Almeno sugli alberi sono tutti d’accordo. E, anzi, la battaglia tra Beppe Sala e Luca Bernardo sembra solo questione di numeri. E così, se il sindaco conferma l’obiettivo di Foresta-Mi, che ha già fatto mettere radici a 284.817 piante – dice il contatore ufficiale – dei 3 milioni di esemplari da far spuntare in tutta la Città Metropolitana entro il 2030, il candidato del centrodestra ritocca al rialzo la sua promessa. Si può arrivare a 3,5 milioni. D’altronde, siamo pur sempre in campagna elettorale. Ma, anche sulla Milano verde, la distanza tra i due programmi è evidente. A cominciare dallo stesso approccio: per Sala, che rivendica di aver istituito per primo in Italia l’assessorato alla Transizione ambientale, la sfida per la sostenibilità è una priorità e deve “essere abbracciata ogni giorno, ogni ora, in ogni angolo della città” e in ogni scelta dell’amministrazione. Per Bernardo, che vorrebbe abolire Area B e modificare Area C, la principale fonte di inquinamento sono “gli edifici ad alto consumo energico” e non il “traffico privato”. Meglio dare premi volumetrici a chi riqualifica in chiave green, realizzare uno “studio di fattibilità per installare parchi fotovoltaici ed eolici sul territorio urbano” e, quando il Pm10 supera i limiti, pulire le strade con “idrogetti”.
Il Parco metropolitano
Per contribuire al traguardo dei 3 milioni di alberi di ForestaMi, il centrosinistra immagina anche di circondarla con un abbraccio verde, la città: un “unico grande Parco Metropolitano” che fonda Parco Nord, Parco Agricolo Sud e tutti gli altri parchi di cintura. Anche se le chiome, è la strategia, andranno piantate in tutti i luoghi possibili per “diminuire le isole di calore estive”. E non solo nei nuovi 20 parchi che, sempre entro il 2030, il Pgt – il Piano urbanistico – prevede di creare. Alla sfida ambientale, il programma di Sala dedica uno dei capitoli chiave. È lì, parlando di una “Milano sempre più verde”, che il sindaco promette: “La città farà la sua parte” in una svolta globale. E, anzi, di fronte all’occasione degli investimenti del Pnrr, Milano deve essere “leader nel Paese” . La sostenibilità, si legge, “sta nel passaggio dall’economia lineare basata su consumo e scarto a quella circolare”. E se sotto molti parametri i livelli sono già alti, “occorre lavorare ancora per ridurre la congestione del traffico, le polveri sottili, altri inquinanti e le isole di calore”. Anche considerando tutti i quartieri “responsabili di ogni loro azione, rifiuto e piccolo comportamento”.
Il manager del parco
Il programma del centrodestra unisce il verde pubblico, da far vivere con un “manager del parco” che pensi ad attività sociali e ricreative e da sorvegliare con “vigili per l’ambiente” e l’arredo urbano, da rendere uniforme con uno “stile Milano” e da difendere “con una campagna di repressone contro i graffiti”. Per centrare la promessa di dotare di ogni milanese di 30 metri quadrati di verde pro capite, Bernardo vorrebbe coprire di verde i depositi di Atm che verrebbero interrati e creare un parco lineare da Porta Genova a San Cristoforo. Per il resto, c’è una parte riservata all’efficienza energetica che punta sugli edifici e non sui motori privati per ridurre l’inquinamento. E per economia circolare, acqua e agricoltura? Qui si va dalla “semplificazione della raccolta differenziata” ai cestini “dotati di un foro più piccolo” per impedire ai residenti di buttare i sacchetti dell’immondizia, dai rubinetti temporizzati sulle fontanelle per evitare lo spreco agli orti sulle aree comunali non utilizzate.
Dagli alberi agli orti verticali
Layla Pavone pensa a diffonderlo un po’ ovunque, il verde: dalle “grande arterie di penetrazione” alle “siepi”, dai tetti agli orti verticali, con le aree agricole prossime alla città da preservare dalle “minacce speculative” ai criteri di valutazione dei progetti edilizi che dovranno avere come priorità la tutela ambientale. Anche per M5S la sostenibilità viene considerata una materia strategica. Oltre al capitolo specifico dedicato alla natura in città, la loro ricetta si allarga all’intero “metabolismo urbano” . Dai veicoli inquinanti da ridurre anche con lo smart working e il near working al bonus del 110% per gli edifici “fortemente voluto da M5S”, dalle pensiline fotovoltaiche alla raccolta porta a porta anche di rifiuti elettronici. In questo campo, si respira un’affinità più elevata tra il programma di Pavone e quello di Sala. Anche se a dividere i pentastellati dal centrosinistra rimane la questione Seveso con il no ribadito alle vasche di laminazione.
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