In tema di barriere architettoniche il legislatore ha inteso
emanare, sin dal 1989, un corposo bagaglio normativo,
dettagliandolo con disposti attuativi e prescrizioni tali da
permettere una congrua applicazione laddove le problematiche
possono rivelarsi anche insuperabili, disponendo in tal senso
determinate deroghe.
Tuttavia nel territorio dello Stato è, ad oggi, rilevante quella
notevole carenza dovuta alla costante ed imperativa presenza di
ostacoli per la mobilità del diversamente abile e/o dei soggetti
con problemi di deambulazione, così come facilmente riscontrabili
dallo stato di fatto del patrimonio edilizio esistente, nei luoghi
pubblici e privati aperti al pubblico.
Sin dall’entrata in vigore del d.P.R.503/1996 “Regolamento
recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche
negli edifici, spazi e servizi pubblici” venne attribuita,
art.1 c.2, una specifica esplicitazione alla dizione
“barriere architettoniche”, definite essere quegli
ostacoli fisici, fonte di difficoltà per la mobilità in genere ed
in particolare di quei soggetti con ridotte e/o impedite capacità
motorie e sensoriali, permanenti o temporanee, limitanti l’utilizzo
degli spazi e delle attrezzature.
Semplice esempio lo si riscontra nella limitatezza dei più
mediocri accorgimenti tra cui citare le segnalazioni a favore
dell’orientamento o la facile riconoscibilità dei luoghi e delle
fonti di pericolo.
Come premesso vigono normative e provvedimenti sia per quanto
concerne immobili e loro porzioni, sia in relazione agli spazi ed
ai servizi pubblici, con espresso subordine all’osservanza di
definiti requisiti in materia di accessibilità, visitabilità ed
adattabilità.
Chiamando in causa l’aspetto urbanistico – edilizio è il
d.P.R.380/2001, Parte II, Capo III, Sezione I “Eliminazione
delle barriere architettoniche negli edifici privati”,
articoli dal 77 all’81 e Sezione II “Eliminazione o superamento
delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati
aperti al pubblico”, art.82, a disciplinare gli interventi
edilizi ricondotti alla L.13/1989 “Disposizioni per favorire il
superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli
edifici privati”.
In ambito pubblico è lo stesso art.82, d.P.R.380/2001, che in
correlazione all’art.24 della L.104/1992, detta criteri per la
definizione delle opere, negli edifici pubblici e privati aperti al
pubblico disponendo nei casi di difformità circa l’accessibilità e
l’eliminazione delle barriere architettoniche la
dichiarazione di inagibilità.
Nello specifico tratteremo la materia finalizzata al superamento
delle barriere architettoniche negli edifici privati, anteponendo
la regolamentazione nell’esecuzione dei progetti e susseguenti
interventi edilizi e rapportandola alla fruizione dei benefici
fiscali di cui al cd. “Decreto Rilancio”, L.77/2020, ed ai disposti
da norma previgente, artt.14 e 16 del D.L.63/2013 ed art.16-bis
d.P.R.917/1986.
Aspetti progettuali per gli interventi riguardanti gli edifici
privati
Dall’art.1, L.13/1989, nonché del relativo Regolamento
Attuativo, D.M. 236/1989 rubricato “Prescrizioni tecniche
necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la
visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale
pubblica, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle
barriere architettoniche” si desumono le linee da
seguire nella progettazione in relazione agli accorgimenti tecnici
necessari per l’installazione di quei meccanismi negli immobili
diretti alla mobilità tra le diverse elevazioni, quali ascensori,
elevatori e servo – scala, in particolar modo l’obbligo
all’installazione dell’ascensore per gli immobili composti da più
di tre elevazioni fuori terra, trattando l’aspetto inerente gli
accessi alle parti comuni degli edifici ed alle singole unità
immobiliari, i passaggi in piano, le rampe ed i dispositivi
sensoriali.
Normativa che inficia, oltremodo, anche sulle responsabilità del
progettista nel chiamarlo a rendere, quale parte integrante e
sostanziale del progetto specifica “Dichiarazione di
conformità” tra le opere progettate e le disposizioni
vigenti.
I criteri progettuali
In tema di criteri progettuali vanno seguiti gli schemi del
D.M. 236/1989 relativamente agli aspetti attinenti
l’orientamento, il superamento delle distanze e dei dislivelli, la
fruizione delle unità ambientali e delle attrezzature, nonché il
raccordo con la normativa di sicurezza ed antincendio.
