I due gas più utilizzati negli edifici sono il metano e il G.P.L.: il primo in genere viene distribuito attraverso una rete di tubazioni, il secondo è destinato all’utilizzo in luoghi in cui la rete non è presente, per cui viene stivato in depositi vicino ai luoghi di utilizzo, e portato sul posto attraverso dei mezzi specifici, per questo servizio, sotto forma liquida o semiliquida.
Entrambi però fanno parte di una famiglia di combustibili più ampia: quella dei Gas Naturali.
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Alla luce degli ultimi fatti di cronaca sulla guerra Russia-Ucraina, va specificato che la Russia è il secondo produttore di gas naturale a livello mondiale (di cui il metano rappresenta il 90%). Considerate le sanzioni che la comunità internazionale sta applicando alla Russia come condanna all’invasione dell’Ucraina non è da escludere che la Russia nei prossimi mesi non risponda diminuendo o bloccando le forniture del gas ai paesi occidentali e alla Comunità Europea.
Il tema quindi è di grande attualità. Prima di concepire come e con cosa rimpiazzare il gas, dobbiamo domandarci a quale scopo è attualmente destinato.
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Perché il gas è così importante per gli edifici?
Il gas è utilizzato nelle nostre abitazioni come combustibile per produrre energia termica, principalmente per:
- il riscaldamento degli ambienti;
- la produzione dell’Acqua Calda Sanitaria (da ora in poi A.C.S.);
- la cottura dei cibi.
Valutiamo questi tre aspetti uno per uno a partire dal riscaldamento.
Riscaldamento
Per ridurre l’utilizzo di qualsiasi tipo di combustibile prima di tutto dovremo isolare bene gli edifici. Questo è un obbligo per gli edifici nuovi che a partire dal 2021 dovrebbero essere NZEB (Nearly Zero Energy Building) e dovrebbe esserlo anche nella riqualificazione degli edifici esistenti (ai sensi del DM Requisiti Minimi e dei parametri necessari ad ottenere le agevolazioni, Ecobonus e Superbonus).
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Se non si agisce sull’involucro dovremo orientarci sugli impianti termici. Un primo modo per evitare l’utilizzo del gas è quello di orientarci verso altri combustibili. Non considerando i derivati del petrolio che sono stati esclusi in Italia per ragioni simili a quelle odierne per il metano dalla prima crisi energetica (anni ‘70 -Guerra del Kippur), la prima alternativa che abbiamo a portata di mano è quella di utilizzare biomasse: legna, cippato, pellet.
Questo tipo di combustibili con un’adeguata ripartizione dei suoli da dedicare a questa attività, una conveniente politica di tenuta dei boschi e una conseguente programmazione dei tagli, potrebbe dare degli ottimi risultati. Gli impianti però dovrebbe essere convertiti all’utilizzo del combustibile solido, si dovrebbe cambiare i generatori ma soprattutto bisognerebbe dotare le abitazioni di spazi adeguati all’approvvigionamento di questi combustibili.
Chi ha attualmente il pellet sa che per una casa di 100mq il consumo può essere di diversi sacchi la settimana e quindi ad inizio stagione di riscaldamento in generale fa degli approvvigionamenti e ad inizio installazione dedica un locale dell’abitazione a questa funzione. Questo aspetto ci fa capire subito che questo tipo di alternativa, se non esclusiva, si adatta bene a contesti rurali o suburbani.
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Va inoltre vagliato attentamente le emissioni prodotte dalla combustione visto che in alcune regioni a causa dell’aumento delle polveri sottili è contrastato questo tipo di generazione, a meno che non venga dimostrato che si rispetti tutte le normative a carattere ambientale (classe 5 di emissione NOx).
L’alternativa che abbiamo a portata di mano è quella di convertire l’energia elettrica in energia termica per il riscaldamento. Ci sono due modi per farlo.
Uno meno efficiente, cioè quello di utilizzare l’effetto Joule ovvero utilizzare un circuito elettrico come una resistenza per riscaldare l’aria degli ambienti o l’acqua dei terminali. Su questo principio si basano i pannelli radianti elettrici e i termoconvettori elettrici. In questo caso il rapporto tra energia termica prodotta e energia elettrica consumata è 1:1 per 1 kWh elettrico consumato viene prodotto 1 kWh termico.
L’altro modo, più efficiente ed intelligente è quello della pompa di calore (per approfondire consigliamo la lettura del volume, di Enea Pacini, Efficienza energetica degli impianti tecnologici, edito da Maggioli Editore). La pompa di calore in realtà è una macchina che non produce calore ma lo sposta. In altre parole preleva dall’ambiente esterno e convoglia all’interno degli ambienti confinati. In termini energetici la temperatura minima assoluta è -273,15°C , solo in quelle condizioni è registrata mancanza di calore, quando in inverno all’esterno abbiamo temperature inferiori agli 0°C abbiamo ancora presenza di calore. Tale calore però più disperso, meno concentrato. Il compito della pompa di calore è quello di trasportarlo all’interno e di concentrarlo fino a creare quelle temperature necessarie al comfort degli ambienti abitati.
