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Trattamento integrativo 2022 tra busta paga e dichiarazione [GUIDA] – Job Fanpage

1 Aprile 2022

Il trattamento integrativo nell’anno 2022 spetta automaticamente in busta paga ai titolari di reddito da lavoro dipendente e assimilati con un reddito complessivo fino a 15 mila euro, laddove l’imposta lorda superi la detrazione per lavoro dipendente. Il trattamento integrativo, ex Bonus Renzi o Bonus di 100 euro spetta anche ai contribuenti con un reddito da 15 mila a 28 mila euro, ma laddove la somma di un elenco di detrazioni e spese, dichiarabili nel 730 o nel modello Redditi, superi l’imposta lorda. Vediamo come funziona la normativa sul trattamento integrativo D. L. n. 3/2020 e L. 21/2020 dopo le modifiche della Legge di Bilancio 2022.

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Il trattamento integrativo (ex Bonus Renzi) è stato profondamente riformato dalla Legge di Bilancio 2022. La nuova normativa sull’ex bonus di 100 euro è stata modificata.

Il limite di reddito per il diritto al trattamento integrativo in busta paga è stato portato da 28 mila a 15 mila euro, determinando per molti lavoratori contribuenti la perdita dei 100 euro in busta paga mensile.

Il trattamento integrativo, di cui all’articolo 1 del Decreto Legge n. 3 del 2020 (Legge n. 21 del 2020), dopo le modifiche della Legge di Bilancio 2022, a far data dal 1 gennaio 2022, può essere riconosciuto dal datore di lavoro automaticamente in busta paga solo nei casi in cui vi sia capienza.

La Legge di Bilancio 2022 ha riconosciuto ai lavoratori dipendenti o comunque ai titolari di redditi da lavoro dipendente e assimilati, la possibilità di beneficiare del trattamento integrativo:

  • nell’ipotesi in cui il reddito complessivo non è superiore a 15.000 euro, qualora vi sia “capienza” dell’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente e assimilati rispetto alle detrazioni da lavoro dipendente e assimilati; in tal caso, il trattamento integrativo è riconosciuto per un ammontare pari a 1.200 euro;
  • nell’ipotesi in cui il reddito complessivo sia superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro, qualora vi sia, oltre al requisito di cui al precedente punto, anche “incapienza” dell’imposta lorda determinata secondo le regole ordinarie, rispetto ad una serie di detrazioni fiscali. In tal caso, il trattamento integrativo è riconosciuto per un ammontare: o pari alla differenza tra la somma delle suindicate detrazioni d’imposta e l’imposta lorda; o comunque non superiore a 1.200 euro annui.

Si tratta di un importante modifica normativa che va approfondita, soprattutto per coloro che hanno un reddito da 15 mila a 28 mila, in quanto come contribuenti devono decidere se richiedere al datore di lavoro il trattamento integrativo in busta paga o rimandare il calcolo di spettanza in sede di dichiarazione dei redditi, quindi con il 730 del 2023 o con il modello Redditi PF del 2023.

Affrontiamo una guida completa sul trattamento integrativo (ex Bonus Renzi di 80 e poi 100 euro).

Trattamento integrativo: modifiche Legge di Bilancio 2022

La Legge di Bilancio 2022 ha modificato il Decreto Legge n. 3 del 2020 recante le “Misure urgenti per la riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente“.

In particolare, l’articolo 1, comma 3 della Legge di Bilancio:

  • alla lettera a), n. 1), ha modificato l’articolo 1 del Decreto Legge n. 3 del 2020, concernente il “Trattamento integrativo dei redditi di lavoro dipendente e assimilati“. La modifica più importante è la riduzione da 28.000 a 15.000 euro del reddito annuale per il diritto al trattamento integrativo di 1.200 euro erogato dal datore di lavoro;
  • alla lettera b), ha abrogato l’articolo 2 del Decreto Legge n. 3 del 2020 che – originariamente previsto in vista di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni – stabiliva una «Ulteriore detrazione fiscale per redditi di lavoro dipendente e assimilati» per i redditi complessivi superiori a 28.000 euro ma inferiori a 40.000 euro.

Il trattamento integrativo costituisce una misura di carattere strutturale mentre l’ulteriore detrazione fiscale rappresenta una misura temporanea adottata in vista di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni. E quindi dal 2022 è stata eliminata.

Trattamento integrativo (ex bonus Renzi) fino al 2021

Per poter capire a pieno come è cambiato il trattamento integrativo dal 1 gennaio 2022, occorre guardare alla differenza tra la normativa in vigore fino al 31 dicembre 2021 e la normativa entrata in vigore dal 1 gennaio 2022.

Vediamo il trattamento integrativo ante 1° gennaio 2022, ossia in vigore fino al 31 dicembre 2021 (busta paga di dicembre 2021).

