ROMA – “Basta con gli interventi una tantum come i 200 euro che andranno nelle buste paga di luglio per chi guadagna fino a 35 mila euro. Questo governo continua a non capire che le persone non arrivano alla fine del mese. La situazione sociale sta diventando esplosiva. Servirebbero 200 euro al mese!”.
Lei cosa propone?
“Questo è il momento – risponde Maurizio Landini, segretario generale della Cgil – di fare scelte strutturali per aumentare i salari e le pensioni a partire da quelli più bassi. Si deve tagliare strutturalmente il carico fiscale su lavoratori e pensionati che sono anche coloro che in questo Paese pagano le tasse”.
Il governo ha già ridotto le tasse rimodulando le aliquote fiscali con l’ultima legge di Bilancio, ora si prospetta un nuovo intervento per tagliare il cuneo fiscale.
“Contro quelle misure fiscali la Cgil insieme alla Uil ha scioperato. La situazione attuale dimostra che avevamo ragione. L’intervento del governo ha, nei fatti, finito per favorire i redditi più alti, quando l’80% dei lavoratori sta sotto i 30 mila euro. L’inflazione è una tassa occulta che colpisce chi guadagna meno ed ora sono tanti i lavoratori e i pensionati che non arrivano a fine mese. Siamo in emergenza ed è bene che il governo lo capisca”.
Ma gli spazi di manovra sono oggi molto più limitati. L’ombrello protettivo della Bce non c’è più. Difficile pensare a nuovo deficit con lo spread che risale. Dove si trovano i soldi per tagliare le tasse?
“Guardi, le risorse ci sono, basta decidere dove andarle a prendere. Penso a tutti i settori che hanno ottenuto extraprofitti durante la pandemia: c’è il settore dell’energia ma anche quello farmaceutico, per esempio. E poi vorrei capire perché, tra l’altro, le tasse sulle rendite finanziarie e sugli affitti, con il meccanismo della cedolare secca, debbano essere inferiori a quelle che gravano sul lavoro. Perché si penalizza il lavoro?”.
Propone di aumentare le tasse sulle rendite e sugli affitti?
“Certo che va fatto, insieme ad una riforma fiscale complessiva fondata sul principio costituzionale della progressività. E propongo anche, se necessario, un contributo straordinaria a carico di chi ha di più. Si chiama solidarietà”.
Facile aumentare le retribuzioni con la leva fiscale. Il sindacato non ha sempre rivendicato di essere “autorità salariale”? Non è anche colpa dei sindacati se gli italiani guadagnano poco?
“Si cominci a rinnovare i contratti scaduti e lo si faccia, come chiediamo, sulla base del tasso di inflazione effettiva e non di quella depurata dai fattori energetici. E poi, proprio perché in Italia c’è un sistema contrattuale importante, si recepisca al più presto la direttiva europea sul salario minimo e si stabilisca per legge la validità erga omnes dei contratti di lavoro certificando anche la rappresentanza delle organizzazioni sindacali e datoriali che li stipulano. Efficacia che deve riguardare non solo i trattamenti economici complessivi ma pure le ferie, la malattia, il Tfr, gli infortuni e gli altri istituti contrattuali, per stabilire una soglia di diritti che valga per tutto il mondo del lavoro. Oggi non è più accettabile che ci sia competizione tra le persone che per vivere devono lavorare. Tra contratti a termine, part-time involontario e tutte le varie forme di contratti in Italia ci son almeno sei milioni di persone che vivono con un reddito annuo loro intorno ai diecimila euro. Le sembra un dato da Paese civile? Le forme contrattuali più assurde, come, tra le altre, il lavoro a chiamata, vanno cancellate e va introdotto un unico contratto di ingresso a contenuto formativo finalizzato alla stabilità occupazionale”.
Se l’economia non cresce, nemmeno il lavoro può aumentare e migliorare.
“Già, per questo sono necessari gli investimenti pubblici e privati. È il momento di costituire un’Agenzia pubblica per lo sviluppo. Ma penso anche che si debbano indirizzare, con le dovute garanzie, le ingenti risorse (oltre 100 miliardi) dei fondi previdenziali verso investimenti che facciano crescere il nostro Paese e creino nuovo lavoro”.
Autarchia finanziaria?
“No, investimenti intelligenti. Da una parte garantisco una quota della mia pensione, dall’altra il lavoro di mio figlio. Il nostro è un Paese con un alto debito pubblico ma anche un alto tasso di risparmio privato che con adeguati strumenti finanziari andrebbe orientato a fare sistema per ricostruire il nostro apparato manifatturiero e dei servizi avanzati”.
Intanto l’Europa ha bandito dal 2035 le auto diesel e a benzina. Sono a rischio 70 mila posti di lavoro. Lei sta con l’Europa o con le imprese che chiedono più tempo per la riconversione?
“Io ricordo che su questo terreno l’Italia ha accumulato una serie di ritardi. È almeno dal 2010 che il sindacato chiede di investire sulle nuove filiere della mobilità sostenibile e dell’elettrico. Ma allora Marchionne e i vari governi al suo fianco sostennero che il futuro non era nei motori elettrici. Oggi siamo costretti a rincorrere. Stesso discorso sulla rete unica di telecomunicazioni”.
Non siete più a favore delle rete unica?
“Certo che la sosteniamo ma il rischio è che ci sia la rete unica e lo spezzatino delle altre attività di Tim. Per questo il 21 giugno scioperano unitariamente i lavoratori di Tim. Su tutte le questioni industriali c’è una grave carenza di iniziativa da parte del governo”.
Eppure gli ultimi dati dell’Istat sulla produzione industriale smentiscono molte Cassandre e dicono che l’Italia, ad aprile, è andata meglio anche di Francia e Germania.
“E questo rafforza il mio giudizio. Abbiamo lavoratori ricchi di creatività, di competenze, di capacità. Oggi, dunque, il tema è fare sistema perché il mercato da solo non metterà mai le cose a posto. Anzi. Servono gli investimenti sul fronte della transizione energetica e climatica ma anche per rilanciare il lavoro privato e pubblico. Non è più tollerabile una situazione di tale precarietà nel sistema di welfare, a cominciare dalla sanità e dalla scuola. Per queste ragioni la Cgil ha promosso per sabato prossimo a Roma una grande assemblea-manifestazione, che si terrà in piazza del Popolo, e avvierà il congresso confederale”.
Un avviso a Draghi?
“No, è una richiesta precisa di cambiare: aumentare i salari e superare la precarietà”.
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