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Bonus 110, a Cecina cantieri aperti con incognite: le imprese sperano in una vera svolta – Il Tirreno

Tecnici e costruttori concordano: «In teoria è un’eccellenza, ma la burocrazia sta affossando i risultati promessi»

CECINA. Il piano nazionale degli incentivi per la ripresa delle imprese edili ha fruttato al comune di Cecina un picco di interventi, mirati all’efficientamento energetico e alla ristrutturazione di edifici datati. L’iniziativa è stata salutata con entusiasmo, ma alcuni cambiamenti alla normativa in corso d’opera hanno messo in crisi gli operatori, soprattutto quelli incaricati di portare a termine i lavori. Sulla carta i bonus per le ristrutturazioni, compreso il bonus 110, hanno rinvigorito l’economia, portando soltanto nel comune di Cecina 845mila per manutenzione straordinaria, come dichiarato dal sindaco Samuele Lippi: «Abbiamo iniziato nel 2020, ma il grosso è arrivato nel 2021 e adesso. Delle 845 pratiche pervenute circa 70 sono state Cila con superbonus 110, ma almeno l’80% delle restanti hanno usufruito di altre sovvenzioni, come il bonus facciata. C’è stato un bel fermento e speriamo che il governo pensi di trasformare questa realtà in un progetto di lungo periodo, nonostante gli abusi riscontrati, che naturalmente vanno puniti. Dovremmo pensare a rendere il nostro paese energeticamente sostenibile e questa è una sfida da affrontare con la massima urgenza».

Della stessa opinione è l’architetto Gabriele Bulichelli, che sottolinea quanto il bonus 110 e gli altri sostegni alla ristrutturazione siano indispensabili per creare città a minor impatto inquinante: «Il bonus è pensato soprattutto per i condomini, che sono infatti le strutture che più hanno bisogno di interventi sugli impianti energetici. Si tratta di lavorare per un bene comune, per limitare i danni che abbiamo fatto sull’ambiente. La normativa sta migliorando, anche se noi tecnici abbiamo dovuto adeguarci e comprenderne tutti i vari passaggi. Anche le banche hanno avuto problemi a gestire la novità, ma riponiamo veramente molta fiducia in questi incentivi, perché sono un segno di civiltà che può fare la differenza a lungo termine».

Sempre fiducioso si dichiara il geometra Edoardo Topini, direttore tecnico di Costruzioni Il Ponte Srl: «Inizialmente i privati avevano timore e c’era molta incertezza, poi finalmente si sono sciolte le riserve e siamo partiti. Dopo un periodo di crisi per noi è stata una manna e ci ha permesso di rimettere in moto molti settori diversi. Al momento abbiamo dieci cantieri aperti che beneficiano di incentivi, tra bonus 110, bonus facciata e sismabonus, ma nel tempo ci sono state anche difficoltà perché è stata modificata la normativa in maniera un po’improvvisa, con restrizioni che ci hanno rallentato. Sono interventi comprensibili, perché non è giusto approfittarsi di un incentivo pubblico, ma soprattutto per quanto riguarda la cessione del credito è stato un disastro».

Parlando con le imprese edili, la percezione di come si sta evolvendo la situazione è infatti drasticamente più cupa. Il cambio nella normativa del bonus 110 arrivato a novembre 2021 ha rimescolato le carte in tavola a procedure già iniziate, mettendo in difficoltà gli operatori che avevano ormai avviato i cantieri facendo affidamento su una determinata somma a disposizione nel proprio cassetto fiscale. Le imprese hanno quindi visto molti dei propri fondi congelati dagli istituti bancari, diventando paradossalmente i soggetti più penalizzati dalla stretta antifrode. A raccontarci la sua esperienza è Erjon Celhyka, titolare di C. e. Costruzioni di Cecina: «I bonus bene o male sono sempre esistiti, ma la vera rivoluzione è stata quella dello sconto in fattura e della cessione del credito. Fino a novembre 2021 è andato tutto alla grande, effettuavamo i lavori e il mese successivo incassavamo i nostri crediti, era un’iniziativa efficiente e ci permetteva di monetizzare in circa trenta giorni lavorativi. Dopo il decreto antifrode sono arrivati i problemi, perché ci siamo trovati con i cantieri aperti a non sapere più dove recuperare i fondi. Da un giorno a un altro si è congelato tutto, le banche si sono impaurite e non hanno più acquistato crediti. Noi in questo momento abbiamo circa 900. 000 euro in crediti d’imposta non ancora monetizzati, quindi abbiamo dovuto compensare di tasca nostra per non arrestare i lavori, in attesa di uno sblocco dei finanziamenti. Stiamo parlando di grossi debiti ed è una situazione insostenibile, specialmente per le piccole imprese che non hanno grossi capitali».

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