Più in particolare all’art. 3-2, c.mi “a”, “b” ed all’art. 3-3
c. “a”, è disciplinata l’accessibilità degli
edifici, così come testualmente disposto.
Art. 3-2 c. “a”: “Gli spazi esterni […]; il requisito si
considera soddisfatto se esiste almeno un percorso agevolmente
fruibile anche da parte di persone con ridotte o impedite capacità
motorie e sensoriali”;
Art. 3-2 c. “b”: “[…] parti comuni, negli edifici
residenziali con non più di tre livelli è consentita la deroga
all’installazione di meccanismi per l’accesso ai piani superiori,
ivi compresi i servo scala, purché sia assicurata la possibilità
della loro installazione in un tempo successivo. L’ascensore va
comunque installato in tutti i casi in cui l’accesso alla più alta
unità immobiliare è posto oltre il terzo livello, ivi compresi
eventuali livelli interrati e/o porticati“.
Art. 3-3 c. “a” : Devono inoltre essere accessibili almeno
il 5% degli alloggi previsti negli interventi di edilizia
residenziale sovvenzionata, con un minimo di una unità immobiliare
per ogni intervento. Qualora le richieste di alloggi accessibili
superino la suddetta quota, alle richieste eccedenti si applicano
le disposizioni di cui all’art. 17 del D.P.R. 27 aprile 1978, n.ro
384.”
Premesso ci si riferisca ad interi edifici, loro porzioni o
singole unità immobiliari a destinazione abitativa che siano
oggetto di nuova costruzione, di ristrutturazione edilizia e di
manutenzione ordinaria e straordinaria, corrono accorgimenti
progettuali obbligatori anche relativamente agli elementi ed
alle componenti edilizie.
In particolar modo vanno rispettate le seguenti
prescrizioni:
- Porte interne: facilità di utilizzo, tipologia
e luce netta che permetta un agevole transito con sedia a ruote,
tenuto conto anche degli spazi antistanti e retrostanti il varco, i
quali dovranno essere complanari tra essi. La presenza di porte
vetrate impone debbano essere facilmente visibili anche ricorrendo
all’applicazione di adeguati segnali. Non trascurato è il fattore
riguardante la collocazione delle maniglie per le quali è imposto
l’utilizzo del tipo a leva ed arrotondato. - Pavimenti: il primo requisito da rispettare
attiene la posa in opera per la quale disposto debba essere
orizzontale e complanare, con impiego di mattonelle antisdrucciolo,
ed obbligo nell’individuazione dei percorsi anche mediante
diversificazione del materiale e delle cromie. - Grigliati: le loro maglie non dovranno
presentare vuoti comportanti ostacolo o pericolo per sedie a ruote,
bastoni di sostegno e carrozzine. - Zerbini: dovranno essere del tipo incassato
con guide ancorate in modo solido e sicuro. - Infissi: porte e finestre dovranno essere
utilizzate con facilità da parte di persone disabili, per quanto
concerne maniglie e dispositivi di comando è prescritta un’altezza
dal piano di pavimento compresa tra cm.100 e cm.130. L’apertura e
la chiusura delle ante mobili degli infissi dovrà essere esercitata
con una pressione non maggiore a kg.8. - Arredi fissi: l’altezza alla quale andranno
collocati non dovrà superare cm.140 dal piano di calpestio.
Ulteriori prescrizioni riguardano i terminali degli impianti,
gli apparecchi elettrici, i quadri generali, valvole e rubinetti di
arresto delle utenze varie, regolatori degli impianti di
riscaldamento e condizionamento, campanelli d’allarme e citofoni,
per i quali va rispettata l’altezza dal piano di pavimento compresa
tra i 40 ed i 140 cm.
Un aspetto determinante inerisce i servizi
igienici, più concretamente l’assicurazione circa lo
spazio di manovra, illustrato al p.8-0-2 del
D.M.236/1989, e l’utilizzo dei pezzi sanitari da parte di
persone su sedia a ruote o con ridotte capacità.
