dettagli normativi. Così non solo facciate ordinarie sono divenute oggetto di bonus, ma anche superfici decorate dell’architettura. Stucchi, affreschi, lapidei, purché fossero a paramento di facciata.
Il Bonus Facciate è assunto a strumento ideale per affrontare il restauro dei centri storici. La modalità per risolvere quelle annose questioni di endemica carenza di fondi e di preconcetti nei confronti della disciplina della conservazione e della tutela dei palazzi storici, che spingeva a relegare sempre e comunque l’intervento di restauro tra le più remote opzioni plausibili.
Un’ulteriore svolta di grande impatto ha riguardato gli edifici ecclesiastici. Dopo i primi mesi del 2021 si è andata affermando la certezza che anche chiese ed edifici di enti ecclesiastici potessero usufruire del bonus. E allora via, il tempo stringeva, gli Uffici Beni Culturali delle curie erano in fibrillazione, le Soprintendenze vedevano l’onda anomala avanzare. Per i tecnici progettisti di restauro è stato un vortice di progetti, analisi, interpellanze, verifiche, incontri con i funzionari delle Soprintendenze. I sogni dei committenti contrapposti al puntiglio dei commercialisti. L’adrenalina costante di chi corre sul filo per agguantare un risultato. La ricerca dei ponteggi, che sono assurti a bene di prima necessità, la condizione sine qua non. La valutazione e la scelta delle imprese o dei general contractor. E infine l’inizio dei lavori, si stenta a credere. È come trovarsi su di una nave che salpa, è possibile alzare lo sguardo e vedere lontano.
IL RILANCIO DELLA CATEGORIA DEI RESTAURATORI
I restauratori per la prima volta nella storia sono divenuti “merce preziosa”, preziosi e introvabili, quasi come gli idraulici dei tempi migliori! Non era mai accaduto. Persino i neodiplomati alle scuole di restauro hanno assunto un potere contrattuale che non era minimamente pensabile sino all’anno precedente. Per la prima volta si è compreso che i restauri devono essere realizzati dai restauratori abilitati, così come gli impianti elettrici debbono essere fatti dagli elettricisti accreditati. Pare ovvio, ma nell’ambito del restauro monumentale, dove l’intervento di conservazione viaggia gomito a gomito con l’edilizia, il dato non è affatto scontato.
Non sappiamo ancora se la mole di interventi di restauro realizzati in Italia con il Bonus Facciate resterà evento isolato, destinato a esaurirsi nel bonus al 60% oppure se si trasformerà in una prassi, o se darà vita a una nuova forma di tutela. Certamente è un dato su cui sarebbe opportuno riflettere con attenzione. Qualora le forme di sgravio fiscali specifiche per gli interventi di restauro divenissero strutturali, continuative o quantomeno cicliche, tali provvedimenti avrebbero il potere di trasformare l’immagine intera del patrimonio storico nazionale e del paesaggio urbano.
RESTAURO E SPERANZE PER IL FUTURO
Si potrebbe finalmente affermare il concetto di conservazione e manutenzione, portare il restauro nel linguaggio comune di un Paese che possiede un immenso patrimonio storico-artistico. Questa ipotesi consentirebbe tempi di realizzazione, più adeguati ad un intervento di restauro. Sarebbe auspicabile pensare al potenziamento degli uffici preposti alla tutela come le Soprintendenze, che sono state letteralmente travolte dall’effetto-bonus. Mettendo in evidenza la miopia di un certo pensiero politico, secondo il quale uffici di controllo e tutela più scarni corrispondano a maggiore libertà, questo evento ci ha fatto tastare con mano che non vi è maggiore libertà, bensì cresce il rischio di stasi.
Da questo novero di sgravi fiscali utili al patrimonio storico va escluso l’Ecobonus 110, già confermato per l’anno in corso che, dato per assunto sia il più potente strumento contro gli abusi edilizi e a favore dell’adeguamento alle regole di conformità urbanistica, costituisce un enorme rischio di stravolgimento e “plastificazione” per i centri storici.
Il 2021 è stato un anno importante per la conservazione del patrimonio, anche di quello considerato “minore” ma che compone la maggior parte dei nostri centri storici. E sarebbe magnifico credere sia il primo passo, il primo gradino, verso la più profonda conoscenza della materia della tutela. Con un’attenzione sempre crescente, anche sotto il profilo degli investimenti economici, a quel patrimonio che ci caratterizza e racconta le nostre radici.
‒ Silvia Conti
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