A Padova, nella centralissima via Euganea, c’è una villa che in città conoscono tutti. Un palazzetto del Settecento extra lusso di tre piani e 546 metri quadri più giardino annesso e scale d’epoca. Un immobile di proprietà di Giambattista Casellati, avvocato e presidente dell’ente Veneranda Arca di San Antonio, e della di lui moglie Maria Elisabetta Alberti Casellati, ex avvocato di Silvio Berlusconi e attuale presidente del Senato.
Una dimora che negli ultimi tempi, in gran segreto, è stata sottoposta a qualche importante lavoro di ristrutturazione. Pagato con i fondi del ministero dell’Interno e della prefettura padovana. Anche se Casellati vive a Roma a palazzo Giustiniani e torna a casa di tanto in tanto nei weekend, Domani ha scoperto che l’organo periferico del Viminale (il ministero al tempo delle prime richieste autorizzative era guidato da Matteo Salvini) ha già speso la bellezza di 175mila euro. A cui vanno aggiunti 94mila euro di lavori già preventivati ma non ancora realizzati. In pratica, lo stato ha già investito o sta per investire 271mila euro nella casa dell’avvocata per la sostituzione degli infissi, la sopraelevazione e ristrutturazione del muro del giardino che circonda la casa, più altri interventi ufficialmente destinati «alla messa in sicurezza, a tutela, dell’abitazione del presidente», spiega il prefetto Raffaele Grassi, che ha ereditato la pratica da pochi mesi: l’ex direttore dello Sco della polizia e questore di Reggio Calabria è arrivato in città solo a maggio scorso.
La cifra è consistente, e così Domani ha cercato di capire se c’erano precedenti di spesa confrontabili con quelli fatti per Casellati. La presidente non ha risposto alle domande che le abbiamo fatto attraverso il suo ufficio stampa. Abbiamo però contattato le prefetture competenti, lo staff di Sergio Mattarella, il presidente della Camera Roberto Fico, gli ex numeri uno di Montecitorio e palazzo Madama, cioè Laura Boldrini e Pietro Grasso: non risultano lavori con costi lontanamente comparabili per la messa in sicurezza delle loro abitazioni.
Palazzo Casellati
Casellati – almeno fino a ieri sera – era tra i candidati papabili alla presidenza della Repubblica. Salvini è il suo principale sponsor, ma anche Giuseppe Conte e un pezzo dei Cinque stelle sono tentati di votarla in chiave anti Draghi. Nonostante dall’inizio del suo incarico sia stata spesso criticata per l’uso di risorse pubbliche, in primis per i costi dei suoi viaggi. Il quotidiano Repubblica ha raccontato qualche mese fa «di 124 voli di stato in un anno» («falso, sono di meno, e non ho violato alcuna legge», replicò lei), mentre altri giornali spiegarono come la presidente si facesse accompagnare dalla sua scorta anche all’interno del bar di palazzo Madama.
La casa di via Euganea era già diventata protagonista delle cronache della stampa locale e del Corriere della Sera nel 2018, a causa delle proteste del vicinato, innervosito dalla decisione delle forze dell’ordine di vietare la sosta delle auto ai residenti sulla via, scelta fatta per «proteggere la sicurezza» dell’avvocata specializzata nelle cause di nullità davanti alla Sacra Rota. «È un privilegio», disse qualcuno a sinistra, forse in antipatia a una politica di fama, vicinissima allo storico legale di Berlusconi, Nicolò Ghedini, e celebre per il carattere assertivo e non facile, che secondo i maligni l’ha costretta durante i primi quattro anni del suo mandato a cambiare sette portavoce.
Ora, la messa in sicurezza delle abitazioni dei vertici istituzionali e di soggetti a rischio è disciplinata da norme che prevedono tutele e investimenti pubblici decisi dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduta dai vari prefetti. Ma com’è possibile che si sia arrivati, per Casellati, a quasi trecentomila euro, cifra con cui è possibile comprare a Padova un appartamento nuovo di 100 metri quadri?
E come mai a Domani risulta che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la sua storica casa a Palermo, molto esposta essendo un attico in via Libertà, ha goduto solo di sistema d’allarme elettronico con un investimento pubblico minimo, mentre il presidente Roberto Fico non ha avuto nelle sue abitazioni private a Napoli alcun lavoro strutturale né blindatura di sicurezza?
Infine, come è stata scelta la ditta, il Gruppo Garbo, che ha fatto (e dovrà ancora fare, fossero approvate le ultime autorizzazioni) i lavori di villa Casellati?
Autorizzazioni
Dal momento che la casa della presidente è vincolata, chi scrive ha chiesto innanzitutto informazioni alla soprintendenza archeologica delle Belle arti di Venezia e Padova. L’accesso agli atti richiesto nei mesi scorsi ci è stato però negato dagli uffici dell’ente. Più disponibile è stato il sovrintendente Fabrizio Magani, intervistato nella splendida biblioteca nei suoi uffici patavini. «I lavori a casa della presidente sono partiti da anni, ben prima che io arrivassi qui. Sono stati autorizzati dalla prefettura. Sono loro la stazione appaltante, non noi» spiega.