A tal uopo il decreto attuativo riserva specifiche tecniche in
relazione ad ogni singolo componente nel garantire lo spazio
necessario occorrente per la manovra con sedia a ruote, ovvero:
- l’accostamento ed il trasferimento laterale al vaso igienico ed
al bidet non dovrà essere inferiore a cm.100 misurati
dall’interasse del pezzo sanitario; - l’asse del vaso igienico e del bidet dovrà avere una distanza
minima di cm.40 dalla parete laterale, con il bordo anteriore a cm.
75-80 dalla parete posteriore e il piano superiore a cm. 45-50 dal
calpestio. Nei casi in cui le distanze siano maggiori si
installeranno maniglioni o corrimano per facilitare lo spostamento
a cm.40 dall’asse dell’apparecchio sanitario; - l’accostamento laterale alla vasca non dovrà essere minore di
cm.140 lungo la stessa, con profondità minima di cm.80; - l’accostamento frontale al lavabo non dovrà essere inferiore a
cm.80, misurati dal bordo anteriore dello stesso, il cui piano
superiore dovrà avere altezza pari a cm.80 dal calpestio senza
alcuna colonna con sifone del tipo accostato o incassato a
parete. - il piatto doccia sarà del tipo a pavimento, dotato di sedile
ribaltabile e doccia a telefono.
Nel vano cucina andranno assicurati i
movimenti, le manovre e l’utilizzo agevole del lavello e del piano
cottura, è, difatti, prescritto per la parte sottostante ad essi
mantenere il vano libero per un’altezza minima di cm. 70 dal
pavimento, oltremodo la norma impartisce circa la collocazione nel
disporre i pezzi vadano montati sulla stessa parete o su pareti
contigue.
In relazione al passaggio tra ambienti interni e balconi
o terrazzi dovranno essere collocate soglie prive di
dislivelli, gli stessi balconi e terrazzi dovranno avere superficie
tale da permettere l’inversione di marcia per la sedia a ruote, ed
avere parapetti con altezza minima di cm.100,
laddove installate ringhiere queste dovranno
risultare inattraversabili da una sfera di diametro di cm.10. A
garanzia della veduta gli stessi parapetti
dovranno permettere al soggetto su sedia una visuale omogenea.
Prescritta per corridoi e percorsi
orizzontali larghezza minima di cm.100, con allargamenti,
realizzati nelle zone terminali e, comunque, ogni ml.10,00 di
sviluppo lineare, adeguati agli spostamenti delle sedie a rotelle.
Laddove corridoi e percorsi siano posti in corrispondenza di rampe,
ascensori e simili è richiesta la presenza di una
piattaforma di distribuzione quale spazio di
accesso o piano d’arrivo tra i collegamenti verticali
dell’edificio, idonea a garantire l’ingresso ai vari ambienti.
Le rampe delle scale dovranno avere larghezza
non inferiore a cm.100 con pendenza limitata e costante per
l’intero sviluppo, i loro gradini, così come
previsto nelle fasi di progettazione, dovranno avere un congruo
rapporto tra alzata e pedata, quest’ultima con profondità non
minore a cm.30, antisdrucciolevole e con spigoli arrotondati.
I corrimano delle scale andranno installati ad
altezza compresa tra cm 90 e cm 100. È, inoltre disposto segnale a
pavimento mediante la collocazione di una fascia di diverso
materiale o comunque percepibile anche dai non vedenti, da
collocarsi a cm.30 dal primo e dall’ultimo gradino allo scopo di
indicare l’inizio ed il termine della rampa.
Spazi esterni sino all’ingresso ai fabbricati
dovranno possedere almeno un percorso in piano con tipologia tale
da permettere la mobilità della sedia a ruote e di persone con
ridotte o impedite capacità motorie e/o sensoriali.
I percorsi esterni dovranno caratterizzarsi per
avere un andamento planimetrico semplice e regolare la cui
larghezza garantisca il transito e lo spostamento del disabile, a
tal uopo la pavimentazione, così come prescritto
per gli ambienti interni, dovrà essere in materiale
antisdrucciolevole.
Lo spazio destinato al parcheggio delle
autovetture dovrà essere dimensionato in modo tale da permettere il
movimento del disabile nelle fasi di trasferimento.
Quel particolare inerente gli interventi di ristrutturazione
edilizia
L’art.77 del d.P.R.380/2001 detta per gli interventi di
ristrutturazione edilizia le condizioni in materia di barriere
architettoniche, nel contempo emerge il riferimento ad
“interi edifici” mettendo nel dubbio laddove le
opere interessino singole porzioni del manufatto edilizio o singole
unità immobiliari.
