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In tema di abuso dei bonus edilizi, l’art. 121 del DL 34/2020 prevede che qualora sia accertata la mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione, l’Agenzia provvede al recupero dell’agevolazione nei confronti del soggetto beneficiario della detrazione.
In tema di abuso dei bonus edilizi, l’art. 121 del DL 34/2020 prevede che qualora sia accertata la mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione, l’Agenzia provvede al recupero dell’agevolazione nei confronti del soggetto beneficiario della detrazione. I fornitori (in caso di sconto in fattura) o i cessionari dei crediti, invece, possono rispondere solo in caso di irregolare utilizzo del credito o di utilizzo in misura superiore a quella spettante, fatto salvo il caso del concorso nella violazione perpetrata del cedente; in quest’ultimo caso, il recupero del credito può essere rivolto anche nei confronti del fornitore o del cedente.
In ordine alle modalità di recupero del credito, la legge di bilancio 2022 (art. 1 commi 31 e ss. della L. 234/2021) ha precisato che il recupero nei confronti del soggetto che abbia ceduto il credito (tramite sconto in fattura o tramite cessione “finanziaria” pura) debba avvenire tramite atto di recupero ex L. 311/2004, relegando il tradizionale avviso di accertamento al solo caso del credito direttamente utilizzato in dichiarazione.
Dato lo scenario, sussistono tuttavia non pochi dubbi in ordine al corretto trattamento sanzionatorio legato all’ipotesi di recupero di crediti indebitamente generati e oggetto di cessione/sconto in fattura. Sul punto, infatti, l’art. 121 comma 5 del DL 34/2020 prevede che “Qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta, l’Agenzia delle entrate provvede al recupero dell’importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti di cui al comma 1. L’importo di cui al periodo precedente è maggiorato degli interessi di cui all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e delle sanzioni di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”.
I dubbi maggiori sorgono nelle ipotesi, non infrequenti alla luce delle notizie di cronaca (giudiziaria) diffuse sulla stampa, di crediti fraudolentemente maturati su lavori mai effettuati.
Fermo restando le conseguenze sul piano penalistico di tali condotte e al di là di esse, ci si domanda a livello tributario quali siano le sanzioni irrogabili con l’atto di recupero.
Il comportamento fraudolento del soggetto che fa figurare lavori mai effettuati su un proprio immobile non pare possa essere sanzionato con la sanzione del 135% ex art. 1 comma 3 del DLgs. 471/97, applicabile al caso di dichiarazione fraudolenta ai fini delle imposte dirette, atteso che la falsità non si riverbera nel modello dichiarativo.
A ben pensare, non pare neppure applicabile la sanzione dal 100% al 200% ex art. 13 comma 5 del DLgs. 471/1997, relativa all’ipotesi dell’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti.
Difatti, nel caso di maturazione fraudolenta di crediti inesistenti e di “utilizzo” a mezzo cessione degli stessi, non si rientra in un’ipotesi di “compensazione” del credito, per cui il comportamento non pare punibile in base a detta norma (salvo propendere per un’interpretazione analogica, evidentemente incompatibile con il principio di tassatività tipico del comparto sanzionatorio).
A ben vedere, allora, il soggetto che ha dato adito alla creazione del credito e tutti coloro i quali sono consapevolmente intervenuti nella catena delle cessioni (spesso adoperata al solo fine di “annacquare” la provenienza del credito), potrebbero rispondere soltanto della sanzione ex art. 13 comma 4 DLgs. 471/1997 che sanziona, in generale, l’utilizzo – latu sensu – di crediti d’imposta in “violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti”, senza alcun esplicito riferimento alla compensazione.
Se detta ricostruzione dovesse essere corretta, in assenza di una sanzione amministrativa tributaria ad hoc, pare si possa ritenere che, nei confronti del beneficiario, così come di ogni altro soggetto consapevolmente intervenuto nella catena delle cessioni, la sanzione irrogabile sarebbe pari al 30%, anche nel caso di maturazione fraudolenta di credito, generato su lavori mai effettuati, con l’intento di procedere ad una cessione dello stesso.
Chi cede è sanzionato nella misura del 30%
Diversamente, la sanzione fra il 100% e il 200% del credito inesistente utilizzato in compensazione, potrà essere irrogata nei confronti dell’ultimo “anello” della catena di cessioni, ovvero nei confronti del soggetto che – materialmente – ha posto in essere la compensazione con il credito inesistente, a patto – si intende – che questi possa considerarsi concorrente nella violazione, ovvero consapevole dell’origine fraudolenta del credito di imposta portato in compensazione.
Tale ricostruzione, sebbene contro-intuitiva, in ragione della gravità del comportamento, pare, tuttavia, la più ragionevole in considerazione dell’attuale quadro normativo, ove non si registra una sanzione specifica per i comportamenti fraudolenti afferenti a queste nuove modalità di utilizzo dei crediti di imposta.
Source: resegoneonline.it
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