In Scandinavia i tetti ricoperti d’erba si usano probabilmente fin dalla preistoria. In epoca più recente è stato invece l’architetto Le Corbusier a riscoprire, come uno dei 5 “pilastri” su cui basare la nuova architettura, il “tetto-giardino”, cioè un sistema di copertura degli edifici in grado di restituire all’uomo il suo rapporto con il verde, garantendo allo stesso tempo una maggiore frescura d’estate e un buon isolamento d’inverno.
Un esempio concreto di che cosa intendesse si può vedere a villa Savoye, che progettò e fece costruire tra il 1928 e il 1931 a Roissy, in Francia. Da allora altri grandi architetti hanno sfruttato questa idea. L’Academy of Science, progettata da Renzo Piano in California, ha un tetto ondulato di oltre 10.000 metri quadri che ospita circa 1.700.000 piante; ma esempi altrettanto spettacolari si possono vedere anche sulla Nanyang Technological University di Singapore, sul municipio di Chicago (Stati Uniti), sul Parlamento di Canberra (Australia), sull’edificio Acros progettato da Emilio Ambasz a Fukuoka (Giappone), sul Biesbosch Museum (Paesi Bassi)… L’elenco potrebbe continuare, ma che cosa bisogna fare se, più semplicemente, se ne vuole installare uno a casa propria? E quali sono i vantaggi?
A più strati
“I tetti verdi – spiega Matteo Fiori, professore associato al Politecnico di Milano e vicepresidente dell’Associazione italiana verde pensile – sono un sistema di copertura che utilizza specie vegetali in grado di adattarsi e svilupparsi nelle condizioni ambientali in cui sono poste. In pratica, sono un giardino che vive sopra alla nostra testa ed è composto da vari strati, ciascuno dei quali con una funzione diversa”.
Innanzitutto, oltre alla struttura su cui poggiarlo, che in genere non può superare i 15 gradi di inclinazione, serve uno strato di impermeabilizzazione/separazione, per evitare infiltrazioni nell’edificio sottostante. Poi va installato uno strato per l’accumulo e il drenaggio dell’acqua e, sopra, un altro strato-filtro, in genere di tessuto non tessuto, che separi il tutto dall’ultimo strato, cioè il terriccio su cui si sviluppano le piante.
“Il terreno su cui vengono messe le piante – continua Fiori – può partire da soli 8 centimetri di spessore per la vegetazione cosiddetta estensiva (erba, piante grasse tipo il sedum…), e arrivare a molte decine di centimetri, quando si vogliono mettere a dimora alberi. Il peso, quindi, può variare molto e, per questo, va sempre fatta prima una valutazione di tipo strutturale. Anche il tipo di terreno è molto importante e va “progettato”: a livello normativo, sono quindici i parametri che vengono presi in considerazione. Nulla può essere lasciato al caso e ogni singolo aspetto deve essere pensato in modo sinergico, consultando architetti, agronomi e ingegneri”.
Installare un tetto verde, insomma, non è qualcosa che si può fare da soli, andando in un negozio di bricolage. Anche perché esiste una norma, la UNI 11235, che è stata aggiornata nel 2015 e definisce i criteri per la progettazione, l’esecuzione, il controllo e la manutenzione delle coperture a verde. Per il resto, però, non sono necessari particolari requisiti, oltre alle valutazioni di impatto paesaggistico e di tipo strutturale: normalmente, per un edificio già esistente, si tratta di attivare una pratica edilizia per una “manutenzione straordinaria”, visto che viene modificata la tipologia della copertura.
Vantaggi per il singolo e per la città
Una volta realizzato, i vantaggi sono molti. Innanzitutto per il singolo edificio, che viene isolato meglio e consente, così, di risparmiare per il riscaldamento d’inverno e l’aria condizionata d’estate. Anche il valore commerciale, secondo alcuni studi, aumenta; ma è soprattutto a livello collettivo che i tetti verdi sono importanti.
“I giardini pensili non vanno pensati e progettati come semplici elementi di arredo urbano, capaci soltanto di fornire uno spazio all’aperto aggiuntivo sopra gli edifici. I vantaggi che apportano, sia al singolo edificio sia alla città nel suo complesso, sono molti altri”, spiega ancora Fiori. “Dal punto di vista ecologico, per esempio, possono favorire la biodiversità e contribuire a conservare alcune specie di piante e animali ex situ, cioè al di fuori del loro habitat naturale. Inoltre, consentono di ripristinare in parte il naturale ciclo idrologico, trattenendo e facendo evaporare l’acqua piovana e combattendo, così, gli allagamenti. Non solo: permettono anche di mitigare le temperature prevenendo le cosiddette isole di calore, di assorbire le polveri inquinanti… Insomma, si pensi a come potrebbe essere la transizione ecologica di cui si parla tanto se tutte le coperture fossero realizzate ‘a verde’ e, perché no, anche con orti a km zero!”.
A Rotterdam, per esempio, sopra il tetto di un edificio che stava per essere demolito ne è stato realizzato uno di 1.000 metri quadri (Dakakker), che rifornisce negozi e ristoranti della zona di verdure, miele e fiori commestibili. E una cosa simile è stata fatta anche a Torino, sul tetto di un supermercato.
Incentivi e leggi
A Berlino, circa il 3% di tutti i 604.865 edifici è rivestito con tetti verdi o aree verdi che superano i dieci metri quadrati. E in tutto il Paese si calcola che, solo dal 2008 al 2019, sia stata ricoperta un’area di 58.341.198 di metri quadri, cioè più o meno come un quarto della superficie di Genova. Del resto, la Germania è stato il primo Paese nel mondo che, dagli anni ’70, ha iniziato a incentivare questo tipo di soluzione, ma lo stesso è stato poi fatto anche in altre città e altri Paesi. A Toronto, per esempio, una norma stabilisce che tutti i nuovi edifici residenziali e industriali con certe caratteristiche debbano avere un tetto verde.
In Italia, invece, a parte gli incentivi del cosiddetto bonus verde (36%) e, per alcune tipologie di intervento, anche del recente ecobonus (65%), non ci sono leggi particolari. Invece sarebbero molto utili. O almeno ne è convinto sempre Fiori, che conclude: “Intervenire in maniera estesa su una città già consolidata è complesso. Ritengo però che sia strategico definire ora, nei Piani di governo del territorio, l’obbligo di realizzare coperture a verde almeno per edifici con superfici superiori, per esempio, a 1.000 metri quadri”. Link all’articolo Originale tutti i diritti appartengono alla fonte.
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