Interrogativo sfatato ragionevolmente con l’art.2 lett.19 del
D.M.236/1989, nel quale si legge: “per ristrutturazione di
edificio si intende la categoria di intervento definita al titolo
IV, articolo 31, lettera d), della legge 457 del 5 agosto
1978”, considerati, pertanto, il disposto della L.457/1978 ed
il riferimento alla tipologia dei lavori, nel prevedere anche il
ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi
dell’edificio, perde di efficacia il concetto di “intero edificio”
per non essere condizionante, essendo ammessi interventi
locali.
I titoli abilitativi edilizi
Gli interventi edilizi vengono legittimati preliminarmente
distinguendone le specifiche casistiche conducenti alla
classificazione dei medesimi nei rispettivi regimi di attività
edilizia libera, S.C.I.A. o Permesso di Costruire.
Secondo il disposto del Testo Unico per l’Edilizia rientrino in
attività edilizia libera quelle opere volte all’eliminazione delle
barriere architettoniche, compresa la realizzazione di rampe ed
ascensori interni, contrariamente, se la loro installazione è
esterna agli edifici subentra la condizione inerente la modifica
della sagoma dell’edificio, con conseguente subordine
all’ottenimento del Permesso di Costruire.
In ogni caso restano salve le prescrizioni in materia di norme
antisismiche, sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie,
efficienza energetica, tutela dal rischio idrogeologico e vincoli
di cui al Codice dei Beni Culturali, oltre ad ulteriori
prescrizioni da normative regionali, ai fini del preventivo
conseguimento o dell’indizione della Conferenza di Servizi per il
rilascio dei relativi nulla osta, pareri e/o autorizzazioni da
parte degli enti preposti.
Da una pronuncia della Corte di Cassazione Penale, Sez.III,
Sentenza 38360/2013 si può desumere “il permesso di costruire
per le opere atte a eliminare le barriere architettoniche non
occorre” scaturente dalla definizione contenuta nella medesima
sentenza, quale: “opere funzionali all’eliminazione delle
barriere architettoniche sono solo quelle tecnicamente necessarie a
garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli
edifici privati e non quelle dirette alla migliore fruibilità
dell’edificio e alla maggior comodità dei residenti“. La
medesima pronuncia richiama l’art.6 del d.P.R. 380/2001 per
considerare classificabili in regime di attività edilizia libera
gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche
che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori
esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma
dell’edificio.
Al contempo viene, oltremodo, specificato, in relazione alla
realizzazione di rampe o ascensori esterni o altri manufatti che
alterano la sagoma dell’edificio debba trovare applicazione il
regime della segnalazione certificata di inizio attività, di cui
all’art.22 del Testo Unico per l’Edilizia, ciò emerge dalla
successiva espressione “se si tratta di opere miranti solo alla
migliore fruibilità e comodità dei residenti, non trova
applicazione quanto previsto dall’articolo 6, attività di edilizia
libera, il quale si riferisce invece a interventi volti
all’eliminazione di barriere architettoniche che non
comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero
di manufatti che alterino la sagoma
dell’edificio”.
Le deroghe alle prescrizioni tecniche per il superamento e
l’eliminazione delle barriere architettoniche
Riprendendo la Legge 13/1989 nel suo obiettivo principale
finalizzato ad agevolare il superamento e l’eliminazione delle
barriere architettoniche negli edifici privati e di edilizia
residenziale pubblica, con particolare riferimento alle nuove
edificazioni, ampliamenti e ristrutturazioni edilizie, va
evidenziato tale legge fu previdente circa gli obblighi di
progettazione di cui al relativo decreto attuativo, D.M. 236/1989,
che nel disporre le deroghe alle prescrizioni tecniche, giusto
art.7 commi 4 e 5 testualmente recita:
- al punto 7.4: “Le prescrizioni del
presente decreto sono derogabili solo per gli edifici o loro parti
che, nel rispetto di normative tecniche specifiche, non possono
essere realizzati senza barriere architettoniche, ovvero per
singoli locali tecnici il cui accesso è riservato ai soli addetti
specializzati. - al punto 7. 5: “Negli interventi di
ristrutturazione, fermo restando il rispetto dell’art. 1 comma 3
della legge n. 13/1989, sono ammesse deroghe alle norme del
presente decreto in caso di dimostrata impossibilità tecnica
connessa agli elementi strutturali ed impiantistici.[…].”
