Il mercato immobiliare italiano viaggia a gonfie vele grazie anche alle vendite di seconde case, non più solo per le vacanze ma anche per lo smart working. Le compravendite di immobili tengono dopo i livelli record del 2021, frenate leggermente solo dall’aumento dei tassi d’interesse sui mutui. “In un momento in cui i mercati sono piuttosto volatili e l’economia, vuoi per il conflitto ucraino, vuoi per la crisi politica, non è proprio trasparente al 100%, il tema casa continua ad essere l’investimento ritenuto più sicuro” ha dichiarato Bruno Vettore, responsabile centro studi Assoproprietari in un’intervista a Today.it. Cosa accadrà ai mutui e al mercato immobiliare visto il recente aumento dei tassi d’interesse e la crisi di governo? “Le previsioni sono per una stabilizzazione. I tassi si sono rialzati ma sono ancora bassi” ha risposto Vettore, mostrando invece una certa preoccupazione per il comparto edile visto il blocco della cessione dei crediti legata al superbonus 110%. Imprese e professionisti che si sono esposti nel superbonus con progetti e lavori che prevedevano l’integrale sconto in fattura, attendono risposte immediate per evitare il collasso. Quando verrà tolto il blocco alla cessione dei crediti? Prima o dopo le elezioni?
Come sta andando il mercato immobiliare in Italia?
“Il 2021 è stato un anno record con più di 740mila compravendite, invece per il 2022 se ne prospettano 700mila, quindi un calo di circa il 5-6%. Ovviamente il calo avrebbe potuto essere superiore in relazione all’erogazione dei mutui che sta avvenendo a tassi d’interesse più alti. I tassi si sono alzati: adesso un tasso fisso è attorno al 3%, un tasso variabile attorno all’1,5-2%: sono saliti di circa un punto percentuale. Di contro, sembra un paradosso, la domanda resta abbastanza alta. Gli ultimi dati dicono che il 3,7% delle famiglie in Italia sta cercando una casa e il 9,6% delle famiglie sembra intenzionato a farlo entro la fine dell’anno. C’è un’alta propensione all’acquisto, non dimentichiamo che il 75% delle famiglie sono proprietari di casa. In sintesi c’è un modesto calo delle compravendite condizionato dal lieve aumento dei tassi d’interesse, ma la richiesta continua ad essere abbastanza significativa perché il tema casa continua ad essere l’investimento ritenuto più sicuro in un momento in cui i mercati sono piuttosto volatili e l’economia, vuoi per il conflitto ucraino, vuoi per la crisi politica, non è proprio trasparente al 100%”.
Quali scenari prevedete sui mutui visti i tassi in aumento?
“Le previsioni sono per una stabilizzazione. I tassi si sono rialzati ma sono ancora bassi. Finché non arriveranno almeno fino al 5-6% i tassi sono sostanzialmente bassi se li paragoniamo a quelli a doppia cifra del passato, parliamo di 10-15 anni fa. Per alcuni anni sono scesi moltissimo, erano quasi a tasso zero (0,5%, 0,7%, 0,9%) ma un tasso d’interesse al 3% fisso è ancora basso. I tassi d’interesse si sono alzati ma sono ancora interessanti e poi le politiche del credito nella realtà non sono cambiate. Le banche sono ancora molto predisposte ad erogare mutui, soprattutto ai giovani, ci sono anche delle agevolazioni. Fondamentalmente noi riteniamo che il mercato sarà stazionario. Prevediamo un triennio stabile intorno alle 700mila compravendite, perché i tassi d’interesse si sono lievemente alzati ma non così tanto da rendere così difficile l’acquisto di una casa in presenza di una politica creditizia delle banche ancora favorevole all’erogazione”.
La crisi di governo avrà delle ripercussioni sul settore?
“Tendenzialmente no, potrebbe averla ma su aspetti complementari come sul superbonus 110%. Credo che gli orientamenti futuri del governo condizioneranno di più gli aspetti legati al superbonus piuttosto che il mercato immobiliare, visto il problema del blocco della cessione dei crediti e la difficoltà delle banche a cedere crediti, situazione che sta creando non poche difficoltà alle imprese di costruzioni. Credo che il tema delle compravendite e dei mutui segua un percorso abbastanza stabile che non dipende granché dal tipo di governo che nascerà”.