Prima delle modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2022, l’articolo 1 del Decreto Legge n. 3 del 2020 ((Legge n. 21 del 2020) riconosceva – a condizione che il reddito complessivo non fosse superiore ad una soglia prestabilita – una somma a titolo di trattamento integrativo (c.d. bonus Irpef o bonus 100 euro), determinata in rapporto al numero di giorni lavorativi, in favore dei percettori di reddito di lavoro dipendente e assimilati, la cui imposta lorda, determinata su detti redditi, risultasse di ammontare superiore alla detrazione spettante per lavoro dipendente e assimilati.

Requisiti ex Bonus Renzi fino al 2021

L’articolo 1, comma 1, del Decreto Legge n. 3 del 2020 prevedeva che nelle «more di una revisione degli strumenti di sostegno al reddito, qualora l’imposta lorda determinata sui redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del citato testo unico, è riconosciuta una somma a titolo di trattamento integrativo, che non concorre alla formazione del reddito, di importo pari a 600 euro per l’anno 2020 e a 1.200 euro a decorrere dall’anno 2021, se il reddito complessivo non è superiore a 28.000 euro».

Più precisamente, la normativa sul trattamento integrativo riconosceva, a decorrere dall’anno 2021, una somma a titolo di trattamento integrativo, che non concorreva alla formazione del reddito, di importo pari a 1.200 euro qualora:

  • l’imposta lorda Irpef determinata sui redditi da lavoro dipendente e assimilati risultasse superiore all’ammontare della detrazione spettante per lavoro dipendente e assimilati;
  • e il reddito complessivo non risultasse superiore a 28.000 euro.

Ai fini del riconoscimento del trattamento integrativo, era dunque necessaria la previa verifica della “capienza” dell’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente e assimilati rispetto alla detrazione spettante per le stesse tipologie reddituali, con riferimento al medesimo periodo di imposta, ossia l’anno in corso.

Trattamento integrativo dal 1 gennaio 2022

Vediamo ora come è cambiata la normativa sul trattamento integrativo dopo le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2022.

La nuova formulazione del trattamento integrativo di cui all’articolo 1 del Decreto Legge n. 3 del 2020 a far data dal 1 gennaio 2022 è la seguente:

Art. 1 – Trattamento integrativo dei redditi di lavoro dipendente e assimilati

1. Nelle more di una revisione degli strumenti di sostegno al reddito, qualora l’imposta lorda determinata sui redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del citato testo unico, è riconosciuta una somma a titolo di trattamento integrativo, che non concorre alla formazione del reddito, di importo pari a 600 euro per l’anno 2020 e a 1.200 euro a decorrere dall’anno 2021, se il reddito complessivo non è superiore a 15.000 euro.

Il trattamento integrativo è riconosciuto anche se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro, a condizione che la somma delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, delle detrazioni di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a) e b), e comma 1-ter, dello stesso testo unico, limitatamente agli oneri sostenuti in dipendenza di prestiti o mutui contratti fino al 31 dicembre 2021, e delle rate relative alle detrazioni di cui agli articoli 15, comma 1, lettera c), e 16-bis del citato testo unico nonché di quelle relative alle detrazioni previste da altre disposizioni normative, per spese sostenute fino al 31 dicembre 2021, sia di ammontare superiore all’imposta lorda. Nel caso in cui ricorrano le condizioni previste dal secondo periodo, il trattamento integrativo e’ riconosciuto per un ammontare, comunque non superiore a 1.200 euro, determinato in misura pari alla differenza tra la somma delle detrazioni ivi elencate e l’imposta lorda”.

In neretto sono evidenziate le parti modificate ed aggiunte dalla Legge di Bilancio 2022. Analizziamo come cambia il calcolo dell’ex bonus Renzi.

Trattamento integrativo 2022: a chi spetta in busta paga

Il trattamento integrativo per l’anno 2022 spetta ai contribuenti che posseggono redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del TUIR. Vedremo in seguito quali sono questi redditi.

Il trattamento integrativo spetta in busta paga a coloro che hanno un reddito complessivo fino a 15 mila euro e laddove l’imposta lorda superi la detrazione per lavoro dipendente.

Nell’anno 2021, i contribuenti che ne avevano diritto automaticamente erano coloro che avevano un reddito complessivo fino a 28 mila.

Il trattamento integrativo può spettare, in busta paga su specifica richiesta del lavoratore o in dichiarazione dei redditi, anche ai contribuenti con un reddito complessivo da 15 mila a 28 mila euro, purché titolari di uno dei redditi redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del TUIR.

Vediamo ora di approfondire tutti gli aspetti relativi al trattamento integrativo dal 1 gennaio 2022.

Elenco redditi utili per il trattamento integrativo

La prima cosa da capire è quali redditi rientrano nel calcolo del reddito di 15.000 o 28.000 euro.

