(ANSA) – PERUGIA, 11 MAG – In Italia ci sono circa 27 milioni
di immobili, l’85% dei quali edificato, fra il 1950 ed il 2000,
quindi “un intero patrimonio immobiliare da riqualificare”.
In questo contesto i due Superbonus al 110% (per efficientamento
energetico e prevenzione antisismica), sono considerati uno “strumento chiave”, un autentico volano per la ripartenza e il
rilancio della filiera dell’edilizia, per la rigenerazione
urbana, per garantire maggiori livelli di risparmio energetico e
per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio pubblico e
privato.
“Il Superbonus 110% quindi sembra essere davvero interessante,
un’occasione da cogliere al volo – dice Marco Maiotti,
componente del Comitato di Listino della Borsa immobiliare
dell’Umbria – considerando che riesce ad accontentare, almeno
sulla carta, tutti gli attori interessati: il proprietario
dell’immobile che può far fare dei lavori di efficientamento
energetico e di miglioramento sismico nella propria abitazione
praticamente a costo zero; l’impresa che può riattivare dei
cantieri in un momento di forte crisi a causa anche degli
effetti della pandemia di Covid-19; le banche o le assicurazioni
che finanziano in toto i lavori percependo quel 10% del 110 in
eccesso rispetto all’effettivo costo dei lavori. Ma ad esempio
per lavori di efficientamento energetico, è stata stimata, in
termini economici, la differenza fra una abitazione con una
classe energetica ottima, tipo l’A4, ed una pessima come la
classe G? Ebbene si, l’importo è di circa 30.000,00 euro di
risparmio in 20 anni fra bollette di luce e gas. Un importo
tutt’altro che indifferente e che determinerà la maggior
compravendita di immobili energeticamente efficienti a dispetto
di quelli più dispendiosi: tutto ciò determina scelte precise
nel mercato immobiliare da parte di un potenziale acquirente
giustamente sempre più informato. Purtroppo però – sostiene
Maiotti – i dati non sono troppo confortanti: ad oggi dei quasi
19 miliardi dedicati alla misura, solo 670 milioni sono stati
effettivamente richiesti per la cantierizzazione dei lavori.
Sulla base di questo semplice assunto quindi, i risultati di
questa prima fase di applicazione del superbonus devono
considerarsi complessivamente negativi, attestandosi a meno del
5% delle risorse effettivamente stanziate. Ma quali sono allora
i motivi di questa che possiamo definire una falsa partenza del
Superbonus 110%? Proviamo ad analizzarne alcuni: innanzitutto il
fattore principale può essere ricercato nei numerosi e
ridondanti passaggi burocratici necessari per formulare la
richiesta e poter mettere effettivamente in opera il cantiere,
districandosi fra le numerosi asseverazioni iniziali, intermedie
e finali protocollate dei tecnici – con relativa loro
assunzione di responsabilità. Questa estrema lentezza e
debolezza amministrativa degli uffici tecnici dei Comuni,
unitamente alla confusione accumulatasi negli anni tra piani
urbanistici e vari condoni succedutisti nel tempo specialmente
al Sud Italia, dove la macchina amministrativa è storicamente
meno agile, la poca chiarezza informativa della reale
opportunità offerta dal Superbonus e non ultimo, gli aumenti dei
costi delle materie prime, rischiano di depotenziare
l’eccezionale portata di uno fra i pochi interventi statali
intelligenti degli ultimi anni. L’imperativo pertanto è
semplificare al massimo il Superbonus 110% per consolidare la
ripresa dell’edilizia in Italia, recuperare gli oltre 161mila
posti di lavoro persi per la pandemia da Covid.
Come detto, purtroppo la complessità burocratica di queste
misure fra tempi di attesa, documentazione e valutazioni di
banche e aziende su cessione del credito o sconto in fattura,
frenano gli effetti espansivi attesi. Ecco perché queste ottime
misure agevolative hanno sicuramente bisogno di una prospettiva
di lungo periodo, di una visione che ne consolidi gli effetti,
per renderli strutturali nell’arco almeno di 10 o 20 anni,
arrivando ad includere tutte le categorie catastali, anche non
residenziali. Le capacità moltiplicative dei bonus si legano a
una serie di azioni che devono aiutare le imprese che producono
tecnologie sul territorio e favorire gli investimenti
infrastrutturali necessari.
Bisogna recuperare la nostra vocazione manifatturiera e
industriale in maniera sostenibile invece di continuare a
puntare sull’urbanizzazione massiccia delle nostre metropoli,
con un inutile consumo di suolo. Occorre puntare decisamente al
recupero e al miglioramento abitativo dei nostri borghi italiani
e delle nostre città: sono queste che rappresentano il vero
patrimonio della nazione, con la loro unicità apprezzata
universalmente dal clima mediterraneo, dall’enogastronomia e dal
made in Italy, come marchi apprezzati in tutto il mondo.
Dobbiamo dar voce alla coscienza ecologica, green, fortemente
radicata nelle nuove generazioni che sempre più compiono scelte
consapevoli per il loro bene futuro. E’ auspicabile che tutto
ciò non rappresenti l’ennesima occasione sprecata, frutto di
un’ottica miope e di breve periodo, ma sia una riformulazione
globale organica e strutturale degli incentivi a sostegno
dell’edilizia. Agevoliamo quindi questi interventi che ci
faranno spendere meno, vivere meglio e più sicuri nelle nostre
città che tutto il mondo ci invidia; cogliamo al volo l’
opportunità storica offerta dal Superbonus 110%, recuperiamo i
nostri borghi abbandonati, le atmosfere e la socialità che solo
essi sanno offrire, la cui qualità di vita sta già da tempo
attirando l’interesse di molti investitori stranieri. Facciamo
diventare l’Italia paese green d’Europa”. (ANSA).
Source: ansa.it
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