Piacesse o meno il Governo Draghi, è innegabile che il 20 luglio 2022 verrà ricordato come una delle pagine più surreali nella storia politica italiana. In un momento in cui il Paese stringe i denti contro inflazione e strascichi della pandemia, con una guerra alle porte dell’Europa e una crisi energetica dalle conseguenze imprevedibili, saranno in molti a interrogarsi sull’opportunità di un terremoto simile. Specialmente in vista della stagione che apre le porte alla Legge di Bilancio.
Limitandosi al perimetro del mondo dell’auto, gli automobilisti si chiedono anzitutto se ci sarà un’altra proroga al taglio delle accise sui carburanti, in scadenza il 21 agosto. E anche tra gli addetti ai lavori si respira un certo senso di smarrimento. Con chi potrà confrontarsi nell’immediato l’industria, chiamata dall’Europa a una delicatissima ristrutturazione? E che fine faranno i dossier sul tavolo dell’esecutivo, a partire dal fondo per il supporto alle imprese che aspetta di vedere la luce? Proviamo a fare chiarezza sui prossimi capitoli.
Spauracchio energia e carburanti
“Il Governo rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti”, si legge nella nota con cui la presidenza della Repubblica ufficializza il passo indietro del premier. Per capire il territorio in cui ci muoviamo, la chiave di tutto sta in quelle ultime due parole: “affari correnti”. Cosa significano?
In realtà non c’è una sola risposta. Per prassi è lo stesso esecutivo a specificare quali compiti porterà a termine, limitandosi di solito agli atti di ordinaria amministrazione. Non sono quindi ammessi nuovi disegni di legge; ci si può muovere solo per le operazioni già messe in calendario o in casi di emergenze.
E di emergenze ne stiamo vivendo parecchie negli ultimi anni. Perciò non è da escludere che il Governo possa ad esempio agire ancora contro il caro carburanti, spostando in avanti l’attuale orizzonte temporale per mantenere in vigore lo sconto di 30 centesimi al litro su benzina, diesel, Gpl e metano. Magari stavolta con un decreto legge, adottabile “in casi straordinari di necessità e d’urgenza”, come dice la Costituzione.
Considerazioni simili valgono del resto per lo spauracchio delle bollette, i cui precedenti interventi hanno inciso in parte anche sui costi delle ricariche pubbliche. Tutto sta nel capire quale sarà il perimetro degli “affari correnti” che Draghi e la sua squadra decideranno di disegnare, forse già stasera, durante il Consiglio dei ministri.
E l’industria aspetta
Ma ci sono altre carte sul tavolo che rimangono appese e attendevano pazientemente il loro turno per essere discusse. Una su tutte è l’attuazione del Pnrr, che prevede, fra le altre cose, l’installazione di 21.255 colonnine per le auto elettriche. Per gli obiettivi già in fase di attuazione, comunque, non dovrebbero esserci rischi.
Il discorso è invece diverso per altri target, che potrebbero subire una battuta d’arresto. A proposito di ricarica, secondo indiscrezioni si potrebbe tentare di portare avanti comunque il Ddl Concorrenza, dove sono contenute alcune norme per favorire la messa a terra delle colonnine.
Grande incognita come accennato in apertura per il piano di aiuto alla filiera auto, pensato per accompagnare le aziende italiane nella delicata conversione alle zero emissioni. Annunciato insieme agli incentivi nel programma da 8,7 miliardi di euro complessivi da qui al 2030 (700 milioni nel 2022 e 1 miliardo all’anno fino a fine decennio), sarà finanziato con 50 milioni nel 2022 e 350 milioni nel 2023 e 2024, mentre il resto del tesoretto andrà a rimpinguare proprio il fondo ecobonus (da definire la ripartizione per gli anni successivi).
A mancare è però il Dpcm per attuare la misura. Il ministro allo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, aveva promesso tempi relativamente brevi in occasione degli Automotive Dealer Day di metà maggio. Sta di fatto che il testo ancora non c’è e il suo futuro rimane un punto interrogativo. Spetterà invece con ogni probabilità al prossimo Governo attuare i progetti sui chip introdotti con il decreto Bollette di febbraio.
I tavoli automotive
Quasi nessun dubbio invece sul destino dei tavoli automotive, sospesi fino all’arrivo di un nuovo inquilino a Palazzo Chigi. Un confronto tra politica e industria che, a quanto ci risulta, aveva nel frattempo preso anche un secondo canale più ristretto e riservato oltre a quello “ufficiale”.
È dunque evidente che i temi rimasti appesi, anche restringendo il campo al solo settore automotive, sono moltissimi e tutti delicati. L’auspicio ora è che il Paese possa in qualche modo superare i difficilissimi mesi che ci aspettano. Nonostante l’imprevedibilità della nostra classe politica.
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