Continuano a susseguirsi le risposte in materia di superbonus, con conclusioni non sempre coerenti fra loro, che finiscono così con l’alimentare ulteriori dubbi fra interpreti, tecnici e contribuenti.
Mi riferisco in particolare alla tematica del sismabonus potenziato al 110%, che è stata oggetto la scorsa settimana di una risposta ad istanza di interpello da parte dell’Agenzia delle Entrate, che appare in contraddizione con la precedente prassi elaborata in materia.
La risposta in questione è la n. 231 di venerdì 9 aprile, che affronta il caso di una cittadina italiana residente all’estero, proprietaria di un fabbricato composto da sei unità immobiliari autonomamente accatastate, funzionalmente indipendenti e dotate di almeno un accesso autonomo dall’esterno.
Nello specifico si tratta di due appartamenti, un A/4 e un A/3 (quest’ultimo ha come pertinenze un’autorimessa C/6 e un locale ad uso magazzino C/2), mentre vi sono altri due C/2, che non costituiscono pertinenze delle unità abitative, né vi è alcuna servitù a favore di altri uno immobili.
L’istante intende effettuare degli interventi di miglioramento sismico su tutte le unità immobiliari, considerandole “autonomamente” in quanto qualificabili quali “unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti e dotate di almeno un accesso autonomo dall’esterno”: il limite di spesa unitario di 96.000 € dovrebbe applicarsi in relazione a quattro unità, atteso che l’appartamento A/3 deve essere considerato congiuntamente alle sue due pertinenze.
L’Agenzia delle Entrate legittima la chiave di lettura proposta nell’istanza, valorizzando il fatto che le unità sono funzionalmente indipendenti e dotate di accesso autonomo dall’esterno: arriva però alla conclusione che il superbonus si possa applicare soltanto per le due unità abitative, e non per i due locali C/2 che, non essendo unità immobiliari residenziali, possono beneficiare del sismabonus nella versione “tradizionale”.
Le conclusioni raggiunte dall’Agenzia non ci paiono però condivisibili e risultano in ogni caso in antitesi con precedenti risposte ad istanze di interpello.
Va evidenziato innanzitutto come l’Agenzia abbia avuto più volte (si vedano, ad esempio, le risposte n. 63 e n. 87 del 2021) modo di precisare che la categoria delle unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti e dotate di almeno un accesso autonomo dall’esterno è prevista soltanto dal primo comma dell’articolo 119 del decreto Rilancio, e quindi si deve considerare valevole soltanto per gli interventi di efficientamento energetico.
Non si rinviene un’analoga previsione nell’ambito del quarto comma, che disciplina gli interventi di miglioramento sismico, e ciò appare coerente con il fatto che questi possono essere realizzati, per loro natura, solo sulle parti comuni di edifici con più unità distintamente accatastate ovvero su edifici unifamiliari.
Affermano, infatti, le citate risposte che “Gli interventi antisismici in quanto finalizzati alla messa in sicurezza statica o alla riduzione del rischio sismico degli edifici, devono essere realizzati sulle parti strutturali dell’intero edificio (cfr, da ultimo circolare n. 19/E del 2020) e, pertanto, nell’ipotesi in cui l’edificio sia composto da più unità immobiliari distintamente accatastate, sulle “parti comuni” alle predette unità immobiliari”.
La diversa lettura proposta nella risposta n. 231 appare in palese contraddizione con questa affermazione e con la stessa logica degli interventi antisismici.
Nel caso di specie, quindi, l’intervento si sarebbe dovuto configurare come un intervento realizzato sulle parti comuni dell’edificio composto da sei unità immobiliari, considerando come limite di spesa l’importo di 576.000 €, ovverossia 96.000 € per ciascuna unità, ricomprendendo nel computo anche le pertinenze.
In considerazione del fatto che tutte le unità sono di proprietà dello stesso soggetto, mancando il requisito del condominio soggettivo ed essendo le unità distintamente accatastate che fanno parte dell’edificio più di quattro (superando così la soglia della lettera a) del comma 9 dell’articolo 119), non risulterebbe applicabile il superbonus, ma “soltanto” il sismabonus “tradizionale”.
Questo, come è noto, non pone un requisito del genere: nel caso del sismabonus non “potenziato”, infatti, a differenza di quanto avviene per il superbonus, le “parti comuni” devono intendersi “in senso oggettivo”, ossia riferibili a più unità immobiliari distintamente accatastate, a prescindere dall’esistenza di una pluralità di proprietari e, dunque, dalla costituzione di un condominio nell’edificio.
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