Sportelli dell’anagrafe aperti al sabato mattino. L’iniziativa per smaltire l’arretrato è stata presentata come una rivoluzione (per altro già sperimentata in epoca Appendino), anche se alla fine in molti dei Comuni dell’hinterland di Torino da anni gli uffici dove si fanno carte di identità e cambi di residenza sono aperti per uno se non due pomeriggi a settimana. L’idea dell’assessore Francesco Tresso sulle carte di identità sta producendo qualche risultato, ma su altre voci, vedi matrimoni e vedi cambi di residenza, i mesi di attesa sono sempre troppi. Per le nozze si aspettano cinque mesi per avere l’appuntamento per le pubblicazioni, mentre per i cambi di residenza ci vogliono tra i sei e sette mesi.
Colpa della mancanza di personale: a Palazzo Civico tutti stanno aspettando giugno, quando i primi assunti, forse già cento impiegati, andranno a rimpolpare un organico che oggi è di 7.590 persone. Un dato preciso sulla base degli aventi diritto al voto alle elezioni per le Rsu di inizio aprile. “Quattro anni fa – sottolinea Vittorio Mecca, responsabile della Fp-Cgil – eravamo 9.870. È chiaro che i soli ingressi di nuovo personale, di cui abbiamo bisogno come il pane, non siano però sufficienti. È la macchina che va riorganizzata. Il modello è quello di 15 anni fa, ormai, va aggiornato e rivisto”. Mecca non pensa solo all’anagrafe, ma ad altri settori, come i servizi sociali o al personale che lavora nelle scuole, spesso over 55, oppure ai servizi tecnici dell’edilizia privata, che hanno scritto ai sindaco Stefano Lo Russo e a tutte le sigle che rappresentano i lavoratori della Città per denunciare una situazione non più sostenibile. Un’incapacità nel smaltire altre pratiche che potrebbe mettere a rischio le pratiche edilizie per chi deve fare l’ecobonus.
Tutti chiedono più personale, ma i sindacati vorrebbero aprire una discussione, ora che è stata varata anche la riorganizzazione dei dirigenti, con la vicesindaca Michela Favaro, che ha la delega al personale, e con la direttrice generale Alessandra Cimadom, sul modello di lavoro. E su come renderlo più contemporaneo. “Perché quando è stata fatta la carta di identità il Comune di Torino non ha deciso di regalare una Pec a ogni cittadino che rinnovava il documento, oppure mentre si fa la carta di identità non si attiva in automatico un’utenza Spid di identità digitale? È vero, sono costi, ma alla fine la Città non avrebbe un ritorno positivo da questi costi?”, si domanda in maniera provocatoria Mecca.
Non solo il sindacato, però, è convinto che la macchina comunale abbia bisogno di una revisione. “Con la riorganizzazione e la nomina dei dirigenti – dice Favaro a Repubblica – daremo il via ad un primo passaggio. Poi vorremmo verificare anche se è possibile limare tutti i passaggi burocratici inutili e non previsti per legge”. Timbri e verifiche che si potevano fare quando il personale non mancava, quando si sfioravano i 14 mila dipendenti e il Municipio era il primo datore di lavoro della città. “Analizzeremo con la segretaria generale e con la direttrice tutti i regolamenti per renderli meno burocratici, più semplici per i cittadini e per la macchina, eliminando ciò che non è necessario”.
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