L’ultima mediazione in cabina di regia partorisce un’intesa in extremis sulla riforma delle pensioni. La manovra approderà oggi all’esame del Consiglio dei ministri per il via libera. Dopo l’ok, il premier Mario Draghi illustrerà in una conferenza stampa i punti essenziali del provvedimento.
La road map fissata è rispettata. La prima manovra dell’era Draghi sancisce, dal 31 dicembre 2021, l’addio al sistema previdenziale «quota 100», voluto dalla Lega ai tempi dell’esecutivo gialloverde che permette di lasciare il lavoro a chi è in possesso (nel periodo compreso tra il 2019 e il 2021) di un’età anagrafica non inferiore ai 62 anni e di un’anzianità contributiva non inferiore ai 38 anni.
Con il nuovo sistema si imbocca la strada verso il graduale ritorno alla legge Fornero.
L’impianto generale della riforma è definito: via libera al sistema delle quote. La cabina di regia approva, per il solo anno 2022, un regime transitorio di quota 102: l’uscita a 64 anni sarà possibile con 38 anni di contributi. Con un fondo ad hoc per accompagnare i lavoratori che finirebbero per essere penalizzati dai nuovi requisiti. Il Pd va in pressing su Draghi: «Riapra dialogo con i sindacati». L’apertura si concretizza in due impegni assunti dalla cabina di regia: la convocazione di un tavolo il prossimo anno con la Triplice sulle pensioni e la concertazione sull’emendamento che recepirà il taglio del cuneo fiscale. Stop. Nulla più. Gli altri punti della riforma delle pensioni sono: proroga secca di un anno di Opzione donna, che consentirebbe alle lavoratrici di andare in pensione con 58 anni d’età (59 se autonome) e 35 di versamenti usufruendo di un assegno interamente contributivo, e prolungamento di un anno dell’Ape sociale, con l’estensione della platea a nuove categorie di lavoratori impegnati in attività usuranti.
La Lega non farà mancare il proprio voto in Consiglio dei ministri. «Troveremo una soluzione che tenga conto dei diritti di lavoratori e lavoratrici» rassicura Matteo Salvini.
L’accordo sembra raggiunto anche su altri due capitoli spinosi: superbonus e reddito di cittadinanza. La misura bandiera dei Cinque stelle ne esce modificata: più controlli per evitare i troppi «furbetti» e una progressiva riduzione dell’assegno a partire dal secondo rifiuto di una proposta di lavoro.
Il capodelegazione M5s, Stefano Patuanelli, avrebbe detto che «sì, lo spirito delle modifiche è quello giusto» – centrali i maggiori controlli – ma che il Movimento si riserva di «valutare l’equilibrio complessivo».
Ma sul reddito insorgono i ministri di Forza Italia: «É indispensabile una profonda riforma del reddito di cittadinanza. Serve rigore, non possiamo permetterci di disperdere risorse che sarebbero più utili se finalizzate al taglio delle tasse per imprese e lavoratori», è la posizione messa agli atti dal ministro Renato Brunetta in linea con la proposta avanzata da Mef e dal ministro Franco. L’affondo arriva anche da Fdi: «Mentre il governo si appresta ad alzare l’età pensionabile e cancellare l’assegno di invalidità a chi svolge un piccolo impiego, continuano le truffe legate al reddito di cittadinanza» attacca Giorgia Meloni.
Per il superbonus al 110% c’è la proroga anche sulle abitazioni monofamiliari per tutto il 2022, ma con un tetto di Isee per i proprietari fino a 25mila euro e limitato quindi, viene spiegato, alle sole prime case. Mentre il bonus facciate dovrebbe essere rinnovato per tutto il 2022, ma con una percentuale al 60%.
Source: ilgiornale.it
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