L’Ance Sicilia chiede allo Stato di favorire lo sblocco immediato dell’acquisto dei crediti fiscali del “Superbonus 110%” da parte delle banche e degli intermediari finanziari e alla Regione di sostenere il sistema creditizio siciliano in difficoltà nell’affrontare questa vicenda. La ricetta, per l’associazione costruttori edili, è semplificare le procedure e sostenere il sistema creditizio. Alle banche l’Ance rivolge un appello per sostenere le imprese sane che operano in condizioni di grande difficoltà. Se i cantieri oggi fermi non dovessero ripartire l’Agenzia delle Entrate potrebbe chiedere ai proprietari degli immobili, con i cantieri fermi da mesi, di restituire le somme percepite più sanzioni perché i lavori non sono stati completati nei termini. E occorre salvare dal fallimento le imprese edili coinvolte che attendono da mesi di recuperare gli investimenti anticipati. “l ricorso al “Superbonus 110%” continua a crescere a dismisura – rileva l’Ance – a luglio ha toccato numeri record”. Secondo l’ultimo report dell’Enea, in Italia lo scorso mese gli investimenti ammessi a detrazione sono saliti a 39,7 miliardi per 223.951 cantieri, cioè 4,5 miliardi in più e +25mila cantieri in un mese rispetto ai 35,2 miliardi di giugno per 199.124 interventi. Anche in Sicilia l’incremento segue questa proporzione a luglio, con 15.427 ristrutturazioni per 2,7 miliardi di spese asseverate (erano 13.855 i cantieri a giugno per 2,4 miliardi di euro). «Uno studio dell’Ance nazionale dimostra che allo Stato il “Superbonus 110%” in realtà costa solo il 53% di quanto spende, perchè il 47% rientra nelle casse pubbliche sotto forma di tasse, Iva e contributi vari. A conti fatti, su 38,7 miliardi di crediti ammessi a detrazione a giugno, 18,2 miliardi rientrano allo Stato e 13,9 miliardi sono finanziati dall’Ue, quindi il costo effettivo per il bilancio pubblico nazionale è di appena 6,6 miliardi». Banche e intermediari, secondo quanto le imprese riferiscono all’Ance Sicilia, o continuano a non acquistare crediti perché ancora non sanno bene come e a chi cederli, oppure per coprirsi da eventuali rischi li svalutano eccessivamente: su ogni 110 euro ne pagano 97 e anche meno, contro i 100-103 di poco tempo fa. Costringendo molte imprese che non hanno sufficiente liquidità in cassa a rivolgersi a società finanziarie che, pur valutando di più il credito, chiedono interessi altissimi al limite dell’usura”.
Source: corrierediragusa.it
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