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Superbonus 110%: chi rischia il carcere? – La Legge per Tutti

La stretta antifrode varata dal Governo introduce un nuovo reato: i professionisti che dichiarano il falso sono puniti con la reclusione fino a 5 anni.

Sono tante, troppe, le truffe sulle erogazioni del Superbonus 110%. Molti hanno approfittato dell’assenza di controlli per cedere crediti fiscali inesistenti. Insomma, c’è chi ha chiesto e ottenuto il rimborso dallo Stato senza aver mai fatto i lavori edilizi, che erano stati soltanto dichiarati sulla carta e fatturati da imprese di comodo. La Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate hanno stimato il giro di affari illecito in più di 4 miliardi di euro.

Così il Governo ha varato una stretta. Il primo giro di vite ha riguardato le cessioni dei crediti fiscali, che da gennaio 2022 sono diventate possibili una sola volta (dall’impresa che ha fatturato i lavori alla banca cessionaria). Questo stop alle cessioni multiple dovrebbe aiutare ad interrompere la catena truffaldina per il futuro, ma il legislatore non si è fermato qui e ha voluto colpire anche a monte, a cominciare dai progettisti degli interventi edilizi agevolati.

Chi rischia il carcere per il Superbonus 110%? Il Decreto Sostegni ter [1], con un correttivo approvato a marzo 2022, ha introdotto una nuova sanzione penale a carico dei professionisti che attestano il falso. Ora i tecnici che mentono sui requisiti per accedere al Superbonus rischiano fino a 5 anni di carcere. I commercialisti non rientrano nella nuova stretta, ma per loro le sanzioni erano severe già da prima, in quanto si applicano le norme di diritto penale tributario.

Attestazioni non veritiere dei professionisti

Nella procedura per ottenere il Superbonus 110% i professionisti del settore edilizio hanno un ruolo chiave: devono attestare gli interventi da eseguire, cioè esporre ufficialmente quali sono i lavori che possono fruire dell’agevolazione.

Le vecchie sanzioni penali sono state ritenute insufficienti per contrastare le frodi; così ne è stata introdotta una nuova [2], che punisce chi, nelle asseverazioni rilasciate per fruire delle agevolazioni, espone informazioni false, anche in merito alla congruità delle spese, oppure omette informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto o sulla sua effettiva realizzazione.

Il tecnico abilitato che compie una di queste condotte è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50mila a 100mila euro. La pena è aumentata se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri.

La nuova norma incriminatrice presenta analogie con quella già presente nella Legge Fallimentare [3] volta a punire le false attestazioni dei professionisti che asseverano la veridicità dei dati aziendali per ammettere l’imprenditore alle procedure alternative al fallimento, come il concordato preventivo.

Tecnici asseveratori: falso ideologico

Le sanzioni penali per i tecnici asseveratori – che sono «esercenti un servizio di pubblica necessità» ai sensi dell’art. 359 del Codice penale – erano già previste dal Testo Unico dell’Edilizia [4] che però si limitava a colpire chi attesta falsamente che le opere realizzate rientrano tra quelle che possono essere eseguite con la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività).

In tali casi la pena era, ed è, la reclusione fino ad un anno, o con la multa da 51 a 516 euro, per il reato di «falsità ideologica in certificati» a norma dell’art. 481 del Codice penale: una sanzione, evidentemente, del tutto insufficiente a punire in modo efficace le false asseverazioni dei “ghiotti” Superbonus, che possono valere svariati milioni di euro ciascuno, specialmente quando riguardano condomini o grossi complessi edilizi. Per questo il legislatore ha inasprito questa blanda pena detentiva introducendo la nuova ipotesi delittuosa che abbiamo esaminato al paragrafo precedente.

Commercialisti: falso visto di conformità

I commercialisti non rientrano nella nuova previsione delittuosa che abbiamo esposto. Essi, però, in quanto soggetti abilitati a rilasciare i visti di conformità sulla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti per ottenere il Superbonus 110%, in caso di falsa certificazione rispondono del delitto di dichiarazione fraudolenta, punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni [5].

Secondo la Corte di Cassazione [6], infatti, l’apposizione di un visto mendace costituisce «un mezzo fraudolento idoneo ad ostacolare l’accertamento e a indurre in errore l’amministrazione finanziaria»: cioè proprio le conseguenze negative che si vogliono evitare con le frodi sul Superbonus 110% e, in generale, sulle altre agevolazioni che consentono di ottenere una detrazione fiscale o un credito d’imposta.

Infine, il professionista che inserisce, nella piattaforma dell’Agenzia delle Entrate, documenti attestanti un credito d’imposta fittizio è responsabile del reato di falsa fatturazione [7] che prevede una condanna da quattro ad otto anni di reclusione. Infatti alle «fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» sono equiparati i documenti che hanno un valore probatorio analogo ai sensi della normativa tributaria. Ovviamente l’emissione di false fatture dovrà essere contestata anche alla ditta che ha così attestato di aver eseguito lavori in realtà fittizi.


note

[1] D.L. n. 13/2022.

[2] Art. 2 D.L. n. 13/2022 e nuovo art. 119, co. 13 bis, D.L. n. 34/2020.

[3] Art. 236 bis R. D. n. 267/1942.

[4] Art. 29 D.P.R. n. 380/2001.

[5] Art. 3 D.Lgs. n. 74/2000.

[6] Cass. sent. n. 19672/2019.

[7] Art. 8 D.Lgs. n. 74/2000.

Autore immagine: depositphotos.com

Source: laleggepertutti.it

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