Lo straordinario ammontare di risorse stanziate dall’Unione Europea potrà contribuire anche a migliorare l’abitare, rendendo le abitazioni più accessibili per le persone e più sostenibili per l’ambiente. La ricerca “Impact of the Recovery Plans on the Social and Affordable Housing Sector”, pubblicata da Housing Europe, analizza i Piani Nazionale di Ripresa e Resilienza approvati dai singoli Stati membri in ottica comparata, indagando in particolare i possibili effetti sull’housing.
Due, in particolare, le leve. Da un lato l’efficientamento energetico, che si traduce in alloggi più vivibili e meno costosi. Dall’altro la costruzione di alloggi per i più vulnerabili. Nel complesso si tratta di investimenti per 53 miliardi di euro a livello continentale, di cui 47,2 per la riqualificazione degli edifici e 5,5 per l’accesso alla casa.
Molte risorse, soprattutto se comparate ai pochi investimenti fatti negli anni su questo fronte, ma ancora non abbastanza per imprimere una svolta alle politiche abitative europee. Secondo il Report of the High-Level Task Force on Investing in Social Infrastructure in Europe, infatti, per migliorare radicalmente la situazione abitativa da qui al 2026 dovremmo investire 342 miliardi nel settore.
L’efficientamento: un’arma a doppio taglio
Come detto la parte più consistente degli investimenti provenienti dal Recovery Fund è dedicata all’efficientamento energetico delle abitazioni, che si traduce in sostenibilità ambientale, minori consumi – e quindi maggiori risparmi – per i cittadini, con la conseguente riduzione della povertà energetica e alloggi più salubri e vivibili. Una sfida importante soprattutto per quella popolazione che spesso non ha le risorse economiche né il capitale culturale per agire in questa direzione. Si noti che il rapporto è stato scritto prima dello scoppio della guerra e letto adesso appare ancora più cruciale.
Secondo quanto riporta lo studio, i Paesi europei investiranno nell’efficientamento energetico circa 47 miliardi di euro. L’Italia è il Paese dove i fondi destinati alla riqualificazione di edifici pubblici – soprattutto per effetto di Ecobonus e Sismabonus – e privati e all’efficientamento energetico raggiungono la cifra più alta (15,4 miliardi), seguita da Spagna (7,8 miliardi) e Francia (5,8 miliardi).
Bisogna però fare attenzione – spiegano gli autori – che questo rinnovamento non avvenga a discapito dell’inclusione abitativa: edifici riqualificati potrebbero infatti causare un aumento dei costi di affitto e vendita, espellendo dal mercato un’ulteriore fetta di popolazione. Inoltre, se l’Italia “sembra fare bene”, ci sono Paesi che non hanno investito sufficienti sforzi per sradicare i propri problemi legati all’abitare, tra cui quello della povertà energetica.
Il fronte della povertà energetica
In tema di povertà energetica diversi Paesi hanno avviato iniziative mirate. L’Austria ad esempio ha stanziato 50 milioni di euro per l’isolamento termico di alloggi di persone a basso reddito (per un totale stimato di oltre 2.000 alloggi). Consapevoli delle difficoltà che spesso queste persone hanno ad accedere ai fondi, parte delle risorse saranno destinate all’accompagnamento progettuale, al disbrigo delle pratiche e alla sensibilizzazione sulla necessità di adeguare i propri alloggi.
Ma sono soprattutto i Paesi dell’Est-Europa – dove i problemi di povertà abitativa e di obsolescenza del patrimonio abitativo raggiungono i livelli peggiori – che concentrano i propri Piani per affrontare il tema della povertà energetica. La Bulgaria investirà tra i 10 e i 17 milioni di euro per cofinanziare progetti di efficientamento energetico di edifici privati, per un totale stimato di oltre 10 mila nuclei familiari. L’iniziativa coprirà il 100% delle spese per i nuclei più poveri, il 50% negli altri casi. La Slovacchia investirà invece 528 milioni di euro per efficientare almeno 30.000 abitazioni, destinando in particolare 50 milioni di euro per caldaie nuove, dal momento che buona parte della popolazione più povera utilizza ancora come combustibili legna e spazzatura.
Da segnalare, infine, l’importanza data nei piano alle comunità energetiche. Sei Paesi hanno infatti previsto politiche per favorire le comunità energetiche. L’Italia è uno di questi, e destinerà oltre 2,2 miliardi di euro per la creazione di comunità energetiche nei comuni sotto i 5.000 abitanti. La Repubblica Ceca investirà 283 milioni, la Spagna 100 milioni, Polonia 97 milioni.
Gli investimenti per l’accesso alla casa
Modeste appaiono soprattutto le risorse destinate alla costruzione di alloggi calmierati; 5,5 miliardi di euro complessivamente. Alcuni Paesi (Portogallo, Spagna, Grecia, Italia, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Lettonia, Romania, Slovenia e Svezia) hanno comunque previsto interventi importanti per incrementare l’edilizia sociale e l’Housing First, dedicato ai più vulnerabili.
