I punti chiave
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Da Perugia a Cutro, provincia di Crotone, in un asse forte e consolidato. Sul piano degli affari criminali. Tutti da sviluppare e rafforzare. Soprattutto da quando il rilancio dell’edilizia punta sul superbonus. Lo schema stavolta è stato sventato dalla Polizia di Stato, Direzione centrale anticrimine, con un sequestro di beni fatto con il coordinamento della procura della Repubblica di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, e le questure di Crotone e di Perugia. Colpiti un membro di vertice della cosca “Trapasso” di San Leonardo di Cutro (Kr) e un imprenditore calabrese. Spadroneggiavano in territorio umbro. Fino a stamattina.
L’operazione stamattina all’alba
Lo Sca, servizio centrale anticrimine guidato da Giuseppe Linares, e le divisioni anticrimine presso le questure di Perugia e Crotone, hanno eseguito due provvedimenti di sequestro finalizzati alla confisca. Emessi dal tribunale di Catanzaro, sezione misure di prevenzione, sulle proposte formulate dal procuratore della Repubblica insieme ai questori di Perugia e Crotone. I provvedimenti riguardano beni, assetti societari e rapporti finanziari riconducibili agli eredi di un esponente di vertice della cosca “Trapasso” di San Leonardo di Cutro (KR) – deceduto nel 2020 e uomo di fiducia di Cosimo Comisso, capo dell’omonoma cosca di Siderno (Rc) – e a un imprenditore calabrese.
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I motivi del sequestro
L’inchiesta della Polizia di Stato ha dimostrato l’operatività in Umbria della “locale” di ‘ndrangheta di San Leonardo di Cutro (KR). E ha consentito di accertare il sodalizio criminale tutto concentrato sull’infiltrazione nel tessuto economico e imprenditoriale della regione umbra. Le analisi dello Sca hanno fatto emergere una grande dimestichezza dei mafiosi nel manipolare istituti societari, contabili e finanziari. Per ottenere il massimo dei benefici economici possibili. Come il superbonus. Dalle indagini risaltava la gestione di un sistema mafioso articolato. Dedicato alla realizzazione di reati di natura finanziaria e tributaria. Propedeutici alle truffe in danno degli istituti di credito. Un sistema quasi perfetto.
L’intreccio di società prestanome
Il lavoro della Polizia di Stato ha messo in evidenza «la costituzione o acquisizione, attraverso prestanome nullatenenti, di società cartiere, alle quali, attraverso la consumazione di condotte illecite di natura tributaria e finanziaria (redazione di falsi bilanci societari, false fatturazioni, aumento fittizio di capitali sociali, evasione fiscale), veniva conferita un’ingannevole parvenza di vitalità e dinamicità» si legge in un comunicato. Una serie di condizioni acquisite dai mafiosi «pur in assenza dei requisiti per l’accesso al credito bancario». Per poi «pervenire a una dichiarazione di fallimento ovvero realizzare un giro vorticoso di trasferimenti d’azienda in favore di altri soggetti non rintracciabili o comunque non aggredibili dal punto di vista imprenditoriale». Con lo scopo di impedire all’istituto bancario erogante il recupero del finanziamento accordato.
Un caleidoscopio di truffe travestite da aziende sane
I mafiosi, dunque, in un territorio ricco come l’Umbria e con l’occasione del superbonus, di grande rilancio del settore edilizia, hanno fatto e disfatto come una tela di Penelope affari, contratti e configurazioni societarie e finanziarie allo scopo unico di massimizzare i loro affari criminali. In qualunque modalità possibile. Compresa quella più tipica della dimensione mafiosa: la violenza. Applicata nella modalità della minaccia. Rileva la Polizia di Stato come «le società in questione, dietro lo schermo dei prestanome» puntavano in particolare «ad assicurare alla cosca di riferimento il controllo economico–imprenditoriale dei relativi settori di interesse nella provincia di Perugia e Crotone, anche attraverso il compimento di atti estorsivi e di illecita concorrenza».
Source: ilsole24ore.com
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