Roma, 30 giu. (Labitalia) – “E’ un suicidio politico fare marcia indietro sul bonus 110. Uno strumento che ha creato occupazione, Pil e che rappresenta l’unica vera misura concreta per la transizione energetica, l’efficientamento e la messa in sicurezza del patrimonio abitativo del nostro Paese”. E’ quanto ha dichiarato da Vito Panzarella, segretario Generale FenealUil a seguito dello stop annunciato dal Governo in questi giorni. “Il settore delle costruzioni in crisi da anni -spiega Panzarella- è riuscito ad agganciare un trend di crescita mai riscontrato prima negli ultimi 12 anni, e questo al netto della pandemia e del drammatico conflitto in Ucraina, grazie agli investimenti pubblici rivolti al Pnrr e agli incentivi fiscali che hanno dato un forte impulso soprattutto al comparto privato che, ricordiamolo, rappresenta il 70% del settore. Una crescita importante che si è subito tradotta in occupazione (+112 mila operai, 2022 vs 2020), aumento del valore aggiunto del comparto (+16%) e soprattutto nella riapertura di migliaia di cantieri edili, infrastrutturali (strade, porti, dighe, ponti e viadotti) ma anche di edilizia scolastica e abitativa, edilizia sanitaria e carceraria, e messa in sicurezza ed efficientamento del patrimonio immobiliare, con effetti positivi per l’ambiente e per il mercato immobiliare”. “Per tutto questo -afferma il segretario edili Uil- crediamo sia necessario far sentire la nostra voce a difesa di uno strumento che, come pochi altri, guarda al futuro del paese. Un paese che è in ritardo su molte partite e che deve accelerare il suo sviluppo investendo su innovazione e transizione energetica, una richiesta che viene dall’Europa ma che lo stesso buonsenso ci impone”. Per la Feneal non si può rinunciare ad un provvedimento che consente anche alle fasce sociali meno abbienti di intervenire sugli immobili di proprietà per renderli più sicuri e sostenibili, riducendone i consumi senza anticipare spese troppo onerose per farsene carico in autonomia. “Non nascondiamo le criticità emerse in questi mesi e su cui più volte ci siamo espressi -aggiunge Panzarella- e a cui, in parte, si è data risposta con una serie di provvedimenti che hanno semplificato il meccanismo e favorito l’avvio dei lavori, ma intervenire sulle regole di cessione del credito rischia di diventare il vero ostacolo. Noi siamo convinti che occorre dare certezza alle imprese, agli operatori economici, ai lavoratori e ai cittadini, individuando le migliori soluzioni a ciò che non sta funzionando, attraverso strumenti che consentano di traguardare la fase di passaggio da una normativa ad un’altra e dando continuità e strutturalità alle scelte strategiche, come quella della messa in sicurezza del nostro patrimonio edile residenziale e dell’attuazione della transizione energetica e dell’efficientamento immobiliare”.
Per queste ragioni come Feneal Uil riteniamo opportuno: “ripristinare subito forme di acquisizione dei crediti ceduti a terzi, se tracciati e tracciabili nel periodo 2021-2022, per limitare gli effetti distorsivi dovuti al cambio della normativa in materia di cessione del credito. Un meccanismo che consenta alle imprese di poter monetizzare crediti relativi a cessioni effettuate nel 2021 e nei primi trimestri 2022 ad oggi non monetizzabili a causa del blocco degli acquisti da parte delle banche che dichiarano di aver a loro volta esaurito il plafond delle compensazioni e per raggiungimento della massima capacità fiscale”.
E per Feaneal “a tale finalità potrebbe essere costituito un Fondo Nazionale ad hoc che con meccanismo rotativo sia in grado di anticipare al 100% liquidità alle imprese (riacquistando o acquistando cessioni di crediti) a fronte del recupero anche nelle annualità 2023-2025 dei crediti di competenza delle annualità precedenti. Un riordino complessivo dei vari incentivi per il settore edile (ristrutturazioni edilizie, efficientamento energetico, anti sismico, facciate e restauro, sisma bonus, super bonus), attraverso meccanismi che condizionino l’accesso agli stessi alle sole imprese che possano garantire e dimostrare ex ante alcuni requisiti minimi soggettivi, in termini di qualificazione e di qualità del lavoro (congruità, applicazione Ccnl edile, formazione obbligatoria sicurezza etc)”, aggiunge ancora. “Dilatare i tempi del superbonus 110% almeno fino al 2026 al fine di garantire il raggiungimento di alcuni obiettivi minimi strategici in termini di percentuale di patrimonio immobiliare da efficientare. In tal modo si allenterebbe la pressione che ha portato ad un aumento dei prezzi delle materie prime e all’esplosione di imprese scarsamente qualificate che oggi vanno a colmare il gap tra domanda e offerta dovuto alla mancanza di tempo e di imprese strutturate nel breve periodo”, continua ancora. “Un decalage del massimale detraibile a partire dal 1° gennaio 2023, con ad esempio il 110% limitato esclusivamente ad interventi di condomini che migliorino di una classe sismica o di almeno 2 classi energetiche rispetto alla situazione ex ante e rientrante nelle fasce energetiche più basse (G, F, E, D)”, sottolinea ancora la Feneal. “Per il resto degli edifici privati, non condomini, oltre al “décalage” in termini percentuali, fermo restando la norma che conferma la cessione dei crediti e il 110% per le cosiddette case popolari (Erp), riconoscere la possibilità di cessione del credito in percentuali variabili, in base al reddito del proprietario dell’immobile, o ragionare in alternativa sulla possibilità di slegare gli interventi “trainanti” da quelli “trainati”, sui quali si potrebbe immaginare una percentuale di co-partecipazione economica obbligatoria crescente in base al reddito o all’Isee del proprietario. Lasciare il 110 sull’intervento trainante e prevedere una percentuale di partecipazione crescente sul trainato che di fatto può tradursi come riduzione della percentuale da portare in detrazione”, aggiunge ancora il sindacato. “Introdurre un intervento normativo e di controllo pubblico che eviti alle banche di fare cartello e di sottrarre risorse pubbliche a danno del provvedimento. Non è accettabile che la marginalità delle banche rischi di superare quella delle imprese che eseguono i lavori”, conclude la Feneal.
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