Si rileva le deroghe ineriscano edifici e/o loro porzioni che,
nel rispetto di normative tecniche specifiche, non possono essere
realizzati, ristrutturati o manutenzionati se non previsti
interventi finalizzati all’abbattimento delle barriere
architettoniche, risultano concesse le deroghe solo se
dimostrata l’impossibilità tecnica connessa agli elementi
strutturali ed impiantistici.
L’applicazione delle eccezioni interessa anche i volumi tecnici
che, come da art.13 c.7 d.P.R. 503/1996 non si computa ai fini
della volumetria utile, essendo la “pertinenza” strettamente
necessaria a consentire l’accesso a quelle aree riservate agli
impianti tecnici non allocate nel corpo dell’edificio.
Le detrazioni fiscali
Argomentato in materia di legittimità urbanistico – edilizia
circa gli interventi finalizzati al superamento delle barriere
architettoniche, evidenziando gli stessi siano oggetto di bonus
fiscali è necessario comprendere entità, tipologia e
caratteristiche legate al tema del Superbonus 110%, nonché alle
agevolazioni ordinarie disciplinate da normative previgenti.
L’introduzione degli interventi in materia di barriere
architettoniche tra quelli che fruiscono dell’agevolazione
110%
L’art.1 con il c.66 della Legge di Bilancio 2021 inserisce al
c.2 dell’art.119 L.77/2020, rubricato “Incentivi per
l’efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di
ricarica di veicoli elettrici”, tra gli interventi trainati le
opere volte all’abbattimento delle barriere architettoniche di cui
all’art.16-bis del T.U.I.R., lett.e) “Detrazione delle spese
per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di
riqualificazione energetica degli edifici”, che, in
allineamento alla normativa urbanistico – edilizia ed all’art.3 c.3
L.104/1992 favoriscano la mobilità interna ed esterna
all’abitazione per le persone disabili, inserendo la possibilità di
poter fruire delle agevolazioni fiscali anche per quelle casistiche
concernenti interventi realizzati a favore dei soggetti con età
superiore ai sessantacinque anni.
L’”innovazione” alla norma ha condotto a maturare svariati
dubbi, alcuni dei quali oggetto dell’interrogazione in Commissione
Finanze della Camera del 29/04/2021, in particolare il M.E.F. ha
dato riscontro agli aspetti che seguono.
Il dato anagrafico per gli over 65
Circa l’introdotta età di anni 65 per i soggetti a favore dei
quali agevolate le opere in materia di barriere architettoniche è,
chiaramente, esplicato trattarsi di un dato anagrafico non
rilevante, tale da poter ritenere trascurabile la presenza di
persone che abbiano raggiunto il sessantacinquesimo anno di
età.
Lo stesso M.E.F. nel ricondursi al contenuto della
Circ.19/E/2020 dell’amministrazione finanziaria
evidenzia l’affermazione l’agevolazione sia fruibile per le spese
imputabili per interventi edilizi aventi caratteristiche disposte
dalla normativa in materia di abbattimento delle barriere
architettoniche, anche se l’edificio non risulta occupato da
soggetto disabile o da soggetto con età superiore ai 65 anni.
Determinazione logica come ricondotta ai dettami del
Testo Unico per l’Edilizia, nella sezione dedicata alla
L.13/1989, ovvero del relativo decreto attuativo 236/1989,
per far emergere la congruità dell’esito del M.E.F., posto che gli
interventi edilizi, siano di nuova costruzione, di ristrutturazione
o di manutenzione, obbligano all’adeguamento, riadattamento ed alla
progettazione in tema, così come affrontato nel relativo paragrafo
di cui al presente.
In conclusione la detrazione potenziata con aliquota del 110% è
fruita per gli interventi sulle parti comuni condominiali e sulle
singole unità immobiliari indipendentemente dalla presenza dei
soggetti sopra citati, così come deve essere ricompresa tra gli
interventi “trainati” disciplinati dal legislatore quali opere con
accesso all’agevolazione se realizzate contestualmente ad almeno
uno degli interventi trainanti di cui al c.1, lett. a), b) e c)
art.119 del cd. Decreto Rilancio.
