Accesso al Superbonus 110% interdetto e bollette salate. Queste le conseguenze per proprietari e inquilini di edifici allacciati al teleriscaldamento di Brescia. In molti si sono visti gli immobili balzare in classe energetica A3 o A4, pur trattandosi di strutture vetuste e fortemente energivore.
Motivo? «A2A – sostiene Simone Cardin, segretario Sunia-Apu e presidente Federconsumatori – ha cambiato il parametro di calcolo della certificazione energetica, con il rischio di rendere impossibile il ricorso all’incentivo per la riqualificazione energetica e architettonica. L’Aler sta bloccando gli interventi di efficientamento programmati: 250 famiglie di via Livorno interessate, mille abitanti, senza contare tutti gli altri progetti privati».
La questione viene posta, oltre che da Sunia-Apu, dalle organizzazioni Sicet, Uniat, Legambiente, Federconsumatori, Uppi, Confedilizia-Ape, Union Casa e Appc. Il nodo. Per spiegare la vicenda va ricordato che, dal 2015, per norma, la classificazione energetica viene effettuata solo tenendo conto della quota di energia prodotta da fonti non rinnovabili. Per definire cosa sia rinnovabile e cosa no, sono stati introdotti dei fattori di conversione sulla base del combustibile utilizzato, che, per le reti di teleriscaldamento è stato fissato a 1,5. È stato stabilito anche che questo coefficiente sia valido in assenza di un dato fornito dalle aziende, il che «ha dato via al caos – sottolinea Cardin –, con classificazioni energetiche completamente differenti per alloggi uguali ma collegati a reti di teleriscaldamento diverse». In pratica, in determinati casi la certificazione energetica è stata più virtuale che reale, non corrispondente cioè agli effettivi consumi per scaldare gli ambienti. E Brescia rappresenta un «unicum», osservano Danilo e Isaac Scaramella di Legambiente.
«Questa discrepanza è diventata enorme quando A2A ha dichiarato, nel 2019, il fattore di conversione più basso d’Italia: 0,24, peggiorato ulteriormente il 30 giugno scorso quando è stato ancora ridotto, portandolo a 0,12 contro una media italiana di 0,9».
Conseguenze. Una situazione che pesa sui proprietari i quali, stante la fotografia «sfalsata» dei loro immobili non possono intraprendere interventi di riqualificazione energetica (il Superbonus richiede un salto di almeno due classi), ed anche sulle fasce deboli che possono subire un adeguamento del canone al rialzo – come sottolinea Emanuele Gilberti di Sicet – e devono, nel contempo, far fronte a costi elevatissimi per l’utenza (il consumo viene rilevato a prescindere dalla classe energetica). «La quantità di rinnovabili generata da ciò che va nel termoutilizzatore – puntualizza Danilo Scaramella – è di circa il 50% e il teleriscaldamento riceve energia al 70% dall’impianto. A2A ha un piano di decarbonizzazione impegnativo. A breve verrà allacciato anche lo stabilimento Alfa Acciai, come fatto con Ori Martin». Per rimediare occorrerebbe procedere ad una rettifica, a livello nazionale, del metodo di calcolo della certificazione energetica, che consideri sia l’effettivo costo di gestione per il cittadino, sia le emissioni di gas climalteranti (CO2 in particolare). I tempi, però, sarebbero molto lunghi. «Contiamo – annunciano i referenti delle organizzazioni – di attivare a breve un confronto con A2A, il Comune e le associazioni. Stiamo contattando consiglieri regionali, in quanto la Regione ha una competenza diretta in materia di energia».
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