Torniamo sul tema della riqualificazione dei borghi, di cui quest’estate abbiamo fatto una scorpacciata. Dal Molise alla Calabria abbiamo visitato luoghi affascinanti, densi di storia, ma anche di abbandoni.
Così come abbiamo toccato con mano i problemi che si devono affrontare quando si decide di prendere casa in un paesino dove spesso non esiste alcun catasto che attesta la proprietà.
E allora come si procede? Ci racconta un addetto ai lavori che nel borgo di Badolato (Catanzaro) ha dal 2000 investito in molte case: “si firma una lettera di fronte al notaio coinvolgendo il più possibile tutti gli eredi. Poi però si deve aspettare 10 anni e un mese per essere i veri proprietari di quella casa“.
Ciò implica che il superbonus o il bonus facciate in queste condizioni non può essere applicato. Proprio perché manca un documento catastale che attesta anche la condizione energetica (ma quella è per lo più evidente).
Altro suggerimento: conviene sempre acquistare un immobile terra-cielo. Mai appartamenti frammisti. Il perché è evidente: se riqualifichi un immobile e i vicini non lo fanno, è un adattamento zoppo.
Infine, attenzione ai territori che in futuro potrebbero essere sempre più interessati a terremoti o mancanza di acqua. Ma non solo.
Proprio per individuare al meglio borghi e territori abbiamo dato la parola a Gabriele Locatelli che con il progetto Oltreterra di Slow food raccoglie opinioni di esperti a livello nazionale, ma soprattutto di chi vive in montagna.
“L’approccio – racconta Locatelli, che è un delegato di Slow Food – è io vivo in montagna e ho questo problema, tu che studi o che hai già affrontato questo problema come mi suggerisci di risolverlo?“.
Una vera e propria “rete solidale di Comunità Appenniniche e di Enti di ricerca che, dal Piemonte arriva in Calabria e si sostiene vicendevolmente. La cosa bella è che funziona. I temi che annualmente affrontiamo sono, gestione forestale, mense agricole, turismo sostenibile, economia sociale“.
E allora Locatelli, arriviamo alla prima domanda: per ripopolare un borgo, da dove cominciare?
Ripopolare i borghi appenninici deve ripartire dalla creazione di competenze. La montagna sta perdendo le competenze necessarie, le menti in grado non solo di immaginarsi un domani, ma anche di realizzarlo.
Chi vive in montagna deve poter progettare nuove economie partendo dalle possibili opportunità che la montagna offre. Da quelle economie storiche che devono rimanere i pilastri della sua ricostruzione post esodo iniziato negli anni sessanta e non ancora terminato.
Gestione forestale attiva, agricoltura di qualità e di prossimità, conservazione del paesaggio (in senso lato), attività primarie queste a cui si aggiungono turismi sostenibili e lavoro a distanza sono economie possibili, se pensate con la concretezza delle competenze necessarie per renderle possibili partendo dalla capacità di rispondere ai bandi del Psr e delle prossime opportunità offerte dal Recovery Plan.
Competenze appunto che la montagna ha perso e deve recuperare. Ultimo ma non ultimo, non continuare di dimenticarsi di dare valore ai pagamenti ecosistemici di cui la montagna ha diritto.
Quali sono dal vostro punto di viste le tecnologie che non possono mancare?
Primariamente l’accesso alle vie telematiche avanzate, a cui va aggiunto un ammodernamento della rete dei trasporti che non deve essere concepita come asfalto, ma come competitività del trasporto pubblico con quello privato attraverso un massiccio utilizzo delle tecnologie.
Quali borghi si possono prendere come esempio?
Il sistema dei borghi Italiani è complesso e variegato. Per quanto conosco direi il comune di Latronico (Pz), la frazione di Corezzo nel comune di Chiusi della Verna (Ar), Santa Sofia (Fc), Comunità dei Briganti di Cerreto, Cerreto (Re), Succiso Cavalieri di Succiso. Castel del Giudice (Isernia). Ma la strada è lunga.
Cosa evitare per far sì che un borgo viva lunga vita d’ora in poi?
Non preoccuparsi di formare competenze in modo da generare quelle economie necessarie a mantenere in vita i borghi. Dalle economie nascono i servizi.
Non preoccuparsi delle possibili economie rese possibili dal Testo Unico Forestale del 2018, delle opportunità offerte dalle politiche europee dedicate al farm toi fork per dare valore dall’agricoltura di prossimità.
In generale, perché i borghi secondo il vostro parere vanno recuperati?
Perché sono una risorsa meravigliosa del nostro Paese. Risorsa economica che parte dalla loro funzione di presidio in grado di ridurre drasticamente i costi di manutenzione del territorio, ma anche risorsa culturale per la custodia di un patrimonio culturale di inestimabile valore oltre che per il patrimonio di biodiversità agricola e naturalistica che racchiude.
Non dimentichiamoci la qualità della vita che offre un borgo. Lo dico perché vivo in un borgo, con poche attenzioni politiche potrebbero sicuramente essere, per tanti, il luogo migliore in cui vivere.
Source: greenplanner.it
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