Il Portogallo, ad esempio, destinerà a questo scopo il 20% dei suoi fondi: è il Paese che ha presentato i progetti più ambiziosi, con ben 6 programmi che riguardano la casa, puntando a costruire 12.000 nuovi alloggi. Interessante anche il caso della Grecia, che include un programma pilota di 1,3 miliardi di euro con cui finanziare la ristrutturazione di alloggi di proprietà privata che dovranno però essere affittati a costo calmierato a persone indicate dagli enti locali. Il programma si concentrerà sulle città di Atene e Salonicco.
Il PNRR italiano prevede invece la realizzazione di servizi e alloggi per le persone più povere, oltre a soluzioni targettizzate a soggetti vulnerabili, come disabili, giovani e anziani non sufficienti, per un totale di 175 milioni di euro in 3 anni, che saranno in seguito integrati dal Fondo sociale europeo e fondi nazionali (il tema del contrasto alle gravi marginalità attraverso nuovi approcci di housing è peraltro al centro di una recente valutazione del PON Inclusione 2014-2020 curato dai nostri ricercatori per il Ministero del Lavoro).
De-istituzionalizzare la Long Term Care
Altra questione che si interseca inevitabilmente con la casa è quella della cura, in particolare dell’opportunità per le persone con disabilità e/o non autosufficienti di vivere in un contesto che ne salvaguardi il più possibile l’autonomia.
Secondo lo studio, sulla deistituzionalizzazione della cura l’Italia ha un programma eccellente, poiché basato su molteplici misure come incremento dell’edilizia sociale, il potenziamento dei servizi per disabili e anziani non sufficienti, e delle cure domiciliari per le aree svantaggiate attraverso programmi di rigenerazione urbana. Interventi accompagnato dalla Legge delega sulle disabilità, e la riforma riguardante Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale prevista sulla missione Salute del PNRR. Misure che daranno forma alla più ampia riforma del sistema della Long Term Care, su cui recentemente il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza ha presentato la sua proposta di intervento.
Altri Paesi invece si concentreranno soprattutto sull’adeguamento delle abitazioni esistenti. Ad esempio in Belgio una parte dei nuovi alloggi sociali sarà equipaggiata con tecnologie finalizzate a sostenere l’autonomia di disabili e anziani non autosufficienti. L’Estonia investirà oltre 95 milioni di euro per adattare le abitazioni esistenti e sviluppare servizi di cura di comunità.
Le partnership pubblico-privato
Il rapporto di Housing Europe riporta anche come gli obiettivi legati all’abitare si contraddistinguano per le partnership pubblico-private su cui si fondano numerose iniziative, in particolare per quanto riguarda la consulenza e l’accompagnamento dei privati nelle pratiche relative alle operazioni di efficientamento.
Alcuni governi inoltre lavoreranno a stretto contatto con i Comuni, come la Germania, che creerà dei laboratori locali sulla transizione energetica per sviluppare soluzioni innovative per l’approvvigionamento energetico dei distretti urbani; la Polonia, che istituirà un Green Urban Transformation Fund, o la Grecia, che prevede di supportare le città con dei piani urbani locali specifici.
Alcune raccomandazioni
Il rapporto segnala infine alcuni rischi e propone possibili soluzioni. Come si diceva sopra, gli Stati membri spenderanno per l’housing quasi 53 miliardi di euro. Una cifra significativa, soprattutto se comparata ai pochi investimenti fatti negli anni su questo fronte, ma non ancora sufficiente per imprimere una radicale svolta alla politica abitativa europea.
Housing Europe esorta quindi a sfruttare tutti i possibili ulteriori finanziamenti europei per incrementare le risorse disponibili. Un aiuto in questo senso potrebbe arrivare dai fondi strutturali e di investimento europei ma anche da investimenti privati, istituendo fondi specifici sulla base delle soluzioni già sperimentate con successo.
I ricercatori esprimono tuttavia preoccupazioni sulle reali capacità di utilizzo di queste risorse – soprattutto in tema di efficientamento energetico – da parte dei governi locali, dei social housing providers e dei proprietari. Gli enti locali necessitano infatti di adeguate risorse umane – per numero e competenze – che oggi non sono sempre presenti (ne avevamo parlato qui) mentre i proprietari privati vanno sensibilizzati su questa opportunità e accompagnati a gestire richieste e procedure. Occorre quindi potenziare i servizi di accompagnamento e sperimentare nuovi modelli di governance. A questo proposito, la promozione di partnership pubblico-privato-non profit dovrebbe essere secondo gli autori potenziata, usando le risorse europee e nazionali.
Infine, spiegano gli autori, bisogna sempre ricordare che l’esito positivo degli interventi non è solo questione di quanto si spende, ma anche di capacità di saper cambiare la spesa, basandola ad esempio sull’evidenza dei risultati ottenuti (o non ottenuti) in precedenza.
Memento PNRR
Quale comunità vogliamo realizzare grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? È la domanda a cui vogliamo rispondere con la serie “MementoPNRR”.
Link all’articolo Originale tutti i diritti appartengono alla fonte.
I commenti su questo articolo non dovranno contenere quesiti di natura tecnica.