Alcuni commercianti possono tenere aperto, ma le attività sono tutte vietate «In questo modo ci sono negati i ristori: è una solenne presa per i fondelli»
IVREA. Il Piemonte, come altre nove regioni, è passato in zona rossa e questo cambiamento di colore comporta nuovamente severe restrizioni alla mobilità, al commercio e alle attività all’aperto. Nella vendita al dettaglio di articoli sportivi emergono curiose e anche drammatiche differenze negli effetti prodotti dalle nuove regole. Sara Francescotti, titolare dell’Armeria K in corso Vercelli, evidenzia una contraddizione: «Mi è consentito rimanere aperta perché ho un codice Ateco da articoli sportivi ma l’attività nei poligoni e la caccia sono sospesi. Potendo solamente offrire al pubblico armi e munizioni per lo sport, e non per altri scopi, potrei esclusivamente vendere ciò che non si può usare! – dice e prosegue – Il poter tenere le saracinesche alzate non mi dà il diritto di ricevere i ristori previsti per cui sono costantemente in perdita. Accetto la situazione, pensando che il poco che si realizza rimanendo aperti sia comunque meglio di niente». Un’esperienza simile è quella che sta vivendo Egle Vesco, contitolare di Sporting House in via Torino, specializzato in articoli per la montagna: «È un disastro. Abbiamo perso la stagione sciistica sia come vendita degli articoli per gli sport invernali che come noleggio e manutenzioni dell’attrezzatura per la loro pratica. Speriamo che ci sia una ripresa con le escursioni estive e che il prossimo inverno tutto torni alla normalità» auspica Vesco, e conclude: «Noto una difficoltà nel comprendere le norme: il cliente tende a non uscire, un po’ per la paura del contagio e un po’ per quella delle sanzioni. Occorre più chiarezza». Ma tutti concordano che «restare aperti con le attività chiuse è una presa per i fondelli».
Enrico Demartini, giovane addetto alle vendite di Abc Bike, rivela una diversa situazione: «Non possiamo lamentarci. Dopo il lockdown totale della primavera scorsa i bonus mobilità estivi ed autunnali ci hanno agevolati» dice. «La richiesta di bici continua e la Federazione ciclistica ha emanato una tabella che definisce nel dettaglio le modalità e i limiti territoriali consentiti per gli allenamenti. Con la zona rossa abbiamo comunque subito un calo, ma non minimamente paragonabile a quello di altre imprese, come ad esempio quelle che operano nel campo della ristorazione», conclude Demartini. Dalle due ruote alla corsa. Nel negozio Gymmy Sport, in piazza Balla, Giorgio Soggia si sofferma sull’aspetto psicologico: «La gente non sa come comportarsi. Ci chiamano chiedendoci se siamo aperti, se possono venire – osserva – L’inizio di ogni zona rossa porta fisiologicamente ad un deserto, la città si svuota. Per l’esperienza maturata so però che, dopo una settimana, la clientela riprende ad affluire nel punto vendita. C’è comunque paura, acuita ora dalle ultime notizie che mettono in discussione la qualità dei vaccini per i loro effetti collaterali», continua l’imprenditore.
Soggia condivide infine un’osservazione sulla confusione che si può generare nell’interpretazione delle prescrizioni: «Si può uscire di corsa anche dal proprio Comune in tenuta da allenamento mentre si può solamente camminare in prossimità di casa. Durante la corsa può subentrare un affaticamento che induca il podista a procedere di passo. Cosa avviene se in questo frangente si viene fermati per un controllo?». In questo tempo predominano ancora e sempre molte incertezze che non sono solo di carattere medico-scientifico ma anche, troppo spesso, di carattere normativo. —
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