Siamo arrivati, in Italia, al paradosso che gli incentivi disponibili per l’acquisto di nuove autovetture riguardano i modelli Euro 6 – benzina e gasolio, ma anche ad alimentazione alternativa (metano e GPL) e Full-hybrid -, mentre la “spinta” verso le auto ad elevata elettrificazione (leggi: ibride plug-in e 100% elettriche), che dovrebbero avvalersi di una condizione prioritaria in quanto fanno parte del programma di transizione ecologica deciso dal Governo, è di fatto ferma, per via del rapidissimo azzeramento del plafond (piuttosto leggero, in verità: solamente 57 milioni di euro) messo a disposizione a fine luglio con la conversione in legge del decreto “Sostegni Bis”.
In buona sostanza: l’attuale assetto di sconti pubblici interessa più le motorizzazioni “tradizionali” rispetto ai modelli a basse (o del tutto assenti) emissioni di CO2 allo scarico.
In più, ed è notizia recente, da martedì 28 settembre sono disponibili i 40 milioni di euro – anch’essi indicati fra le misure del “Sostegni Bis” – a beneficio delle autovetture usate.
A precise condizioni, come avevamo indicato: ovvero che contestualmente ci sia la rottamazione di una vecchia auto, che i veicoli di seconda mano siano Euro 6, non siano stati “incentivati” dai precedenti Ecobonus, e che la quotazione sia intorno ai 25.000 euro. Un “capitolato” che darebbe diritto a poche migliaia di utenti la possibilità di approfittare dei nuovi “bonus-usato”.
L’escalation di vendite delle ibride plug-in
La questione-chiave è tuttavia rivolta alle possibilità, ben poche, che si aprono per quanti siano intenzionati ad acquistare un’autovettura di nuova produzione, e che non sia né a benzina, né turbodiesel, né a gas, e nemmeno Full-hybrid. Puntiamo quindi i nostri riflettori sulle ibride ricaricabili, che – lo dicono le rilevazioni (nella fattispecie Acea, l’Associazione europea fra le Case costruttrici) – hanno in Europa, nel secondo trimestre 2021, raggiunto una quota di mercato dell’8,4%: superiore, cioè, al pure positivo 7,5% conquistato dalle auto elettriche. Ed a comprovare il “boom” dell’ibrido ricaricabile nel Vecchio Continente, ecco un +255,8% di vendite in rapporto al secondo trimestre del 2020. D’accordo, il paragone è con i mesi drammatici del lockdown; tuttavia, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, in Europa la quota di mercato delle auto a benzina e diesel è sensibilmente calata (rispettivamente: 41,8% e 20,4%, “contro” 51,9% e 41,8%). Di più: proprio in Italia si è verificato, nel secondo trimestre di quest’anno, il maggiore aumento di nuove auto ibride plug-in immesse in circolazione: 21.647 nuove immatricolazioni, con un clamoroso +659,3% (per dire: abbiamo fatto meglio di tutti gli altri “major market” europei che hanno in ogni caso messo a segno livelli di crescita a tre cifre percentuali: la Spagna ha, nello stesso periodo, registrato un +430,3%, la Francia +276,4%, la Germania +269,9%).
“Bambole, non c’è una lira”
Basterebbero queste cifre, e questi risultati, a giustificare pienamente l’arrivo di nuove e sostanziose misure di incentivo per l’acquisto di auto ibride plug-in ed elettriche, che – è opportuno ribadirlo – rivestono un ruolo di primo piano nell’agenda governativa della transizione ecologica. Invece no: i fondi recentemente rifinanziati per l’acquisto (anche senza rottamazione) di nuove auto con emissioni comprese fra 0 e 60 g/km di CO2 e con prezzi fino a 50.000 euro di listino (quindi senza IVA, Ipt e “messa su strada”) sono terminati a metà settembre.
E dire che, come osservato da più parti (analisti, Associazioni di categoria), un organico programma di sostegni alle auto a basse o zero emissioni è indispensabile per la transizione ecologica e per evitare un brusco ridimensionamento delle rispettive nuove immatricolazioni.
