Il mercato dell’auto è cambiato. Non si può dire neanche che sia in crisi. È semplicemente diverso da quello con cui abbiamo avuto a che fare per decenni. Che lo scenario sia questo lo testimoniano per l’ennesima volta anche i dati europei che poco hanno da spartire con le problematiche italiane che hanno visto un settore trainante per l’economia del paese abbandonato a se stesso, senza nessuna manovra strutturale di sostegno, con il comparto che agonizza e lancia ripetuti allarmi. Prima da parte di tutte le associazioni, poi dai sindacati e da Federmeccanica, preoccupati dai punti del Pil e dalla perdita di migliaia di posti di lavoro, soprattutto dell’indotto. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che se l’industria automobilistica non è più il leone di un tempo, quella della componentistica è leader ed ha il suo sbocco ben oltre il mercato nazionale.
Una fonte di ricavi che non si può perdere e che bisogna supportare ben oltre le vicissitudini locali, con piani anticipati e strutturati. Ieri l’Acea ha diffuso i dati di vendita europei del mese di gennaio accompagnati da una valanga di preoccupazioni. Nei 30 paesi dell’Unione più l’Efta e Regno Unito sono state consegnate nel primo mese dell’anno 842.670 vetture, il livello più basso del nuovo millennio, un calo del 2,4% rispetto allo scorso anno, ma di un terzo rispetto al 2019, l’anno prima della pandemia. Che ormai il virus incida marginalmente è confermato da qualsiasi mancanza di ripresa e da una depressione che non risparmia nessun paese. L’Italia, nonostante sia l’unico senza ecobonus, è più o meno in linea con gli altri quattro grandi mercati (esclusa la Spagna che ha più che dimezzato le vendite): rispetto al 2019 siamo sotto del 34,8%, la Francia del 33,6%, la Germania del 30,5%, la Gran Bretagna del 28,5 per cento. Che cosa sta accadendo?
Detta in breve, è esplosa la transizione energetica che ha mandato in orbita le vetture elettrificate. La politica ha deciso da tempo che l’Unione deve essere leader del cambiamento. I costruttori, senza troppi rimpianti, si sono adeguati. Il risultato è che sono stati investiti decine di miliardi nel nuovo corso e, per adeguare l’offerta alla domanda crollata perché tutti vorrebbero l’auto ecologica, è stata tagliata la produzione di modelli convenzionali per evitare di dover spingere stock senza fare margini. La vera differenza è che il nostro paese senza incentivi verdi a gennaio ha visto scendere la percentuale delle auto con la spina ad una solo cifra, mentre la Germania è sopra il 20% tallonata da Regno Unito e Francia (anche la Spagna è a due cifre). Berlino quest’anno ha stanziato per l’auto oltre 2 miliardi. Parigi 1,25 miliardi, Madrid 619 milioni, Londra 2 miliardi e mezzo in quattro anni.
E Roma? al momento non pervenuta. Ma i ministri più competenti, Roberto Cingolani e Giancarlo Giorgetti, assicurano che è questione di ore, il provvedimento è pronto per il Consiglio dei ministri. Ci sarà forse oltre 1 miliardo per l’anno in corso e i bonus potrebbero essere addirittura triennali nel caso delle auto ricaricabili. Ci sarà un tetto di spesa e, qualcuno ipotizza, un legame con il reddito degli acquirenti. In ogni caso un “atto dovuto”. Come il piano per le indispensabili colonnine. Ma scordiamoci che il mercato della nuova mobilità torni quello di una volta.
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