La pompa di calore per essere azionata però ha bisogno di elettricità. Il C.O.P. è l’indice che esprime il rapporto tra l’energia termica “prodotta” e l’energia elettrica consumata dalla macchina per svolgere questo lavoro. Questo rapporto attualmente si aggira intorno mediamente intorno a 4 ed è testato nelle pompe di calore aria-aria con 7° esterni e 20° interni e nella pompe di calore aria-acqua con 7° esterni e 35°-45°-55° dell’acqua nei terminali. Questo rapporto va considerato però che è variabile più le temperature esterne sono basse, più la temperatura interna richiesta è alta e più le macchine durano fatica a svolgere il lavoro per cui i COP si abbassa a 3, 2.5, 2…
Quanto detto si riferisce principalmente al riscaldamento.
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Facciamo delle valutazioni sull’Acqua Calda Sanitaria
Vedete bene che produrre A.C.S. (Acqua Calda Sanitaria) con le biomasse non è problema solo che tecnicamente il combustibile solido ha più inerzia termica, e mal si presta alla produzione in istantaneo, per cui l’impianto va concepito con con un accumulo di termico in più quello per l’ACS che verrà riscaldato durante il periodo di accensione del riscaldamento. Nessun problema a meno che non vi siano delle restrizioni sugli spazi tecnici da dedicare alla produzione del calore. Vista però la produzione in alte temperature (70-80°) l’accumulo può essere relativamente piccolo e facilmente installabile.
L’accumulo è richiesto anche per la pompa di calore, ma per ragioni diverse. Innanzitutto la produzione di ACS in pompa di calore è quasi da escludere in istantanea (a meno che non si usi scambiatori particolari come quelli prodotti dalla Daikin oppure pompe di calore a CO2 come quelle brevettate da Mitsubishi), visto che la produzione dell’acqua calda si limita per ragioni tecnologiche a 55°.
Il bollitore è richiesto per due motivi, uno è dovuto alla piccola potenza delle pompe di calore, (che vengono dimensionate per il riscaldamento e non per l’ACS) che ci porta necessariamente verso l’accumulo, ma non solo, gli accumuli diventano particolarmente grandi visto la temperatura più bassa di accumulo (in genere 45-50° che possono salire a 60° solo per cicli anti-legionella).
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Diamo ora uno sguardo alla questione cottura dei cibi
Se invece di utilizzare il gas impieghiamo, la legna non ci sono problemi (eccetto quello di avere lo spazio necessario per lo stoccaggio, vedi sopra). Se decidiamo di ricorrere all’elettricità ci dobbiamo dotare di piani cottura con piastre ad induzione. Innanzi tutto tale sistema obbliga a cambiare modo di cucinare e tipi di pentole (cosa non sempre gradita a noi popolo di buongustai) ma oltre tutto dobbiamo tenere di conto che l’induzione è una tecnologia che per ora consuma molta elettricità o per lo meno ha bisogno di potenze importanti.
Infatti un piano ad induzione a quattro piastre può avere una potenza di oltre 6 kW. Va tenuto di conto però che non tutte le piastre sicuramente vengano utilizzate contemporaneamente e che ogni piastra che mediamente si attesta intorno a 2000W una volta accesa gradualmente abbassa i consumi fino ad 1/5 o 1/6.
Fatte queste considerazioni sulle due alternative più probabili per attrezzare l’ abitazione senza gas, biomasse o energia elettrica, se viviamo in contesto urbano e propendiamo per l’energia elettrica, il modo per risparmiare veramente è quello strutturare l’impianto elettrico per potenze più alte (almeno 9-10kW per la famiglia tipo) e di dotarsi di un impianto per la produzione di energia elettrica.
Va da se che se il contesto lo permette, dovremo orientarci verso il fotovoltaico.
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Attenzione però il fotovoltaico è una gran cosa, però produce solo di giorno e produce di più se c’è bel tempo. Ragion per cui se veramente si sta pensando di fare una riconversione dal gas all’elettricità, dovremo valutare di utilizzare sistemi di accumulo (batterie di accumulo di energia elettrica e/o bollitori ancora più grandi per l’accumulo di energia termica) e avere un impianto elettrico intelligente (domotico) che sia in grado di ottimizzare i consumi e indirizzare nella direzione giusta le extra produzioni di energia che altrimenti sarebbero disperse/regalate al gestore dell’energia.
Consigliamo la lettura dei volumi
Efficienza energetica degli impianti tecnologici
Enea Pacini, 2019, Maggioli Editore
Il sistema edificio-impianto è di fondamentale importanza per ottenere prestazioni energetiche ottimali e rispondere così alla crescente esigenza di realizzare o trasformare manufatti edilizi a bassa efficienza in strutture con alte o altissime prestazioni. Purtroppo, gli impianti…
Sistemi Fotovoltaici
Alessandro Caffarelli, Giulio de Simone, Angelo Pignatelli, Konstantino Tsolakoglou, 2021, Maggioli Editore
Il volume è una guida completa i) alla progettazione degli impianti fotovoltaici grid-connected, anche dotati di sistemi di accumulo, ii) alla presentazione degli interventi di manutenzione per ottimizzarne le prestazioni, iii) alla trattazione delle tematiche…
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