Redditi rientranti nel limite di 15 mila euro

Per il calcolo del limite di reddito di 15 mila euro (ex limite di 28.000 euro fino al 31 dicembre 2021), beneficiari potenziali del trattamento integrativo sono innanzitutto i contribuenti il cui reddito complessivo è formato:

  • dai redditi di lavoro dipendente (Ai sensi dell’articolo 49, comma 1, del TUIR «Sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro»);
  • e da alcuni dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l) del TUIR).

I redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente che danno diritto al trattamento integrativo (ex Bonus Renzi) sono i seguenti:

  • compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative (articolo 50, comma 1, lettera a) del TUIR);
  • le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori dipendenti per incarichi svolti in relazione a tale qualità (articolo 50, comma 1, lettera b) del TUIR);
  • somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale (articolo 50, comma 1, lettera c) del TUIR);
  • redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (articolo 50, comma 1, lettera c-bis) del TUIR);
  • remunerazioni dei sacerdoti (articolo 50, comma 1, lettera d) del TUIR);
  • le prestazioni pensionistiche comunque erogate (articolo 50, comma 1, lettera h-bis) del TUIR);
  • compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (articolo 50, comma 1, lettera l) del TUIR).

Per espressa previsione normativa, ai fini della determinazione del reddito complessivo rilevano anche i «redditi agevolati ai sensi dell’articolo 44, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’articolo 16 del decreto
legislativo 14 settembre 2015, n. 147».

Pertanto, per i soggetti che beneficiano dei regimi speciali previsti dalle citate disposizioni, quali i docenti e ricercatori e i cd. “impatriati”, occorre considerare detti redditi per intero ai fini della verifica della soglia del reddito complessivo di 15.000 o 28.000 euro.

Sulla base della medesima disposizione, non rientra nella determinazione del reddito complessivo, il reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.

I redditi assoggettati a cedolare secca sugli affitti devono essere considerati nella determinazione del reddito complessivo rilevante ai fini della verifica della spettanza del trattamento integrativo.

Qualora il contribuente, titolare di redditi che consentono la fruizione del beneficio fiscale (quindi possiede redditi da lavoro dipendente e assimilati), produca anche redditi di lavoro autonomo in regime forfetario, tali redditi devono essere considerati nella determinazione del reddito complessivo ai fini della verifica della spettanza del trattamento integrativo.

Redditi rientranti limite da 16 mila a 28 mila euro

La modifica normativa prevista dalla Legge di Bilancio 2022 effettua un vero e proprio sdoppiamento del sistema di calcolo del trattamento integrativo per i redditi fino a 15.000 euro e per i redditi fino a 28.000 euro.

Per i redditi fino a 15.000 euro come abbiamo visto contano determinati redditi elencati dalla norma, sostanzialmente i redditi da lavoro dipendente e assimilati, ai fini della verifica del superamento dell’imposta lorda rispetto alla detrazione per lavoro dipendente. Il reddito complessivo conta solo per verificare se si rientra nel limite di 15 mila euro (ex 28 mila euro fino al 2021) oppure si rientra nel calcolo del trattamento integrativo per coloro che hanno redditi complessivi superiori a 15 mila euro.

Per i redditi da 15.000,01 a 28.000 euro (ma anche oltre) conta invece specificamente, per espressa previsione della norma, il reddito complessivo ai fini Irpef per entrambe le misurazioni. Quindi tutti i redditi del contribuente, non solo quelli da lavoro dipendente e assimilati, contano sia per verificare, in questo caso al contrario, quanto è l’importo dell’eventuale trattamento integrativo spettante (differenza tra una serie di detrazioni e agevolazioni fiscali rispetto all’imposta lorda, calcolata però sul reddito complessivo, non sul reddito da lavoro dipendente e assimilati).

Trattamento integrativo con reddito fino a 15.000 euro

L’articolo 1, comma 3, della Legge di bilancio 2022 ha ridotto da 28.000 euro a 15.000 euro la soglia di reddito complessivo prevista dall’articolo 1 del D.L. n. 3 del 2020, sopra la quale il trattamento integrativo di regola non spetta, lasciando inalterato l’impianto di determinazione e spettanza dello stesso.

Quindi nell’ipotesi in cui il reddito complessivo non è superiore a 15.000 euro, qualora vi sia “capienza” dell’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente e assimilati rispetto alle detrazioni da lavoro dipendente e assimilati; in tal caso, il trattamento integrativo è riconosciuto per un ammontare pari a 1.200 euro.

Detto in altre parole, per i lavoratori che hanno un reddito imponibile fiscale fino a 15.000 euro, il trattamento integrativo (ex Bonus Renzi) spetta nella misura di 1.200 euro annuali, che vanno riconosciuti dal sostituto d’imposta datore di lavoro in quote giornaliere, quindi 1.200 euro diviso 365 per il numero di giorni di detrazione del mese. Quindi:

  • nei mesi di 31 giorni, spettano 101,92 euro,
  • nei mesi di 30 giorni spettano 98,63 euro,
  • e nel mese di febbraio, che è di 28 giorni, spettano 92,05 euro.