«La soprintendenza ha dato il via libera a tre autorizzazioni, solo per quel che ci competeva: la prima risale al 19 marzo 2019, c’era ancora il mio predecessore Andrea Alberti, e riguarda la fornitura e l’installazione di serramenti vari e vetri antisfondamento. La seconda riguarda l’ancoraggio di una porta finestra. La terza, del settembre 2020, la sopraelevazione del muro di cinta. Qui forse bisogna fare una variante perché la parete va prima consolidata. Lavori degli spazi interni? Non mi risultano».
Almeno una volta, ad aprile 2021, la presidente ha verificato di persona l’andamento della pratica della ristrutturazione della sua villa, andando a supervisionare i progetti insieme agli uomini della prefettura e a quelli della soprintendenza. «Sì, ci sono andato anche io due volte a casa Casellati – dice Magnani – Dovevo verificare come i lavori erano stati eseguiti. Il vecchio muro del giardino per esempio non era del tutto allineato, ed era intenzione di portarlo allo stesso livello». La «friabilità» del muro avrebbe inciso sul prezzo dell’opera, che ha un costo preventivato di 94mila euro, pagata sempre con denaro pubblico.
L’impresa
L’azienda incaricata è un’impresa di Padova: si tratta della impresa individuale Edili Garbo, dodici dipendenti (non ci sono bilanci depositati alla Camera di commercio), specializzata in edifici residenziali. L’elenco dei lavori per mettere in sicurezza la dimora privata della presidente prevede il montaggio di finestre blindate, l’innalzamento del muro esterno, forse l’impianto di videosorveglianza, che dovrebbe essere realizzato da un’altra ditta specializzata del settore.
Non sappiamo se con i soldi della prima tranche già spesi sia stato fatto altro. Il prefetto di Padova, «in qualità di committente unico dei lavori», indica a Domani solo l’importo notevole già finanziato: «La loro esecuzione ammonta a 175.916 euro. La sopraelevazione del muro di cinta perimetrale dell’abitazione padovana della presidente del Senato allo stato non è ancora stata realizzata», ci dice con trasparenza il prefetto Grassi. La necessità di realizzarlo «per esigenze di sicurezza» è stata però già «attestata», e «la somma preventivata per tali lavori ammonta a 94.588 euro. Non ci sono state pressioni da parte della presidente per questi lavori e queste spese. La ditta? Non c’era bisogno di fare la gara, abbiamo fatto affidamento diretto»
Arrivano i Garbo
Per avere altri dettagli sui lavori della presidente del Senato abbiamo dunque contattato la Edili Garbo. La procuratrice speciale Giorgina Garbo ha negato un loro coinvolgimento: «Non mi risulta affatto, non so di cosa sta parlando. Comunque non sono io che mi occupo di cantieristica, arrivederci». Anche Giampietro Garbo, l’ingegnere titolare dell’impresa, non ha voluto dare alcuna precisazione sui lavori: «Si tratta solo di preventivi, nessuno ha incassato niente, non abbiamo ancora iniziato alcun lavoro da nessuna parte».
Non sappiamo quali sono i criteri con cui la prefettura abbia scelto la Garbo. «Una ditta seria e affidabile», dicono a Padova. Consultando documenti degli uffici antiriciclaggio della Banca d’Italia risulta che Giampietro nel 2009 abbia usufruito dello scudo fiscale varato dall’allora governo Berlusconi. In quegli anni Garbo ha riportato in Italia quasi 5 milioni di euro complessivi, sia dalla Svizzera sia da San Marino.
Per la cronaca, all’epoca la loro concittadina Casellati (che ha come migliore amica e stilista del cuore Rosy Garbo, che ha disegnato anche i vestiti che sta indossando durante le votazioni di questi giorni: su fonti aperte non risultano parentele) era sottosegretario alla Giustizia del governo Berlusconi che promulgò il mega condono per chi aveva tesori all’estero.
Casellati all’epoca era pure impegnata nella strenua difesa del premier dagli “attacchi” dei pm di Milano e della stampa avversa al premier. Tanto che l’allora deputata disse in tv che il nome di Karima El Mahroug, alias Ruby Rubacuori (spacciata dal Pdl per la nipote dell’ex presidente egiziano) «pare sia venuto fuori in un incontro ufficiale» tra Berlusconi «e Mubarak, che aveva parlato di questa sua nipote».
Un Fico secco
Se non ci sono illeciti, e se non conosciamo i dettagli dei lavori fatti con i soldi del Viminale per la villa di via Euganea, è possibile però fare dei raffronti, e verificare se medesime cifre siano state investite anche per la sicurezza delle altre alte cariche istituzionali, sia del presente sia del passato.
