Una procedura semplice, con risultati garantiti e pochi rischi. Eppure l’opportunità del superbonus è ancora poco sfruttata dai condomini. Al 31 dicembre 2021, a due anni dalla scadenza a Catania, seconda città della Sicilia, e decima a livello nazionale, erano solo 1500 le richieste per il superbonus presentate al Comune su un totale di oltre 140 mila alloggi censiti. Eppure “per i condomini le uniche incombenze sono quella di trovare un tecnico di fiducia, e approvare una delibera, per cui basta un terzo del totale dei presenti”, spiega l’ingegnere Paolo Musso, consulente tecnico per la provincia di Catania di Anammi, l’Associaciazione nazionale degli amministratori d’immobili.
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Dover smontare le verande spesso blocca gli inquilini
Musso, intervistato in diretta da FocuSicilia, ha provato a rispondere ai vari quesiti che più spesso bloccano i proprietari d’immobili dal prendere una decisione apparentemente semplice, ovvero quella di un intervento gratuito “che è mirato alla riqualificazione energetica. Alla fine dell’intervento i consumi degli appartamenti saranno notevolmente inferiori a quelli attuali, comportando anche un aumento del valore intrinseco”. Il costo medio per un condominio dell’intervento eseguito sfruttando il Superbonus “in un condominio raggiunge facilmente un milione di euro”. Eppure, nonostante il guadagno in termini di valore degli immobili, e il potenziale risparmio per le utenze domestiche, i catanesi non sembrano particolarmente propensi per questa scelta. E Musso riporta un esempio quasi paradossale: “In centinaia di sopraluoghi effettuati, spessissimo c’è stata una resistenza dovuta alle amatissime verande, che per eseguire i lavori devono essere smontate”. Un intervento da poche centinaia di euro, insomma, spesso blocca lavori che potrebbero farne risparmiare decine di migliaia. E per farlo i passaggi, ribadisce, sono davvero “molto spemplici: i condomini devono fare una delibera, con la quale prendono atto del bonus e lo accettano, affidando la progettazione a un tecnico. Una volta deliberato si avvia una fase tecnica, con uno studio di pre-fattibilità dell’intervento, e poi dell’impresa che farà materialmente i lavori, con i relativi stati di avanzamento che portano il pagamento di crediti al d’imposta alle imprese senza incombenze con i condomini”.
Basta la Cilas, e “non si guardano le situazioni pregresse”
La procedura per la presentazione della richiesta d’intervento è semplificata anche a livello amministrativo, “tanto che è stata creata una apposita domanda, la Cilas, che è una comunicazione inizio lavori asseverata specifica per il superbonus”. Inoltre il Superbonus può essere applicato anche con eventuali modifiche non conformi eseguite all’interno delle case, “la procedura si basa esclusivamente sulla documentazione originaria, che sia edilizia convenzionata o di altro genere. Probabilmente c’è spesso una cattiva informazione in merito”, spiega Musso. E che si tratti spesso di notizie non verificate alla base dalla diffidenza lo dimostrano in parte anche i dati forniti dal Comune di Catania: delle circa 1500 pratiche avviate, nessuna fa riferimento ai quartieri popolari come, ad esempio, San Giovanni Galermo o Librino. “Sappiamo che in alcune zone ci sono delle irregolarità più diffuse, ma queste non hanno influenza sui lavori del Superbonus. Non solo impedimenti amministrativi e tecnici, che sono molto pochi, ma volontà dei singoli. Di fatto la legge ci obbliga soltanto a guardare le condizioni dell’edificio, senza considerare anche le situazioni pregresse. Quindi a volte noi tecnici mettiamo più paletti della legge stessa, ma solo a salvaguardia dei condomini.”, spiega Musso.
“L’impresa ha interesse a eseguire i lavori bene e presto”
Per interventi di importi così importanti resta però la paura diffusa di eventuali lavori non eseguiti in maniera corretta, che potrebbe portare a eventuali sanzioni da parte degli enti preposti, in primis Enea e Agenzia delle Entrate. Musso, ancora una volta, rassicura però gli inquilini anche su questo aspetto. “L’impresa è l’entità che ha per prima l’interesse a fare bene e il prima possibile, perché mette le mani nelle proprie tasche prima di arrivare al famoso 30 per cento”. Naturalmente per i condomini sono da seguire scrupolosamente alcune accortezze legate spesso anche al buon senso. “Il condomino non deve mai operare delle modifiche o delle trasformazioni nei progetti perché l’Agenzia delle entrate farà dei controlli almeno per 13 anni dopo l’ultimazione dei lavori. Ma se non ci sono irregolarità i condomini possono dormire tra quattro cuscini perché nessuno ha interesse a colpirli”. E “al di là di progetti delinquenziali, fatti apposta per avere indebiti vantaggi, affidarsi a un tecnico competente è l’unico requisito chiesto ai condomini”.