Il requisito per il diritto al trattamento integrativo (ex bonus Renzi) è che l’imposta lorda superi la detrazione per lavoro dipendente.

Calcolo imposta lorda

L’imposta lorda nel 2022 si calcola secondo le nuove aliquote Irpef che per i redditi fino a 15.000 euro, sono confermate nella misura del 23%.

Ciò che è cambiata nel 2022 è la misura della detrazione per lavoro dipendente rispetto all’anno 2021.

Calcolo detrazione per lavoro dipendente

La detrazione per lavoro dipendente nel 2022 è pari a “1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 15.000 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro. Per i rapporti di lavoro a tempo determinato, l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 1.380 euro“.

Mentre la detrazione per lavoro dipendente nel 2021 era pari a:

  • redditi fino a 8 mila euro: “1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro. Per i rapporti di lavoro a tempo determinato, l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 1.380 euro”;
  • redditi da 8 mila a 15 mila euro: “978 euro, aumentata del prodotto tra 902 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 20.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 28.000 euro”.

Reddito minimo per trattamento integrativo

Nel 2022, il requisito dell’imposta lorda Irpef (23%) che supera la detrazione per lavoro dipendente si raggiunge se il lavoratore supera gli 8.173 euro lordi di imponibile fiscale su base annua. Se il lavoratore è inquadrato con un contratto a tempo determinato, il limite oltre il quale spetta il trattamento integrativo, per un rapporto di lavoro durato meno di un anno solare, è di 6.000 euro, perché vi è la detrazione minima di 1.380 euro e quindi l’imposta lorda (23%) deve essere di almeno 1.381 euro.

A confrontare l’imposta lorda mensile con la detrazione per lavoro dipendente ai fini del riconoscimento del trattamento integrativo in busta paga, sarà il sostituto d’imposta datore di lavoro. Ma si può affermare che i lavoratori che hanno un contratto part-time o comunque che hanno un reddito fino a 15 mila euro, riceveranno il trattamento integrativo ogni mese in busta paga.

Esempio calcolo trattamento integrativo con reddito fino a 15 mila euro

Si ipotizzi il caso di un contribuente che abbia un reddito complessivo pari a 14.000 euro derivante esclusivamente da un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (per 365 giorni).

Occorre, innanzitutto, verificare la “capienza” dell’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente rispetto alle detrazioni previste dall’articolo 13, comma 1, del TUIR.

Successivamente occorre appurare che il lavoratore abbia un reddito complessivo non superiore a 15.000 euro e calcolare l’importo del trattamento integrativo spettante tenendo conto che il predetto trattamento va rapportato al periodo di lavoro nell’anno.

Pertanto, per un lavoratore impiegato per l’intero anno 2022 il cui reddito da lavoro è di 14.000 euro, l’importo dell’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente è pari a 3.220 euro (23% di 14.000 euro), la detrazione da lavoro dipendente spettante è pari a 1.880 euro, l’imposta netta sui predetti redditi è pari a 1.340 euro (la prima condizione richiesta dalla norma, relativa alla capienza, risulta, quindi, rispettata).

Atteso che tale contribuente ha un reddito complessivo pari a 14.000 euro per l’anno 2022 e che ha lavorato per 365 giorni, ha diritto a una somma pari a 1.200 euro, a titolo di trattamento integrativo, che non concorre alla formazione del reddito.

Trattamento integrativo con reddito da 15.000 a 28.000 euro

La vera grande modifica normativa riguarda i redditi da 15 mila a 28 mila euro, in quanto la norma ha ridotto da 28 a 15 mila proprio il reddito di riferimento per il diritto al riconoscimento del trattamento integrativo.

Fermo restando il rispetto delle condizioni previste nel primo periodo del comma 1, quindi la verifica della “capienza” dell’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro dipendente e assimilati rispetto alla detrazione per lavoro dipendente, la Legge di Bilancio 2022 ha previsto un nuovo sistema di spettanza del trattamento integrativo per i redditi da 15 mila a 28 mila, con la conseguenza che per i lavoratori l‘ex bonus Renzi non sarà riconosciuto automaticamente in busta paga, ma potrà essere riconosciuto solo in dichiarazione dei redditi l’anno successivo.

E’ stato infatti introdotto tutta una seconda parte all’art. 1 del Decreto Legge n. 3 del 2020, contenente una serie di condizioni per il diritto al trattamento integrativo.

Il trattamento integrativo è comunque riconosciuto – se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro – a condizione che la somma di determinate detrazioni (per carichi di famiglia, per reddito da lavoro dipendente e assimilati, per interessi passivi su prestiti o mutui contratti entro il 2021, per le rate relative alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2021 riferite a spese sanitarie, interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici, nonché a detrazioni previste da altre disposizioni normative) «sia di ammontare superiore all’imposta lorda».