Improbabile un rifinanziamento in extremis
Verrebbe da pensare che l’esecutivo sia al lavoro per un ulteriore finanziamento, da sfruttare nell’ultimo scorcio del 2021 ed in attesa di dare il “via libera” alla prossima legge di Bilancio. Non sembra, a ben vedere, che a livello governativo ci sia intenzione di provvedere ad una nuova “iniezione” a beneficio di PHEV e BEV. Unica possibilità, in questo senso, potrebbe essere il reperimento “in zona Cesarini”, dai bilanci statali, di somme rimaste in questi mesi inutilizzate e quindi stornabili verso il comparto automotive. Tutto questo in linea puramente teorica. In realtà, si tratta di ipotesi difficilmente realizzabili, anche perché il Governo è, in questo periodo, impegnato a costruire l’”ossatura” della legge di Bilancio 2022 che andrà trasmessa in Commissione Europea entro il 15 ottobre.
Arriveranno nuovi fondi con la legge di Bilancio 2022? Probabile
I tempi sono, dunque, strettissimi: è ragionevolmente possibile che la nuova “manovra Finanziaria” conterrà stanziamenti più corposi rispetto a piccoli rifinanziamenti. Staremo a vedere. Nel frattempo, in Italia si verifica – come si accennava in apertura – il paradosso delle auto ibride plug-in e 100% elettriche senza alcun incentivo dallo Stato (si lascia l’”onere” dello sconto alle Case costruttrici ed alle concessionarie ufficiali).
“Accontentiamoci” degli incentivi Euro 6…
Sul tavolo, restano i “bonus” statali per l’acquisto di auto Full-Hybrid e mild-hybrid, più ovviamente benzina e gasolio, GPL e metano. La fascia di vetture con emissioni di CO2 comprese fra 61 e 135 g/km prevede 1.500 euro di incentivi pubblici (previa rottamazione di un’autovettura immatricolata da almeno dieci anni e fino ad Euro 5), che vengono erogati le la concessionaria applica uno sconto di 2.000 euro più IVA (vale a dire 2.440 euro nel caso di un acquirente privato). Se si sommano le due entità di riduzione, si ottengono fino a 4.000 euro in meno dal prezzo di listino, senza tenere conto del fatto che in molti casi le stesse Case auto e i “dealer” ufficiali offrono sconti più corposi. Per beneficiare del “bonus-Euro 6”, la vettura non deve costare più di 40.000 euro di listino. Come sempre, l’erogazione degli incentivi è direttamente collegata all’effettiva disponibilità “in cassa”, in ogni caso il termine ultimo per la prenotazione è fissata al 31 dicembre 2021. Ci saranno tuttavia sei mesi in più per l’immatricolazione della nuova vettura (si va fino al 30 giugno 2022), per via delle difficoltà di produzione determinate dalla carenza di semiconduttori.
… e di quelli per l’usato (ma sempre Euro 6)
Restano, in ultimo perché si tratta del più recente provvedimento adottato in ordine di tempo, i contributi per l’acquisto di auto usate Euro 6, erogati in funzione delle emissioni di CO2 (tre fasce: 750 euro per le vetture da 0 a 60 g/km, 1.000 euro da 61 a 90 g/km, 2.000 euro da 0 a 60 g/km), a condizione chela concessionaria o l’autosalone aderiscano all’iniziativa, che venga rottamata una vettura immatricolata da almeno dieci anni ed intestata, da almeno dodici mesi, alla persona che intende procedere all’acquisto oppure ad un suo familiare convivente; che la “nuova” auto non abbia usufruito degli Ecobonus 2019 e 2020 né degli incentivi 2021; e che la sua quotazione sia inferiore o pari a 25.000 euro. La scelta di auto elettriche e plug-in, su queste basi, è dunque limitata (mentre lo scenario per le full-hybrid e mild-hybrid è più ampio). Anche qui c’è una data-limite: il 31 dicembre 2021, ed è probabile che i fondi relativi (che nel pomeriggio di giovedì 30 settembre ammontano a circa 37,7 milioni di euro sui 40 milioni di partenza) si esauriranno prima.
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