Abitazioni ed edifici totalmente autosufficienti a livello energetico e
ad impatto zero, in grado di produrre più energia del necessario per compensare
quella utilizzata nel processo di costruzione: è questo il futuro dell’architettura,
un futuro che trova le sue radici già nel 1978, in una pubblicazione dell’AIA Research
Corporation.
La “casa passiva” è il risultato di questo nuovo modo di
costruire, perfettamente in linea con le più recenti disposizioni in ambito di
sostenibilità ambientale.
Casa passiva, da dove arriva la casa sostenibile
“Casa passiva” ed “edificio passivo” sono due concetti conosciuti in architettura, che vengono ufficializzati, per la prima volta, nel 1978 in una pubblicazione dal titolo “Regional guidelines for building passive Energy conserving homes” e ripresi concretamente nel ’91 nella costruzione di quattro villette a schiera in un quartiere di Darmstadt, in Germania.
Si tratta di abitazioni le cui tecniche di costruzione garantiscono un alto standard termoigrometrico che non necessita dell’aggiunta di ulteriori sistemi di riscaldamento o raffreddamento.
Una pratica antica, in realtà, che arriva direttamente dalla Persia, dove l’auto sostentamento energetico era all’ordine del giorno con la yakh-chal, la “fossa del ghiaccio” all’interno della quale, nonostante il cado torrido del deserto dell’Iran, ghiaccio e cibi si mantenevano perfettamente a temperatura. La prima ghiacciaia di cui abbiamo traccia e le cui tecniche di progettazione, col tempo, si sono evolute venendo applicate anche al mondo dell’abitare sostenibile.
Così Francis Kéré, architetto burchinabè e Pritzker Prize, lo inserisce nei suoi lavori che si traducono in una miniera di energia rinnovabile ricavata da torri eoliche, illuminazione intelligente e uso sapiente di zone d’ombra.
Superbonus, Commissione Europea ed edifici passivi
Quello del raggiungimento della passività di edifici ed abitazioni è un tema molto caldo che si pone al centro dell’attenzione dei governi sopratutto in questo particolare periodo storico, dove la lotta ai cambiamenti climatici e il rapido allontanamento dall’utilizzo dei combustibili fossili da un lato e la necessità di trovare alternative sostenibili anche a livello economico dopo lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina dall’altro, sono argomento quotidiano. E a ben vedere: secondo studi recenti è il settore edile ad impattare maggiormente sulle emissioni di anidride carbonica, per il 40%, un numero importante che allarma Unione Europea e Stati Membri che già dallo scorso luglio hanno iniziato ad adottare diverse strategie per ridurre le emissioni di gas serra, con un obiettivo del -55% entro il 2030.
Così anche in Italia, grazie ai bonus edilizi erogati dal Governo (bonus facciate, Superbonus 110% ecc.) si è intrapresa la strada della sostenibilità per ridurre l’impatto energetico di edifici ed immobili con piccoli accorgimenti quali l’introduzione di sistemi di recupero del calore, strutture isolanti più performanti e infissi di ultima generazione.
È una norma, di fatto, ad educare alla sensibilità ambientale: dall’1 gennaio 2021 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno rientrare nella categoria degli stabili ad energia quasi zero (nearly Zero Emission Buildings), unità ad alte prestazioni energetiche in grado di produrre energia circolare in abbondanza per autosostenersi.
di Ludovica Russotti
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