In tale ipotesi, il trattamento integrativo è riconosciuto per un ammontare, comunque non superiore a 1.200 euro, determinato in misura pari alla differenza tra la somma delle detrazioni ivi elencate e l’imposta lorda.

Si tratta evidentemente di un sistema di verifica di spettanza e di calcolo che non può più transitare in busta paga e che va rimandato alla dichiarazione dei redditi.

Tra l’altro è un sistema di calcolo al contrario. Mentre per la normativa sul trattamento integrativo fino a 15 mila euro nel 2022, così come quella che era prevista fino al 31 dicembre 2021, il diritto per il contribuente scatta se l’imposta lorda, calcolata sul reddito da lavoro dipendente, supera la detrazione per lavoro dipendente, nel caso in questione, ossia per i contribuenti con un reddito da 15 mila a 28 mila euro, il diritto al trattamento integrativo scatta se le detrazioni superano l’imposta lorda.

E’ quindi l’ammontare delle detrazioni che superano l’imposta è anche l’ammontare del trattamento integrativo stesso. Non solo, l’imposta lorda non va calcolata sul reddito da lavoro dipendente, ma sul reddito complessivo del contribuente (quindi sommando gli eventuali altri redditi che normalmente vengono dichiarati con il 730 o il modello Redditi PF).

Elenco detrazioni e spese utili per il trattamento integrativo

Per il calcolo del trattamento integrativo effettivamente spettante è necessario tenere conto delle seguenti detrazioni, spettanti per l’anno d’imposta 2022, previste dalla norma in commento:

a) detrazioni per carichi di famiglia (articolo 12 del TUIR);
b) detrazioni per lavoro dipendente e assimilati (articolo 13, comma 1, del TUIR); considerato che il comma 1.1 dell’articolo 13 del TUIR, in vigore dal 1° gennaio 2022, prevede che la «detrazione spettante ai sensi del comma 1» è aumentata di un importo a titolo di correttivo se il reddito complessivo è superiore a 25.000 euro ma non a 35.000 euro, ai fini della determinazione di tale detrazione, si debba tenere conto anche del predetto correttivo;
c) detrazioni per interessi passivi su prestiti o mutui agrari contratti fino al 31 dicembre 2021 (articolo 15, comma 1, lettera a), del TUIR);
d) detrazioni per interessi passivi su mutui contratti fino al 31 dicembre 2021 per l’acquisto o la costruzione dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale (articolo 15, comma 1, lettera b), e comma 1-ter, del TUIR);
e) detrazioni per spese sanitarie superiori a 15.493,71 euro sostenute fino al 31 dicembre 2021 e rateizzate alla medesima data (articolo 15, comma 1, lettera c), del TUIR);
f) detrazioni per spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici sostenute fino al 31 dicembre 2021 e rateizzate alla medesima data (articolo 16-bis del TUIR, attualmente disciplinato dall’articolo 16, comma 1, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90);
g) tutte le detrazioni previste da altre disposizioni normative relative a spese sostenute fino al 31 dicembre 2021 e rateizzate alla medesima data. Si tratta, in particolare, delle rate residue derivanti dalle detrazioni spettanti per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2021 per:

interventi ammessi al c.d. Sisma bonus (articolo 16, commi da 1-bis a 1-septies, del d.l. n. 63 del 2013);
interventi ammessi al c.d. Bonus verde (articolo 1, commi da 12 a 15, della legge 27 dicembre 2017, n. 205);
interventi finalizzati al recupero o al restauro delle facciate degli edifici esistenti – Bonus facciate (articolo 1, commi da 219 a 223, della legge 27 dicembre 2019, n. 160);
interventi di acquisto e posa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica (articolo 16-ter del d.l. n. 63 del 2013);
spese per l’arredo degli immobili ristrutturati – Bonus mobili (articolo 16, comma 2, del d.l. n. 63 del 2013);
spese per l’arredo degli immobili giovani coppie (articolo 1, comma 75, della legge 28 dicembre 2015, n. 208);
spese per acquisto abitazione classe energetica A o B (articolo 1, comma 56, della legge 28 dicembre 2015, n. 208);
spese per interventi finalizzati al risparmio energetico – Eco bonus (articolo 1, commi da 344 a 349, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 – articolo 14 del d.l. n. 63 del 2013);
Superbonus (articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77).

In sostanza, le detrazioni di cui alle precedenti lettere c), d), e), f) e g) afferiscono a spese sostenute fino al 31 dicembre 2021 (quindi anche in anni precedenti al 2021), ma la cui detrazione si protrae nell’anno di imposta 2022 e, eventualmente, negli anni successivi per effetto della rateazione prevista dalla normativa vigente al momento del sostenimento dell’onere.

