A bari un imprenditore edile è indagato con l’accusa di frode, per aver finanziato dei “bonus facciate” senza averne la capacità finanziaria.
Ad essere indagato è un imprenditore edile accusato di frode, per aver finanziato dei bonus facciate fittizi. La guardia di finanza ha effettuato un sequestro preventivo del valore di oltre 140 milioni. A disporre il sequestro la Procura di Bari, per poi essere eseguito dalla guardia di finanza.
La guardia di finanza ha predisposto i sequestri nei confronti di un imprenditore edile di Bari, 11 persone fisiche e 13 imprese. Infatti, queste ultime, risultavano cedenti/cessionarie di questi presunti crediti d’imposta, che riguardavano dei “bonus facciate” inesistenti.
I capi d’accusa sono quelli di emissione di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione, riciclaggio e impiego di denaro e beni di provenienza illecita. La guardia di finanza ha eseguito le operazioni in questione in diverse regioni: in Lazio, in Lombardia, Puglia e Veneto. Sono state disposte le perquisizioni delle abitazioni e degli uffici di tutte le persone coinvolte nell’atto illecito.
Grazie alle indagini della Guardia di finanza, la procura di Bari ha spiegato che è emersa “l’esistenza di un circuito fraudolento volto alla creazione, circolazione, monetizzazione e/o utilizzo in compensazione di crediti d’imposta inesistenti, che gravita intorno alla figura di un imprenditore barese, attivo nel settore edile, e attualmente unico indagato”.
L’analisi dell’Agenzia delle Entrate
A smantellare l’operazione l’Agenzia delle Entrate, che ha condotto un’analisi di rischio sulla spettanza del “bonus facciate”. Si tratterebbe di un bonus che consente di percepire delle somme di denaro destinate al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici, pubblici e privati.
Secondo quando previsto dal bonus, il beneficio consente la detrazione fiscale del 90% delle spese sostenute negli anni 2020 e 2021. C’era inoltre anche la possibilità di utilizzare un credito d’imposta pari al 90% cedibile a terzi e, quindi, monetizzabile. Gli indagati sono accusati di aver commissionato delle opere di recupero edilizia senza avere una capacità reddituale e finanziaria minima necessaria al sostenimento delle spese per i lavori di restauro.
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