Il miglioramento delle classi energetiche
Ulteriore quesito esitato dal M.E.F. ha riguardato la condizione
imposta dal Decreto Rilancio nell’ammettere all’agevolazione quegli
interventi conducenti al miglioramento di due classi energetiche
dell’involucro edilizio, rilevato dallo stato ante – operam e dallo
stato post-operam.
Più in particolare l’interrogazione mostra tendenza a
minimizzare l’osservanza dell’adempimento per gli interventi aventi
il fine del superamento delle barriere architettoniche.
Avendo però la norma ricompreso gli stessi lavori tra quelli
“trainati” dalle opere di efficientamento energetico, di cui
al prima citato al c.1, lett. a), b) e c) dell’art.119 L.77/2020, è
stato esitato favorevolmente circa il subordine alla medesima
condizione obbligante al miglioramento di due fasce energetiche,
per il quale va ricordata l’alternativa inerente il passaggio ad
una fascia superiore per quegli edifici che si trovano in classe
energetica elevata.
Quali le opere volte al superamento delle barriere
architettoniche
Trattasi degli interventi disposti dallo stesso Testo Unico per
l’Edilizia, come regolamentati dal Decreto di Attuazione della
L.13/1989, D.M. 136/1989, sintetizzati nel portale dell’Agenzia
delle Entrate in due punti:
- realizzazione di un elevatore esterno all’abitazione;
- sostituzione di gradini con rampe, sia negli edifici che nelle
singole unità immobiliari, se conforme alle prescrizioni tecniche
previste dalla legge sull’abbattimento delle barriere
architettoniche.
Più nel dettaglio sono agevolabili:
- ascensori e montacarichi, realizzazione di quegli strumenti che
mediante la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo
tecnologico, possano facilitare la mobilità interna ed esterna agli
edifici.
Non sono agevolabili, in quanto oggetto di
detrazione Irpef con aliquota del 19%, le spese sanitarie per
l’acquisto di strumenti e beni mobili necessari al sollevamento del
disabile ed a favorirne la mobilità, in quanto ricomprese nella
categoria dei sussidi tecnici ed informatici e soprattutto perché i
bonus fiscali sono diretti ad agevolare interventi realizzati negli
immobili.
Detrazione, massimale e periodo nel quale sostenute le spese
dal contribuente, Superbonus e bonus ordinario
Ai sensi del c.2 art.119 decreto rilancio l’aliquota del 110% si
applica, per gli interventi trainati, nei limiti di spesa disposti
dalla specifica normativa, ne diviene la disciplina di cui
all’art.16-bis c.1 lett.e) del T.U.I.R. per le opere riguardanti il
superamento delle barriere architettoniche.
Tale disposto recita al c.1 “Dall’imposta lorda si detrae un
importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino ad un
ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per
unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei
contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo
idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi
[…]”.
In relazione ha disposto l’Agenzia delle
Entrate nel prevedere per gli interventi di
ristrutturazione edilizia le seguenti
agevolazioni:
- al 50% da computarsi su un tetto massimo di spesa di € 96.000,
se la spesa è sostenuta nel periodo compreso tra il 26/06/2012 ed
il 31/12/2021; - al 36% da computarsi su un ammontare massimo di spesa di €
48.000, se la spesa è sostenuta a partire dall’1/01/2022.
Le opere de quò rientrano, se realizzate congiuntamente ad
almeno uno dei cd. “trainanti” di cui alla L. 77/2020, art.119 c.1
(isolamento termico superficie verticali, orizzontali ed inclinate
e sostituzione impianti di riscaldamento) nell’agevolazione
potenziata nella misura del 110%, portando ad una spesa massima
ammissibile di €96.0000 per ogni immobile, ed alla costituzione di
un importo detraibile, oggetto di cessione o di sconto in fattura,
pari ad €105.600.
Le opzioni alla detrazione: cessione del credito e sconto in
fattura
Così come ammesso per l’efficientamento energetico, il recupero
del patrimonio edilizio esistente, l’adozione di misure
anti-simiche, sia nel caso in cui si fruisca del Superbonus 110% o
dell’agevolazione ordinaria del 50%, il contribuente ha facoltà di
scegliere se optare, in luogo della detrazione (rammentiamo la
ripartizione in anni 5 se trattasi di Superbonus 110% ed in anni
dieci se trattasi di aliquota ordinaria) per la cessione del
credito d’imposta a terzi o per lo sconto in fattura applicato dal
fornitore sino all’importo pari alla somma dovuta.
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