Sul sito ecobonus.mise.gov.it, alla situazione dei fondi residui, emerge che ormai gli stanziamenti per l’acquisto incentivato di moto, scooter e quadricicli (categoria L) sono terminati.
Avanzano 14 euro. Briciole.
Una notizia apparentemente buona: gli incentivi stanziati dal Ministero per lo sviluppo economico (che ci accompagneranno almeno fino al 2026) sono esauriti in appena tre mesi. Gli italiani, quindi, stanno incominciando a migrare verso le due ruote elettriche in numero sempre maggiore.
Ma non è tutto oro quello che luccica. Numeri alla mano, c’è qualcosa che non quadra.
Riepiloghiamo un attimo come funziona l’ecobonus che consente di acquistare un veicolo elettrico: si può ottenere uno sconto secco del 30% sul prezzo del veicolo (quindi Iva esclusa) fino a un massimo di 3mila euro, oppure del 40% sul prezzo del veicolo (quindi Iva esclusa) fino a un massimo di 4mila euro se, contestualmente all’acquisto del mezzo, c’è la rottamazione di una moto o scooter con motore endotermico.
Andando a spanne, e considerando che gli incentivi interessano sostanzialmente gli scooter L1 (equivalenti del cinquantino) oppure gli L3 (corrispettivi del 125 cc termico), si può ipotizzare che l’importo medio erogato per ogni nuova immatricolazione sia equivalente a 1.000 euro. Ebbene, anche a non essere degli scienziati si capisce che 20 milioni di euro – tale era lo stanziamento per il 2022 – diviso 1.000 fa 20mila. Tanti dovrebbero essere i veicoli immatricolati, grazie al supporto dell’ecobonus. E invece…
E invece i pezzi elettrici venduti in Italia nel primo trimestre 2022 sono 3.424. E’ evidente, c’è qualcosa che non va.
I conti chiaramente non tornano. E il nostro calcolo, seppur approssimativo, tiene conto del fatto che anche le vendite dei quadricicli leggeri elettrici, pur influenti nell’economia del mercato elettrico, non possono spiegare una distorsione del genere.
Che cosa può essere successo?
A ben vedere, uno dei problemi potrebbe nascondersi nella modalità per avere accesso all’incentivo. Infatti si può (anzi, si poteva) attingere all’ecobonus prenotandosi attraverso una piattaforma informatica, nella quale era necessario che l’operatore autorizzato inserisse la previsione di acquisto, caricando l’acconto pagato alla Casa costruttrice tramite bonifico. Per far sì che la somma venisse erogata dal Mise, è necessario che l’acquisto venga perfezionato entro 180 giorni.
A tale piattaforma, oltre ai concessionari e ai rivenditori, avevano anche accesso i costruttori stessi. Alcuni dei quali, com’era prevedibile, hanno provveduto a fare delle autoimmatricolazioni. Manovra perfettamente legittima, se fatta con soldi propri. Un po’meno pulita, se fatta in modo massivo, utilizzando risorse dello Stato come gli incentivi.
Qualcuno ha abusato degli incentivi? Oppure c’è chi ha autoimmatricolato dei mezzi in modo spregiudicato per poi reimmetterli in vendita come “Km zero”? O ancora, lo sharing (ricordiamo che anche gli operatori professionali avevano accesso all’ecobonus, con un tetto di massimo 500 mezzi; ndr) ha drogato il mercato degli incentivi? Per ora sono solo supposizioni, ma abbiamo contezza che anche nelle stanze di ANCMA (l’associazione dei costruttori) questo rompicapo sia un argomento caldo di discussione.
Per avere quindi piena contezza di ciò che è accaduto, e quindi per giustificare questa discrasia tra il numero delle immatricolazioni e il rapidissimo esaurimento delle risorse a disposizione, sarà necessario attendere sei mesi da oggi. Trascorsi i fatidici 180 giorni, infatti, questi acquisti di elettrici “prenotati” attraverso la piattaforma dovranno essere in qualche modo portati a conclusione.
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