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La difficoltà oggettiva di intervenire sul rischio sismico
Naturalmente “istruire e predisporre una partica condominiale richiede parecchio tempo”, il che spiega il successo del Bonus 110% nelle case unifamiliari. Una problematica particolarmente complessa se si considera anche la possibilità di un adeguamento sismico. “Il rischio sismico dovrebbe essere per noi una priorità, dato che Catania è statisticamente tra le città a maggior rischio. Il problema è che fare un intervento antisismico comporta una serie di lavori abbastanza complessi e invasivi nell’immobile tale che sia incompatibile con la vita all’interno del condominio”. Sul totale degli interventi avviati, solo circa il 30 per cento a Catania prevede interventi a valere sul bonus sisma. Ma quasi sempre non si tratta di un adeguamento ma di singoli interventi strutturali che non prevedono di dover lasciare casa nel tempo dei lavori, che spesso superano l’anno per interventi strutturali così complessi. “Questo probabilmente è uno dei motivi per cui si fa riscorso al miglioramento sismici per interventi locali e di ripristino di facile realizzazione, pilastri esposti, sotto-ballatoi, travi esposte ad eventi atmosferici. Sono piccoli interventi, sostanziali ma non invasivi, per salvaguardare la vivibilità”, prosegue l’esperto.
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Il “general contractor” scelta quasi obbligata
Altro punto particolarmente dibattuto, e fonte di preoccupazioni tra i proprietari di immobili in condominio, è quello della ricerca di una azienda edile in grado di eseguire i lavori. La ricerca, ribadisce Musso, non è un incombenza degli inquilini, ma “nei condomini siamo noi tecnici, assieme agli amministratori, a cercare l’impresa. E nella maggior parte dei casi si tratta di general contractor”. La scelta di un “general contractor” a cui cedere il credito d’imposta per interventi così costosi, nei quali le imprese devono anticipare materiali e costi per eseguire la prima parte dei lavori, è quindi quasi obbligata. “Serve infatti il 30 per cento di stato di avanzamento per ottenere i pagamenti da parte dello Stato”. Per i condomini la quota del 30 per cento dei lavori eseguiti è da raggiungere entro il 2023, quindi al momento non ci sono problemi di tempistiche. Discorso invece più complesso per quanto riguarda gli immobili unifamiliari, per i quali la scadenza per il raggiungimento del 30 per cento di lavori eseguiti è il 30 giugno 2021.
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Modifica alla cessione del credito e tempi stretti per le unifamiliari
Le recenti annunciate modifiche alle modalità di cessione del credito, su cui si sono espressi in senso negativo associazioni datoriali come Ance e gli stessi commercialisti siciliani, non dovrebbero mettere in crisi i general contractor che si occupano della quasi totalità dei condomini. Ma “la possibilità di cedere il credito una sola volta rende difficile per una piccola impresa farcela entro i termini. Prima di questo decreto, annunciato per il 7 febbraio, il credito era cedibile infinite volte, l’impresa lo cedeva ai fornitori che a sua volta li cedevano a chi volevano, una sorta di assegno circolare”, spiega Musso. Il risultato di un effettivo cambio di regole in corso d’opera “mette in difficoltà i contratti preesistenti, che prevedevano più cessioni, che di fatto non possono più essere rispettati. Il decreto non è stato discusso, ma soltanto comunicato dal governo all’approvazione. Ci hanno messo davanti al fatto compiuto. Le piccole banche si sono subito tirate indietro, con grave danno delle imprese che hanno dovuto cercare le banche più grosse”.
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Le difficoltà delle piccole imprese
Alle difficoltà legate alla cessione del credito si aggiunge per le piccole imprese inoltre la “mancanza e l’aumento dei prezzi dei materiali che ha comportano non pochi problemi. E mancano anche ponteggi e forza lavoro, oltre che infissi, pannelli di coibentazione, impianti fotovoltaici, pompe di calore e quant’altro. Ci sono lunghi tempi di consegna, che costringono l’impresa a ordinare e pagare in anticipo, per averli dopo due o tre mesi”, prosegue il consulente tecnico di Anammi. Un quadro nel quale “i general contractor sono più avvantaggiati, avendo rapporti con grosse aziende che producono con tempi compatibili, e soprattutto dispongono delle attrezzature necessarie”, conclude l’ingegnere Paolo Musso.
Source: focusicilia.it
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