Il Superbonus edilizio in Sicilia vale quanto un grosso appalto pubblico e solletica gli appetiti delle famiglie mafiose pronte non solo ad aumentare la pressione sulle imprese impegnate nei cantieri con richieste di pizzo e imposizione di fornitori e manodopera ma anche a entrare direttamente nel settore con ditte venute dal nulla e saldamente nelle mani dei clan. Secondo l’ultimo report dell’Enea per il ministero della Transizione Ecologica, in Sicilia si contano 7.214 cantieri che stanno usufruendo del bonus per un investimento complessivo di 1,2 miliardi di euro. La Sicilia fra le regioni italiane è al settimo posto per il giro d’affari legato alle agevolazioni sulle ristrutturazioni.
Ma è anche la regione che storicamente vede l’edilizia fra i settori più minacciati dai clan mafiosi. “I segnali ci sono e sono preoccupanti – spiega Daniele Marannano di Addiopizzo – soprattutto in alcune aree di Palermo e non riguardano solo un aumento delle richieste di “messa a posto” con elargizione di denaro o imposizione di materiali e operai. In alcuni mandamenti come San Lorenzo e Uditore le famiglie mafiose hanno già una loro spiccata capacità imprenditoriale e tentano di entrare direttamente con proprie ditte nel grosso affare del Superbonus. Per i clan fare direttamente impresa è meno rischioso di chiedere il pizzo e magari trovare l’imprenditore che li denuncia. E così a rimetterci sono le imprese sane che devono subire la concorrenza sleale”.
Non è un caso che il governo abbia in tutta fretta con un decreto limitato le possibilità di cessione del credito d’imposta. Dopo i primi casi scoperti dalla Guardia di finanza e dall’Agenzia delle entrate era chiaro che il meccanismo rischiava di diventare per le mafie una grossa lavatrice per i guadagni illeciti. “Il problema esiste – conferma Rino Sciascia a capo delle imprese edili del palermitano aderenti a Confartigianato – ma questo blocco adesso sta strangolando le imprese sane. Bisogna consentire almeno due cessioni del credito se no si ferma l’intera filiera. Piuttosto vanno controllati cantieri e imprese soprattutto quelle che sono nate all’improvviso appena varato il bonus. Noi in questo senso siamo molto attenti a ogni segnale che viene dai nostri associati”.
“In Sicilia nel periodo del Superbonus siamo passati da 3mila a 51mila imprese edilizie – ricorda Paolo D’Anca della Filca Cisl – è chiaro che su questo enorme aumento bisogna vigilare anche se la mafia continua a guardare agli appalti pubblici”. L’attenzione sui cantieri siciliani del Superbonus è, comunque, altissima. Il prefetto di Palermo, Giuseppe Forlani, ha istituito un tavolo permanente con forze dell’ordine, imprese e sindacati. “Vigiliamo su tutti gli aspetti che riguardano la legalità in questi cantieri – spiega Forlani – Dalla regolarità dei contratti alla sicurezza del lavoro fino alla natura delle imprese e alle possibili infiltrazioni mafiose. I clan si sono sempre interessati al settore edilizio e lo fanno ancor di più adesso. Il nucleo dell’Ispettorato del lavoro dei carabinieri segue con molta attenzione soprattutto le nuove imprese e la guardia di finanza i possibili illeciti finanziari legati alla cessione del credito. Abbiamo pubblicato un elenco delle imprese certificate al quale anche i committenti privati posso attingere. Anche loro devono aiutarci a vigilare”.
Perché l’azione dei clan è sempre più subdola: “Noi cerchiamo di sollecitare anche i professionisti del settore – sottolinea il prefetto – dagli architetti agli amministratori dei condomini perché non si tratta solo di fermare le ditte in mano alla mafia e stroncare il racket del pizzo. I clan si presentano spesso come chi “risolve problemi” e con una normativa che richiede tempi stretti e lavori certificati la mafia può offrire false attestazioni, materiali di provenienza illecita, imporre fornitori. Tutta la filiera va coinvolta nell’operazione di legalità perché tutta può essere a rischio”.
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