Mentre a Roma Mattarella vive nel palazzo del Colle, fonti qualificate del Quirinale spiegano che a Palermo non sono mai stati fatti dalla prefettura competente investimenti per la sicurezza della casa del presidente uscente. «Mattarella vive all’ultimo piano, e qualcuno di noi pensò che fosse doveroso cambiare gli infissi, perché gli affacci sono molto esposti. Ma alla fine non si è fatto nulla: la sicurezza viene garantita da una volante e da un sistema elettronico che costa poche migliaia di euro».
Roberto Fico, tra i leader di un movimento che ha fatto della lotta agli sprechi veri e presunti della casta politica mantra elettorale, durante il mandato da presidente della Camera dice di non aver avuto mai lavori in casa pagati dalla la prefettura di Napoli o dal ministero dell’Interno. «Nei primi anni il presidente ha vissuto in una casa in affitto, poi si è trasferito in un residence. Ma in nessun caso ci è stata proposta una “blindatura” dell’abitazione, né lui l’avrebbe mai chiesta», assicura il suo portavoce.
Domani ha sentito anche Laura Boldrini, che è stata alla guida di Montecitorio dal 2013 al 2018. Minacciata per un lustro da fanatici e gruppi fascisti sul web, ha ricevuto buste con proiettili. Nel 2017 i giornali di destra la criticarono a tutta pagina inventando la bufala di un «trasloco (e sarebbero comunque stati pochi migliaia di euro, ndr) pagato dagli italiani», ma l’ex presidente chiarisce che, nonostante non abbia mai vissuto a Montecitorio, la sua abitazione a Trastevere a Roma non ha mai subìto lavori di ristrutturazione pagati dallo stato per aumentarne la sicurezza. «C’era solo un sistema d’allarme elettronico vecchio che hanno migliorato perché vivevo al piano terra a via delle Mantellate, davanti al carcere di Regina Coeli. Lo hanno solo collegato all’ispettorato della Camera. Il costo? Credo sia stato irrilevante» dice. «Nessuna finestra, nessuna telecamera e nessun muro nuovo, nessun intervento per migliorare la casa. Ho sempre avuto una porta sgangherata che si poteva aprire con una spallata e che non è mai stata cambiata. Ma va bene, non c’era bisogno di blindarla, anche perché avevo i miei agenti di scorta come tutte le alte cariche dello stato».
A Domani risulta però che il ministero dell’Interno abbia speso alcune migliaia di euro per la protezione di una casa di campagna nelle Marche, buen retiro di Boldrini e di proprietà (anche) dei suoi fratelli. «Quanto è costato? Ma credo pochissimo: si tratta di una rete, di quelle verdi con l’anima di ferro, che hanno voluto mettere perché non c’era alcun tipo di recinzione tra il mio giardino e la strada» dice Boldrini. «Una volta mi sono trovata nella mia proprietà mentre ero in pigiama delle persone che volevano farsi un selfie, mentre un’altra volta alcuni ragazzini entrarono – a causa di un incidente – con la loro macchinetta dentro il mio terreno. Ma la rete sarà costata poco e nulla, ora ci ho fatto crescere delle siepi davanti perché è davvero orrenda».
Il predecessore
Insomma, i 270mila euro spesi per Casellati sembrano un unicum. Abbiamo però contattato anche il portavoce di Pietro Grasso, predecessore di Casellati alla presidente del Senato ed ex procuratore Antimafia. Alcune fonti avevano infatti raccontato a Domani che anche l’ex presidente Grasso aveva avuto finestre nuove pagate dallo stato. «È falso» dice il portavoce Alessio Pasquini: «Quando fu eletto lui viveva in zona Laurentina, in periferia di Roma, perché aveva rinunciato a vivere a palazzo Giustiniani, come voleva lo spirito anti casta del tempo. L’allora prefetto gli mandò però una lettera, con allegati un preventivo molto alto per la messa in sicurezza della sua abitazione. Lui rispose che non voleva pesare per centinaia di migliaia di euro sui contribuenti, e così si convinse a spostarsi con tutta la famiglia a palazzo Giustiniani». Grasso però ha pure un’abitazione a Palermo. Abbiamo chiesto se sono stati fatti lavori almeno lì: «C’è solo una garitta costruita anni fa, null’altro», conclude Pasquini. «Tra l’altro gli sembrò opinabile che da procuratore nazionale antimafia minacciato dai clan avesse bisogno di minori protezioni rispetto a quando è diventato capo del Senato»
A sentire le fonti dirette, solo Elisabetta Casellati avrebbe dunque goduto di un superbonus immobiliare così oneroso destinato alla sua villa. E quanto ci è dato sapere la presidente non è mai stata obiettivo dei clan come Grasso. Le uniche minacce conosciute verso Casellati sono quelle ricevute un anno fa via social da due uomini: un 62enne di Teramo e un 42enne della provincia di Verona, “leoni da tastiera” disoccupati, con piccoli precedenti alle spalle e non appartenenti a frange estremiste. Fortunatamente sono stati individuati dai carabinieri. Ma difficilmente la coppia sarebbe riuscita a entrare nella villa-bunker che il Viminale ha voluto per la presidente.
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