C’è una giungla di bonus «che andrebbe disboscata, valutando quelli che sono effettivamente utili e quelli che non lo sono». Parole del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. La convinzione che con i bonus si stia esagerando è arrivata fin dentro il governo. Soprattutto dopo i dati Enea sul Superbonus a maggio: alla fine del mese scorso sono state prenotati lavori ammessi all’agevolazione per 33,7 miliardi contro i 33,3 miliardi stanziati. «I bonus — dice ancora Giorgetti — hanno svolto un ruolo meritorio, ma meriterebbero una razionalizzazione, appunto, perché sicuramente non posso pensare a un aumento della tassazione» per finanziare gli stessi. È il dilemma davanti all’esecutivo, che da una parte vuole continuare a sostenere famiglie e imprese e dall’altro ha sempre meno margini per farlo. Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, non vuole ricorrere a nuovi «scostamenti di bilancio», cioè al deficit. Quindi, o in Europa si inventano nuovi meccanismi di sostegno comune alla ripresa, sul modello del Recovery fund o del fondo Sure, o non resterebbe che aumentare le tasse, ipotesi esclusa da tutti.
Bonus, i costi per lo Stato
Ma quanti sono i bonus e quanto costano? Fare un censimento non è semplice, perché dallo scoppio della pandemia a oggi sono innumerevoli i decreti varati dal governo. Ci ha provato l’ufficio studi della Cgia di Mestre, concludendo che, anche limitandosi a quelli ancora vigenti, si tratta di «poco più di una quarantina e in questo ultimo triennio (2020-2022) si stima che costeranno allo Stato almeno 113 miliardi di euro». Ma questa cifra non comprende tutti i contributi a fondo perduto né il costo del Superbonus già prenotato.
Da internet al nido
I bonus ancora in vigore abbracciano i campi più disparati. Ci sono quelli per la famiglia: bonus sociale sulle bollette della luce, del gas e dell’acqua; voucher di 300 euro per l’attivazione di Internet veloce; contributo di 60 euro per i trasporti pubblici; bonus decoder Tv; assegno fino a 270 euro al mese sulle spese per l’asilo nido; bonus fino a 600 euro per pagare lo psicologo. Ci sono quelli per imprese e lavoratori: una tantum di 200 euro appena decisa con il decreto Aiuti per lavoratori (e pensionati) con un reddito fino a 35 mila euro; crediti d’imposta per le imprese energivore e gasivore; bonus benzina di 200 euro per i dipendenti; contributi a fondo perduto e i crediti d’imposta per gli alberghi; rimborso fino al 70% della spesa per i Pos; 500 euro una tantum per i docenti per spese culturali. Ci sono quelli per la mobilità: dal bonus per l’acquisto di bici e monopattini al taglio delle accise sui carburanti; dal bonus per l’acquisto di veicoli elettrici e ibridi a quello per la revisione di auto e moto. Ci sono quelli per i giovani: agevolazioni sull’acquisto della prima casa e sull’affitto; bonus cultura di 500 euro per i 18 enni; contributo fino al 50% delle spese per il conseguimento della patente per la guida dei mezzi pesanti.
Boom dell’edilizia
Un capitolo a parte spetta ai bonus edilizi. Che hanno trainato il Pil, ma sono i più costosi. L’Ufficio parlamentare di Bilancio ha calcolato che per il solo Superbonus del 110% il governo ha stanziato finora 33,3 miliardi. La quasi totalità della spesa (più di 32 miliardi e mezzo) è prevista entro il 2027. Solo che basta dare un’occhiata al monitoraggio che fa l’Enea per vedere che al 31 maggio scorso risulta che i lavori ammessi finora all’agevolazione comportano già un costo per lo Stato di 33,7 miliardi. Quindi lo stanziamento previsto è già stato superato mentre la possibilità di chiedere il Superbonus resterà ancora fino alla fine di quest’anno e fino a giugno 2023 per gli Iacp, salvo altre proroghe. E sempre l’Upb calcola che per la proroga dei vari Ecobonus (detrazione dal 50 al 65% secondo gli interventi) fino alla fine del 2024 impegna stanziamenti per complessivi 6 miliardi.
Sprechi e truffe
Il costo di tutti i bonus si è scaricato sul debito pubblico, aumentato di 21 punti percentuali di Pil rispetto al 2019. Inoltre, diversi sussidi sono andati a chi non ne aveva alcun bisogno. Si possono citare casi estremi, come il bonus di 600 euro per i collaboratori che, nel 2020, è finito nelle tasche dei quasi 3 mila navigator, nonostante prendessero uno stipendio pubblico di circa duemila euro. O la decisione, anche questa del governo Conte 1, di cancellare il saldo Irap per il 2019 e l’acconto 2020 per tutti i soggetti con ricavi sotto i 250 milioni, di cui ha beneficiato, per esempio, anche chi produceva mascherine e disinfettanti, realizzando fatturati record. Poi, a fatica, si è fatta strada, soprattutto nel governo Draghi, la linea degli interventi «selettivi» o «mirati», per evitare sprechi appunto. Ma, allo stesso tempo, si è scoperto che «una delle truffe più grandi mai viste nella storia della Repubblica», come l’ha definita Franco in Parlamento, c’è stata sui bonus edilizi. Non tanto sul Superbonus, che fin dall’inizio prevedeva procedure di controllo, ma sulle altre agevolazioni (soprattutto il bonus facciate). Sulle quali sono in corso numerose inchieste della magistratura con ipotesi di reato su un volume di aiuti che già supera i 4 miliardi.
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