L’imposta lorda – da considerare per il rispetto della seconda condizione stabilita dal comma 1 del Decreto Legge n. 3 del 2020 per la spettanza del trattamento integrativo per i redditi compresi fra i 15.000 euro e i 28.000 euro – va, invece, determinata secondo le regole ordinarie e non sui soli redditi da lavoro dipendente e assimilati di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del TUIR. Ciò in quanto il riferimento a tali redditi è contenuto solo nel primo periodo del comma 1 dell’articolo 1 del d.l. n. 3 del 2020 e non anche nel secondo e nel terzo periodo del medesimo comma.

Per espressa previsione normativa, inoltre, la somma delle detrazioni previste dall’articolo 1, comma 3, della legge di bilancio 2022 deve riferirsi a «spese sostenute fino al 31 dicembre 2021».

Va da sé che, per la verifica della “incapienza” dell’imposta lorda rispetto alle detrazioni normativamente previste dall’articolo 1, comma 1, secondo periodo, del Decreto Legge n. 3 del 2020, è necessario fare riferimento all’imposta lorda relativa all’anno d’imposta in corso (nella specie, 2022), diminuita delle detrazioni di cui alle precedenti lettere da a) a g), relative al medesimo periodo di imposta (2022).

Esempio calcolo trattamento integrativo: reddito da 15 a 28 mila euro

L’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 4 del 18 febbraio 2022 effettua un esempio di un contribuente che abbia un reddito complessivo pari a 25.000 euro derivante da:

  • un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (per 365 giorni) per un importo pari a 18.000 euro;
  • e da redditi agrari pari a 7.000 euro.

Per l’anno d’imposta 2022, tale lavoratore ha:

  • il coniuge a carico,
  • sostenuto spese per interessi passivi pari a 4.000 euro per un mutuo agrario contratto il 10 giugno 2021;
  • e fruisce della seconda rata riferita a spese, sostenute nell’anno 2021, per interventi di recupero del patrimonio edilizio ex articolo 16-bis del TUIR pari a 3.000 euro.

Occorre, innanzitutto, verificare la “capienza” dell’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente rispetto alle detrazioni previste dall’articolo 13, comma 1, del TUIR.

Successivamente occorre verificare che vi sia “incapienza” dell’imposta lorda determinata secondo le regole ordinarie, rispetto alle detrazioni di cui alle precedenti lettere da a) a g).

Occorre, infine, verificare se il reddito complessivo non è superiore a 28.000 euro e, poi, calcolare l’importo del trattamento integrativo teorico spettante tenendo conto che il predetto trattamento va rapportato al periodo di lavoro nell’anno e deve essere pari alla differenza tra la somma delle predette detrazioni d’imposta e l’imposta lorda. Tale importo non può, comunque, essere superiore a 1.200 euro annui.

Pertanto, per un lavoratore impiegato per l’intero anno 2022 il cui reddito da lavoro è di 18.000 euro, l’importo dell’imposta lorda sui redditi da lavoro dipendente è pari a 3.970 euro, la detrazione da lavoro dipendente spettante è pari a 2.825 euro, l’imposta netta sui predetti redditi è pari a 1.145 euro (la prima condizione richiesta dalla norma, relativa alla capienza, risulta, quindi, rispettata).

Successivamente occorre verificare che vi sia “incapienza” dell’imposta lorda determinata secondo le regole ordinarie rispetto alle detrazioni di cui alle precedenti lettere da a) a g):

  • imposta lorda, pari a 5720 euro;
  • ammontare detrazioni lavoro dipendente, pari a 2.185 euro;
  • ammontare detrazioni per carichi di famiglia, pari a 690 euro;
  • ammontare detrazioni per interessi passivi di mutuo agrario (1.500 x 19/100), pari a 760 euro;
  • ammontare della seconda rata di detrazione di cui all’articolo 16-bis del TUIR, pari a 3.000 euro;
  • totale detrazioni, pari a 6.635 euro.

Nell’esempio appena descritto, la differenza fra imposta lorda e detrazioni è, pertanto, pari a meno 915 euro (la seconda condizione richiesta dalla norma, relativa alla incapienza, risulta, quindi, rispettata).

Atteso che tale contribuente ha un reddito complessivo pari a 25.000 euro per l’anno 2022 (e quindi non superiore a 28.000 euro) e che ha lavorato per 365 giorni, ha diritto a una somma pari a 915 euro, a titolo di trattamento integrativo, che non concorre alla formazione del reddito.

Qualora la differenza di cui sopra risulti di un ammontare pari, ad esempio, a 1.400 euro, spetterebbe, a titolo di trattamento integrativo, una somma pari a 1.200 euro, limite massimo prescritto dall’articolo 1, comma 1, secondo periodo, del Decreto Legge n. 3 del 2020.

Adempimenti del datore di lavoro e dei sostituti d’imposta

Abbiamo appurato che dal 2022 il sistema di calcolo e riconoscimento del trattamento integrativo è totalmente diverso tra i lavoratori e contribuenti con il reddito fino a 15 mila euro ed i lavoratori e contribuenti con reddito da 15 mila a 28 mila euro, vediamo secondo la circolare dell’Agenzia delle Entrate, quali sono gli adempimenti del datore di lavoro e dei sostituti d’imposta.

