La nuova mobilità non è solo elettrica. O, se preferite, senza emissioni. L’automotive, con questo vento di cambiamento, si è data anche altri obiettivi, ancora più ambiziosi. Uno su tutti la guida autonoma e scusate se è poco. L’innovazione è talmente epocale da attrarre tutta l’industria del futuro, capace di mettere sotto sopra tutti i mercati finanziari globali. Il settore automobilistico non era mai stato così al centro del villaggio. Nemmeno nel secolo scorso quando la motorizzazione di massa s’impose cambiando le abitudini dell’umanità. Qualche giorno fa, nella terra dell’innovazione e del software che è il Far West americano, nella capitale del gioco e delle luci di Las Vegas, si è scritta una pagina storica nel mondo delle quattro ruote. E non si tratta di rispetto ambientale o di lotta ai cambiamenti climatici in senso stretto. Nel circuito ovale della città del Nevada, all’ombra dell’avveniristico CES (Consumer Electronics Show) unico sulla Terra, si è svolta la prima “vera” gara della storia riservata a monoposto senza pilota. Una competizione che ha avuto il boost e la copertura di Gary Shapiro e Karen Chupka, gli animatore della fiera delle meraviglie. In realtà questo tipo di vetture aveva già dimostrato di poter funzionare lo scorso 23 ottobre nella patria della velocità. Sull’International Motor Speedway (IMS) di Indianapolis – che il 26 maggio del 1910 ospitò la 500 Miglia, prima corsa in circuito mai organizzata diventando il tempio del motorsport – è andata in onda un’esibizione riservata alle auto a ruote scoperte che vanno da sole.
NEL TEMPIO DELLA VELOCITÀ
Non si tratta di una corsa “virtuale”, peraltro svoltasi con successo nel periodo del lockdown attirando piloti professionisti anche di F1. E nemmeno di bolidi pilotati con il joystick dai box o dalle tribune. Le vetture ai nastri di partenza erano in carne ed ossa, del tutto in grado di sfrecciare in autonomia grazie all’intelligenza artificiale della loro centrale elettronica che analizza e decripta i milioni di dati in tempo reale captati dei sensori Lindar, dai radar e dalle telecamere. Se è vero come è vero che il motorsport è il banco di prova più estremo per collaudare le innovazioni tecnologiche, siamo ad un passo importante. Qual è, dunque, il giorno più storico? L’autunno dell’Indiana o l’inverno del deserto dell’azzardo? Entrambi. Si tratta di un percorso, quindi il passo successivo è sempre evolutivo. Sul catino più celebre del mondo c’è stato il “day one” dell’Indy Autonomous Challenge (AIC) powered by Cisco, un’iniziativa di cui fanno parte 9 team in rappresentanza di 21 Università di 8 Paesi con la finalità di sviluppare la guida autonoma da corsa che farà da precursore ai dispositivi d’assistenza su strada (gli Adas) capaci di cambiare la vita anche alle vetture di produzione. Prima o poi faremmo a meno del volante e dei pedali, di tutto il posto di guida. Il 23, quindi, è stata più una kermesse dimostrativa dove le speciali monoposto di Formula Indy opportunamente adeguate si sono sfidate in giri dimostrativi a cronometro, rinunciando ai duelli. Anche se non c’è stata battaglia corpo a corpo, il debutto ha sempre il suo fascino, per di più nelle tana dei motori. E il montepremi era veramente ricco: per il vincitore l’assegno è stato di un milione di dollari. Ad incassare la cifra il team tedesco, rappresentato dell’Università bavarese di Monaco. La vettura germanica della “Technische Universitat Munchen” ha preceduto e-Novia Polimove del Politecnico di Milano in collaborazione con l’Università dell’Alabama che ha raggiunto una velocità di punta superiore alle 150 miglia orarie ma è stata meno incisiva nella media sul giro che era quello che contava. Appuntamento a Las Vegas dopo poco più di due mesi per la rivincita con un montepremi più basso che riservava al gradino più alto del podio un bonus di 150 mila dollari.
ALGORITMI SOFISTICATI
Questa volta a trionfare sono stati gli italiani e di tricolore c’è molto in questa iniziativa poiché anche la parte meccanica delle monoposto (la AV-21) è realizzata a Parma della Dallara che ha grande esperienza negli ovali essendo la fornitrice ufficiale dei telai in carbonio di Indy da parecchi anni. Ma il confronto nell’AIC e su un’altra onda, su complessi algoritmi che permettono alle monoposto di sapere sempre dove sono e dove si trovano gli avversari grazie a rilevazioni Gps di precisione millimetrica. Da Indy a Las Vegas il passo sembra breve, ma non lo è affatto. Dal cronometro la sfida è diventata un duello e le squadre partecipanti hanno corso sempre una contro l’altra. Ad ottobre bisognava tener presenti solo le curve sull’asfalto ed i proverbiali, tosti, muretti. All’inizio di gennaio entravano in ballo anche i parametri della monoposto avversaria che era in pista. Polimove si è presa la rivincita proprio su Monaco dimostrando che anche le Università delle città all’avanguardia in Europa sono ai vertici nella tecnologia avanzata. «Oggi è stato il vero giorno di nascita delle corse automobilistiche per veicoli a guida autonoma – commenta il professore Sergio Savaresi, team leader del Politecnico di Milano – La ricerca sulle auto a guida autonoma certamente beneficerà di questa storica pietra miliare».
IL MADE IN ITALY
Anche Vincenzo Russi, “co-founder” e Ceo di e-Novia, che supporta la spedizione italica, mostra la sua soddisfazione: «Siamo orgogliosi di questo straordinario risultato in una competizione internazionale che ha coinvolto i principali Atenei del mondo. È la dimostrazione del livello di innovazione e preparazione che l’Italia può vantare in questo ambito. E-Novia ha contribuito, con i suoi professionisti, a sviluppare l’eccellenza di un modello industriale in grado di fornire soluzioni evolute e all’avanguardia per la mobilità sostenibile del futuro». La AV-21 è realizzata dalla Dallara in collaborazione fra le due sedi sulle due sponde dell’Atlantico, quella centrale a Varano de Melegari e quella Usa, nei pressi dello Speedway di Indianapolis. Le monoposto sono curate in pista dagli specialisti della Juncos Hollinger Racing, un team già vincitore del Campionato Indy Lights. Ora l’AIC andrà avanti con altre battaglie e due obiettivi primari da affrontare. Il primo è aumentare la velocità di percorrenza perché si è ancora un po’ lontani dalle Dallara guidate dai piloti veri durante la 500 Miglia. Poi c’è da aumentare il numero dei protagonisti perché ogni vettura in più sul tracciato aumenta in maniera esponenziale la mole di dati da elaborare. Più velocità, meno distanza, cresce la complessità. Il sogno è arrivare a 33 bolidi autonomi, come la vera 500 Miglia e raggiungere il traguardo senza incidenti. Il target finale dell’Autonomous Drive è proprio questo: azzerare le vittime della strada.
Link all’articolo Originale tutti i diritti appartengono alla fonte.