Nuova battuta di arresto al Superbonus e agli altri bonus dell’edilizia. Le due maggiori banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit, non stanno più acquistando nuovi crediti fiscali collegati alle agevolazioni per la ristrutturazione di case e palazzi. Lo riferisce il Sole 24 ore, spiegando che anche i due maggiori soggetti italiani stanno raggiungendo la capienza fiscale massima. A ben vedere, il mercato delle detrazioni sui lavori per la casa non era mai davvero ripartito dopo il duro colpo ricevuto dal decreto “Sostegni Ter”, che, con l’obiettivo di ridurre le frodi che non sono mancate, aveva posto limitazioni alla circolazione delle agevolazioni derivanti da sconto in fattura oppure da cessioni. Un provvedimento che, di fatto, aveva limitato gli acquisti da parte di banche e altri soggetti appunto alla capienza fiscale, in base cioè alle imposte che, negli anni successivi, effettivamente consentono di portare in compensazione le agevolazioni. Il successivo decreto sui crediti fiscali, nel tentativo di correggere il tiro, aveva limitato a tre i passaggi di mano delle detrazioni.
Superbonus e lavori edilizi, le tue domande all’esperto
In ogni caso, però, i paletti sulle operazioni si sono moltiplicati. Basti pensare che, proprio nei giorni scorsi, sia Confartigianato sia Cna Lombardia avevano criticato la nuova politica, più restrittiva, adottata dalle Poste Italiane. La società guidata da Matteo Del Fante, di fatto principale operatore del Paese sui crediti fiscali da bonus edilizi, già aveva bloccato la piattaforma di acquisti subito dopo il “Sostegni Ter” (una cosa simile aveva fatto anche Cassa depositi e prestiti), salvo poi riprendere l’operatività, ma con nuove regole più restrittive. Nel mirino di Cna Lombardia, in particolare, era finita “la decisione di Poste, unilaterale e non preventivamente comunicata, di ridurre il plafond dei crediti cedibili da 500 mila euro a 150 mila euro”, che “ha determinato disagi gestionali e indirettamente danni economici a molti operatori del settore, alcuni dei quali starebbero in queste ore considerando il possibile ricorso a vie legali per ottenere dei risarcimenti”.
Una situazione che ha spinto molti venditori di crediti fiscali a cercare nuovi sbocchi. È dunque in questo scenario che va inquadrato lo “stop” ai nuovi acquisti arrivato da Intesa e Unicredit, che tra le altre cose si sono trovate a fronteggiare una mole molto elevata di richieste, spesso da parte di chi non aveva trovato altri soggetti compratori. Guardando invece agli ultimi dati ufficiali forniti, la banca guidata da Carlo Messina, nella relazione finanziaria al 31 dicembre, faceva sapere che, “dall’inizio dell’operatività, risultano finalizzate richieste di cessione crediti per circa 2 miliardi”. Il gruppo capitanato da Andrea Orcel, invece, sempre al 31 dicembre 2021, segnalava crediti di imposta per 252 milioni, cui vanno sommati impegni per acquisti futuri per 939 milioni.
Banco Bpm, altra banca molto attiva nel settore che pure come Poste e Cdp aveva fermato l’operatività dopo il “Sostegni Ter”, al 31 dicembre, riferiva di “impegni contrattualizzati con soggetti terzi per futuri acquisti di crediti d’imposta per un ammontare complessivo di circa 2 miliardi”. Tale cifra si aggiunge ai 912,1 milioni di euro di crediti d’imposta, in termini di valore nominale, già acquistati alla fine dello scorso anno da parte del gruppo milanese.
Source: repubblica.it
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