La circolare stabilisce che “Analogamente a quanto precisato nella circolare n. 29/E del 2020, il trattamento integrativo di cui all’articolo 1 del D. L. n. 3 del 2020 va riconosciuto dai sostituti d’imposta in via automatica, senza attendere alcuna richiesta esplicita da parte dei sostituiti“.

In altre parole, il datore di lavoro deve riconoscere il trattamento integrativo (ex Bonus Renzi) automaticamente in busta paga al lavoratore senza una richiesta esplicita del lavoratore stesso.

La stessa circolare stabilisce che “Tale trattamento va attribuito dai sostituti d’imposta ripartendone i relativi importi sulle retribuzioni relative a prestazioni rese a decorrere dal 1° gennaio 2022 e verificandone in sede di conguaglio la relativa spettanza“.

Viene però indicato l’elenco degli adempimenti che il datore di lavoro deve fare per verificare se il trattamento integrativo spetta automaticamente al lavoratore oppure no.

Dati a disposizione del datore di lavoro

La circolare stabilisce che “I sostituti d’imposta devono determinare la spettanza del trattamento integrativo e il relativo importo sulla base dei dati a loro disposizione, più precisamente, in base:

  • al reddito previsionale relativo all’anno in corso;
  • e alla “capienza” ed alla “incapienza”, come sopra descritte, relative all’anno in corso; a tal riguardo si evidenzia che il sostituto d’imposta è tenuto a verificare la “capienza” e la “incapienza” sulla base delle detrazioni a lui note, vale a dire quelle di cui agli articoli 12 e 13, commi 1 e 1.1, del TUIR (sarebbero le detrazioni per lavoro dipendente, per coniuge e figli a carico), e ad effettuare un conguaglio di fine anno/cessazione; l’eventuale conguaglio definitivo va effettuato in sede di dichiarazione dei redditi presentata dal sostituito”.

La circolare stabilisce quindi che il datore di lavoro effettua il controllo di spettanza del trattamento integrativo sulla base del reddito da lavoro dipendente da un lato e dall’altro lato sulla base delle detrazioni per lavoro dipendente e per familiari a carico.

E’ inevitabile che per i lavoratori fino a 15 mila euro, il datore di lavoro, stante il superamento da parte dell’imposta lorda della sola detrazione per lavoro dipendente, a norma di legge, riconosce il trattamento integrativo.

Per i lavoratori con un reddito da 15 mila a 28 mila euro, siccome il calcolo è ribaltato, la sola somma delle detrazioni conosciute (lavoro dipendente e per familiari a carico) non consente il superamento dell’imposta lorda (secondo le aliquote Irpef) e quindi, di regola, secondo i calcoli datoriali, il trattamento integrativo non viene erogato in busta paga, ma rimandato alla dichiarazione dei redditi.

La comunicazione del lavoratore e accredito trattamento integrativo

La stessa circolare stabilisce che “I sostituti d’imposta devono determinare la spettanza del trattamento integrativo e il relativo importo anche in base ai dati di cui entrano in possesso, ad esempio, per effetto di quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto di lavoro.

L’importo del trattamento integrativo riconosciuto è indicato nella Certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati (CU)“.

Quindi il lavoratore interessato a percepire il trattamento integrativo in busta paga durante l’anno 2022, perché consapevole di averne diritto secondo i calcoli già descritti, può comunicare al datore di lavoro i dati necessari per il riconoscimento del trattamento integrativo. Ma si pone il problema dell’importo effettivamente spettante in quanto il trattamento integrativo riconoscibile è l’esatta differenza tra tutte le detrazioni fiscali (secondo l’elenco di cui sopra) e l’imposta lorda definitiva dell’anno (che in realtà sarà conosciuta solo in sede di dichiarazione dei redditi).

E’ consigliabile l’incasso dei 1.200 euro di trattamento integrativo in busta paga, durante l’anno d’imposta, solo per coloro che per effetto ad esempio delle detrazioni per ristrutturazioni, eco bonus ecc. è sostanzialmente certo che la somma delle detrazioni fa superare l’imposta lorda annuale di più di 1.200 euro. E con certezza.

Recupero a rate del trattamento integrativo in busta paga

La stessa circolare dell’Agenzia delle Entrate stabilisce che “Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del Decreto Legge n. 3 del 2020, qualora in tale sede il trattamento integrativo si riveli non spettante, i medesimi sostituti d’imposta provvedono al recupero del relativo importo. Nel caso in cui il predetto importo superi 60 euro, il recupero dello stesso è effettuato in otto rate di pari ammontare a partire dalla prima retribuzione che tiene conto degli effetti del conguaglio”.

La stessa circolare previsa che “in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il sostituto d’imposta in sede di conguaglio di fine rapporto di lavoro è tenuto a recuperare i benefici fiscali non spettanti in un’unica soluzione, indipendentemente dall’importo, in mancanza di ulteriori retribuzioni sulle quali operare il recupero in maniera dilazionata.