Cosa accadrà al superbonus 110% e al blocco della cessione dei crediti? Quante imprese sono a rischio fallimento?
“Secondo le stime dell’Ance – Associazione nazionale costruttori edili – dal 1° luglio 2021 al 31 maggio 2022 sono partiti circa 155mila interventi legati al superbonus, per oltre 27 miliardi. Di questi almeno la metà sarebbe a rischio blocco, quindi parliamo di un rischio pari ad almeno 13 miliardi. Non so su quante imprese impattano, sono calcoli molto difficili, ma dire che su 27 miliardi richiesti 13 miliardi sono a rischio blocco, denota una situazione parecchio problematica. Si tratta di una misura estremamente favorevole che ha avuto una ricaduta positiva sull’intera economia, poi l’assenza di controlli ha portato le note truffe di cui hanno parlato anche i giornali, e questo ha portato un forte irrigidimento da parte delle banche nella cessione di crediti a soggetti terzi perché considerati a rischio. Se non si interviene in tempi molto rapidi per ristabilire una fluidità nella cessione dei crediti e per fare in modo che le imprese, soprattutto quelle piccole, abbiano i danari necessari per completare i lavori, ci sono 13 miliardi di lavori a rischio da qui ai prossimi mesi. Mi pare un problema non da poco”.
Secondo voi quando verrà tolto il blocco alla cessione dei crediti? Prima o dopo le elezioni?
“Credo che la situazione avrà una normalizzazione entro fine anno ma non prima. A volte si prendono decisioni ma poi la messa a terra ha bisogno di tempo. Servono i decreti attuativi, deve arrivare sul territorio e poi soprattutto devono essere applicate dalle banche. Tutto questo comporta normalmente delle lungaggini ed è chiaro che più il blocco è forte, ripeto si parla di 13 miliardi, e più tempo servirà per farlo sciogliere. Credo che una normalizzazione ci possa essere non prima di fine anno, ammesso che il governo prenda delle decisioni in merito”.
Se c’è una cosa che in Italia sta andando particolarmente bene in questo momento è il turismo. Il boom del turismo sta portando degli effetti positivi anche sull’immobiliare?
“Assolutamente sì, con il tema delle seconde case. Ieri ero in Liguria, un mercato fiorentissimo che dopo il covid è tornato ad essere richiesto, e anche lì c’è una ritrovata voglia di investimento sulla seconda casa, che spesso diventa anche luogo di smart working. Parlavo con degli operatori in Liguria e mi hanno detto di un forte incremento nel numero delle vendite di seconde case da parte di persone provenienti da Milano, Torino, dalla Lombardia e dal Piemonte. Spesso queste case, che prima erano solamente per le vacanze, ora diventano luoghi per il lavoro a distanza. Le statistiche sono positive e il mercato della seconda casa è ritornato dopo il covid a valori piuttosto significativi. Questo ha portato dei riflessi non sempre positivi: quando c’è una richiesta molto alta i prezzi aumentano molto. I prezzi in questo ambito sono saliti in un range che va dal 10% al 30%, naturalmente a seconda delle località, Portofino non è Rimini, Amalfi non è Courmayeur. Questi aumenti di prezzo indicano che c’è una richiesta molto alta, ma il rialzo dei prezzi non è sempre una cosa buona per il mercato, perché poi si arriva a un punto in cui le persone non possono più acquistare”.
Ci sono molte richieste da parte di stranieri?
“Sì, abbastanza, naturalmente ad eccezione dei russi per i noti motivi. La richiesta però è prevalentemente italiana, il mercato degli stranieri era più nel pre-covid. Sta ritornando dal punto di vista della locazione ma non particolarmente dell’acquisto. L’acquisto è più una richiesta nazionale piuttosto che una richiesta da parte dell’investitore statunitense, inglese, arabo o cinese. Lì è un tema di locazione, di affitto turistico, gli acquisti sono prevalentemente italiani”.
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Source: today.it
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