Qualora il recupero del beneficio non spettante non possa avvenire in occasione del conguaglio di fine rapporto di lavoro, ad esempio per incapienza della retribuzione, si applica l’articolo 23, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, secondo cui l’ «importo che al termine del periodo d’imposta non è stato trattenuto per cessazione del rapporto di lavoro o per incapienza delle retribuzioni deve essere comunicato all’interessato che deve provvedere al versamento entro il 15 gennaio dell’anno successivo“.

Come il datore di lavoro recupera il trattamento integrativo

Ai sensi del successivo comma 4 dell’articolo 1 del Decreto Legge n. 3 del 2020, i sostituti d’imposta compensano il credito maturato per effetto dell’erogazione del trattamento integrativo ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Per espressa previsione normativa, i sostituti d’imposta recuperano il credito maturato per effetto dell’erogazione del trattamento integrativo mediante l’istituto della compensazione nell’ambito del modello F24.

Al fine di consentire ai sostituti d’imposta il recupero delle somme erogate, alla compensazione in questione non si applica il limite normativamente previsto.

Il credito d’imposta maturato per effetto dell’erogazione del trattamento integrativo dovrà essere indicato nel modello di Dichiarazione dei Sostituti d’Imposta e degli Intermediari (Modello 770).

L’Agenzia delle entrate con risoluzione n. 35/E del 26 giugno 2020 ha istituito i codici tributo “1701” e “170E”, da indicare rispettivamente nel modello F24 e nel modello F24 EP, denominati “Credito
maturato dai sostituti d’imposta per l’erogazione del trattamento integrativo – articolo 1, comma 4, del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3”.

Trattamento integrativo e contribuenti senza sostituto d’imposta

I contribuenti aventi diritto al trattamento integrativo, le cui remunerazioni sono erogate da un soggetto che non è sostituto d’imposta, possono richiedere il predetto beneficio nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di riferimento secondo modalità che saranno specificate nei modelli delle dichiarazioni dei redditi.

Normativa art. 1 del Decreto Legge n. 3 del 5 febbraio 2020

Vediamo il testo normativo completo ed aggiornato dell’art. 1 del Decreto-Legge n. 3 del 5 febbraio 2020 convertito con modificazioni dalla L. 2 aprile 2020, n. 21, come modificato dal comma 3, dell’art. 1 della Legge n. 234 del 30 dicembre 2021.

Art. 1 – Trattamento integrativo dei redditi di lavoro dipendente e assimilati

1. Nelle more di una revisione degli strumenti di sostegno al reddito, qualora l’imposta lorda determinata sui redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del citato testo unico, e’ riconosciuta una somma a titolo di trattamento integrativo, che non concorre alla formazione del reddito, di importo pari a 600 euro per l’anno 2020 e a 1.200 euro a decorrere dall’anno 2021, se il reddito complessivo non è superiore a 15.000 euro. Il trattamento integrativo e’ riconosciuto anche se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro, a condizione che la somma delle detrazioni di cui agli articoli 12 e 13, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, delle detrazioni di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a) e b), e comma 1-ter, dello stesso testo unico, limitatamente agli oneri sostenuti in dipendenza di prestiti o mutui contratti fino al 31 dicembre 2021, e delle rate relative alle detrazioni di cui agli articoli 15, comma 1, lettera c), e 16-bis del citato testo unico nonche’ di quelle relative alle detrazioni previste da altre disposizioni normative, per spese sostenute fino al 31 dicembre 2021, sia di ammontare superiore all’imposta lorda. Nel caso in cui ricorrano le condizioni previste dal secondo periodo, il trattamento integrativo e’ riconosciuto per un ammontare, comunque non superiore a 1.200 euro, determinato in misura pari alla differenza tra la somma delle detrazioni ivi elencate e l’imposta lorda.

2. Il trattamento integrativo di cui al comma 1 e’ rapportato al periodo di lavoro e spetta per le prestazioni rese dal 1° luglio 2020.

3. I sostituti d’imposta di cui agli articoli 23 e 29 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, riconoscono in via automatica il trattamento integrativo di cui al comma 1 ripartendolo fra le retribuzioni erogate a decorrere dal 1° luglio 2020 e verificano in sede di conguaglio la spettanza dello stesso. Qualora in tale sede il trattamento integrativo di cui al comma 1 si riveli non spettante, i medesimi sostituti d’imposta provvedono al recupero del relativo importo ((…)). Nel caso in cui il predetto importo superi 60 euro, il recupero dello stesso e’ effettuato in otto rate di pari ammontare a partire dalla retribuzione che sconta gli effetti del conguaglio. 4. I sostituti d’imposta compensano il credito maturato per effetto dell’erogazione del trattamento integrativo di cui al comma 1, mediante l’istituto della compensazione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

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